In trappola

Serie: Adiacentia


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: La sfera sparì e mi ritrovai nella camera d'ospedale in cui era ricoverata la nonna. Il televisore era acceso e trasmetteva le ultime notizie. La mamma era ancora lì, seduta accanto al letto.

Decisi di sfruttare al meglio quel poco tempo che avevo a disposizione: sapevo benissimo che da un momento all’altro sarebbe sbucato fuori un Beato furibondo che mi avrebbe trascinato dall’altra parte. E chissà che punizione avrei dovuto aspettarmi! Insomma, quelli erano i miei ultimi momenti di libertà insieme alla mia famiglia e non li avrei sprecati.

Mi avvicinai al letto e osservai la nonna, senza riuscire a ricordare il suo nome, per quanto mi sforzassi. Ma, in fondo, che importanza poteva avere? Era solo un nome, dopotutto.

Poi guardai la mamma: aveva il cellulare in mano e stava inviando un messaggio. Se solo avesse potuto vedermi! Era dimagrita, aveva i capelli raccolti e un’aria stanca. Era comunque bellissima, come sempre.

Mi avvicinai al suo orecchio e sussurrai: «Mamma, sono qui.»

Ma, ovviamente, lei non poteva sentirmi.

Poi si alzò, salutò la nonna e uscì dalla camera. Io invece rimasi ferma lì. Pensai che, nell’attesa che qualcuno venisse a prendermi, avrei potuto trascorrere un po’ di tempo con la nonna. Mi domandai come mai fosse ricoverata.

Lei continuava a seguire le ultime notizie: sembrava avvilita. Avrei voluto dirle tante cose, ad esempio raccontarle la fine che avevano fatto i due terroristi (magari sarebbe servito a farla stare meglio).

Avrei voluto raccontarle anche dei Passaggi, dello strano mondo che c’era dall’altra parte, dei Beati. E pensai che forse, per le persone, la vita sarebbe più facile se sapessero con esattezza ciò che le aspetta dopo la morte. O forse no. In ogni caso, non toccava a me stabilirlo.

Arrivò un’infermiera con delle medicine per la nonna e io decisi di uscire dalla stanza per fare un sopralluogo. Come mai nessuno era ancora venuto a prendermi? Strano, pensai.

Attraversai corridoi, sale operatorie, sale parto. Visitai quasi tutte le stanze, finché non mi trovai davanti una scena familiare: una donna anziana, circondata da medici e infermieri, che stava chiaramente per andarsene. Ecco, mi dissi, questione di minuti e qualcuno arriverà a prelevarla (e, nel frattempo, porteranno via anche me).

Quindi rimasi in attesa, di fronte al letto.

Esattamente come avevo previsto, si aprì un Passaggio alla mia destra e uscirono due Beati che non conoscevo.

Mi imposi di essere gentile e di mostrarmi pentita.

Li salutai: «Ah, siete attivati, meno male. Lo so, non dovrei essere qui. Ho sbagliato ad attraversare il Passaggio, mi dispiace tantissimo, non accadrà mai più.»

Uno di loro mi guardò sconcertato, poi disse: «Eccola qui, la teppista! Sai che dall’altra parte non si fa altro che parlare di te? Ma credo che tu non abbia ancora capito la gravità della situazione in cui ti trovi. Eri stata avvertita, sapevi quanto fosse pericoloso per un Penitente attraversare il Passaggio, eppure lo hai fatto».

«È vero, ma sono mortificata. Vi chiedo di perdonarmi e portarmi con voi.»

«Non dipende da noi. Vedi, il fatto è che adesso tu non puoi più attraversare la Sfera. Prova, se non mi credi.»

Mi avvicinai alla Sfera. All’interno vedevo chiaramente alcuni Beati che passeggiavano, mi separava da loro appena un passo. Così, proprio come avevo fatto in precedenza, provai ad infilarci la mano, ma urtai contro la dura superficie trasparente. All’improvviso realizzai: ero in trappola. Certo, ero felice di poter stare con la mia famiglia, ma loro non potevano vedermi. Quindi, in realtà, trovarmi lì non era un grande vantaggio, rispetto a quando li osservavo attraverso la Sfera. L’unica differenza era che adesso nessuno poteva più vedermi o parlarmi, quindi sarei rimasta completamente sola e la cosa cominciò a spaventarmi.

Nel frattempo, l’anziana signora stava iniziando ad abbandonare il suo corpo e i due Beati si preparavano ad accoglierla.

Io, sconvolta, tornai a rivolgermi a loro: «Vi prego, deve pur esserci una soluzione! Non lasciatemi qui. Vorrei parlare con Clara, potete dirle che ho bisogno di lei?»

«Ascolta, stiamo studiando il tuo caso e vedrai che prima o poi potrai tornare. Ma adesso smettila, non vedi che siamo nel bel mezzo di un prelievo? Stai buona lì e non disturbare.»

Andai in un angolo e iniziai a piangere: fiumi di lacrime! Non riuscivo a trattenermi, mi sentivo persa e abbandonata da tutti.

La donna, appena uscita dal corpo, vide i due Beati e andò loro incontro. Poi si voltò a guardarmi: «Per quale motivo quella ragazzina sta piangendo?»

«Non badare a lei, oggi è il tuo giorno! Coraggio, adesso seguici, andiamo.»

E lei li seguì.

I tre entrarono nel Passaggio che, subito dopo scomparve. Ma poco prima di vederlo scomparire, arrivai a sentire la voce dell’anziana signora che, pensando ancora a me, diceva: «Poverina.»

Ecco fatto: ero bloccata lì. Ed era tutta colpa mia.

Uscii dall’ospedale e vagai per la città, che adesso mi appariva diversa. Eppure, non era cambiato niente nelle strade e nei palazzi. L’unica ad essere cambiata, ero io.

Il mio nuovo corpo mi permetteva di muovermi velocemente, così mi spostavo da un luogo a un altro senza fatica (questa cosa non mi dispiaceva affatto).

Era sera: le luci iniziavano ad accendersi e in giro c’erano poche persone. Passai davanti a una chiesa che conoscevo: anni prima ero stata lì in visita con la scuola. La mia famiglia non era credente, nessuno di noi aveva mai frequentato la chiesa. Però, quelle poche volte in cui capitava di andarci, ad esempio per una cerimonia, io mi sentivo sempre bene, in pace. Mi piaceva quel luogo, così entrai.

Tutto era in penombra. C’era qualcuno, seduto su una panca. Lo guardai meglio e lo riconobbi: era Matti, il sacrestano! All’epoca, ci fece visitare ogni angolo della chiesa: ci portò anche al piano superiore e ci mostrò l’organo. Ma non la parte visibile a tutti! Aprendo una porticina in cima alle scale, si poteva ammirare tutto l’ingranaggio, cioè la parte interna dello strumento. Questa cosa mi lasciò a bocca aperta.

Rimasi lì ad osservarlo. Poi lui iniziò a parlare da solo. Anzi no, stava pregando: «Ho paura. Dicono che tu abbia un progetto per ognuno di noi, ma non riesco davvero a capire, era questo che avevi immaginato per me?»

Sembrava così triste.

Serie: Adiacentia


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Discussioni

  1. Bellissimo questa apparizione di Matti!
    Inizio a trovare un nesso tra il poter vedere le ombre, e l’essere tornata in questo mondo…forse loro già lo sapevano?

  2. Ciao Arianna, Matti proprio non me l’aspettavo, eppure ci sta benissimo! Quindi, Arya sarebbe la ragazzina con i capelli rossi delle sue visioni? Non mi aspetto una risposta, ma questo colpo di scena rende la storia ancora più interessante. Bravissima!

  3. Bellissima idea: due personaggi di storie separate, che appartengono all’immaginario, si incontrano. Come nella realtà. A me è successo con i sogni: ricordare in sogno di un altro sogno, come se fosse un’unica realtà. Molto brava👏👏👏

    1. Sai che è successo anche a me di riconoscere in sogno qualcosa che avevo già sognato prima? 😳 Certo che la nostra mente è proprio un mistero! Grazie mille di essere passata a leggere ❤️

  4. Bellissimo episodio. Brava Arianna, hai miscelato bene molti ingredienti diversi. La tenerezza verso la madre e la nonna, il senso di paura e quasi di angoscia che sei riuscita a trasmettere per essere in trappola e poi la chiesa e Matti, il sacrestano: una grande idea.

  5. “Ascolta, stiamo studiando il tuo caso e vedrai che prima o poi potrai tornare”
    Mi piace un sacco quando in una narrazione prettamente fantasy (un fantasy particolare, ma pur sempre fantasy), si trovano dialoghi e scene di quotidianità. “Stiamo studiando il caso”, “porta pazienza che si troverà una soluzione”… sembra un normalissimo consulto medico, o di lavoro. La quotidianità all’interno del surreale.

  6. “E pensai che forse, per le persone, la vita sarebbe più facile se sapessero con esattezza ciò che le aspetta dopo la morte. O forse no. In ogni caso, non toccava a me stabilirlo”
    Bella l’incertezza della nostra protagonista. In effetti se mi ponessi la stessa domanda, non saprei proprio rispondere. Insomma, ci butti qua, con totale leggerezza, una domanda davvero esistenziale. Se sapessimo cosa ci aspetta “dopo”, cambierebbe il nostro comportamento di qua? E sarebbe meglio saperlo o non saperlo? Ok, oggi so a cosa penserò tutto il giorno! 🙂