
Inferno (1/2) – Luce e ombre
Serie: L'angoscia e l'ignoto
- Episodio 1: La mia casa è laggiù (1/4) – Sogno numero uno
- Episodio 2: La mia casa è laggiù (2/4) – Sogno numero due
- Episodio 3: La mia casa è laggiù (3/4) – Fuori dal sogno
- Episodio 4: La mia casa è laggiù (4/4) – La scelta
- Episodio 5: Polvere (1/2) – Memento, homo
- Episodio 6: Polvere (2/2) – Come la sabbia nella clessidra
- Episodio 7: L’App delle risposte (1/2) – Quando moriremo?
- Episodio 8: L’App delle risposte (2/2) – Ore 02:37
- Episodio 9: Inferno (1/2) – Luce e ombre
- Episodio 10: Inferno (2/2) – Occhi
- Episodio 1: Babau
STAGIONE 1
STAGIONE 2
Non sono mai stato credente. Forse mille anni fa quando, dopo la Messa della domenica mattina, molti di noi ragazzi eravamo soliti recarci presso il piccolo campo sportivo dietro la chiesa del paese per qualche ora di svago, fino al momento di tornare a casa per il pranzo.
Ma non posso dire che fossi davvero credente, neppure allora. Con il passare degli anni, gli eventi della vita mi hanno portato a rinnegare anche quel poco di fede che mi era stata trasmessa dai mia madre e da mio padre. Se vi raccontassi tutto sono certo che mi comprendereste.
Quello che non capisco è perché mi vengono in mente questi pensieri, questi ricordi. Perché proprio adesso?
Non riesco a muovermi. Non riesco ad aprire gli occhi. So di essere in posizione supina, disteso su qualcosa che penso sia un letto. Non sento nulla, non vedo nulla. Non è buio, non c’è silenzio assoluto: una luce diffusa, tenue, delicata; un suono continuo che penetra negli interstizi vuoti tra le cellule del mio corpo attivandole in una piacevole vibrazione simpatica.
Non ho paura. Non ne ho mai avuta fino ad ora, ma percepisco che qualcosa sta cambiando.
– – –
«Ci siamo quasi» dice il dottor Herbert West con un tono di voce basso che vorrebbe essere rassicurante. «È questione di ore, forse meno. Cercate di restare vicino a lui.»
Poi esce dalla stanza lasciandoli soli a confrontarsi con il vero mistero della vita.
«Credi che papà possa sentirci in questo momento?» domanda Megan.
«Mi piace pensarlo, Meg» risponde Daniel in un sospiro.
«Mi piacerebbe fare una cosa. Per papà.»
«So cosa vorresti fare. Ma conosciamo troppo bene nostro padre. Per me non ci sarebbe alcun problema, anche se il mio pensiero ricalca esattamente il suo. Ma non voglio andare contro i suoi ideali. Non adesso, Megan, non in questo momento.»
«Solo per qualche parola di conforto…» Megan cerca gli occhi di suo fratello per tentare di capirlo davvero, al di là delle parole.
«Pensa solo a cosa direbbe se potesse parlare. Un prete? No. Non approverebbe mai!»
– – –
Ombre. La confortante luce diffusa non è più omogenea. È come se… come se qualcuno passasse dietro una tenda bianca illuminata dal sole. Prima era un movimento sporadico, un’ombra fugace, adesso vedo chiaramente alcune figure. Uomini, donne, bambini… non sono vere presenze, piuttosto vuoti di luce con una forma vagamente umana.
Anche il suono è diverso e ha smesso di rivelarsi come una piacevole armonia. Alcune frequenze sono state soppresse, ombre acustiche le assorbono come fanno quelle figure con la luce, e altre hanno preso il loro posto. Le cellule non vibrano più in modo elegante: si agitano, si fermano, stridono, collassano.
Sembra che il mio pensiero voglia spingersi oltre il qui e ora tentando di scavalcare il recinto che lo tiene ingabbiato. Alcune immagini si fanno strada nella nebbia del tempo. Alcuni ricordi emergono da quell’informe mucchio di connessioni neuro-dendritiche che stanno diventando inutili.
Sto morendo.
Questo è il punto.
Non è la morte in sé che mi spaventa. Ho già pensato al nulla eterno che mi aspetta. Nessun Dio, nessuna vita oltre la vita. Se tutto rimanesse nella situazione di quiete che ho vissuto fino a poco fa potrei addormentarmi in assoluta tranquillità.
Ma il suono adesso è fastidioso, acuto, talmente forte da far male. La luce sta scomparendo inghiottita da quelle ombre che ormai vorticano intorno a me a centinaia mettendo in scena un’opprimente danza macabra. Nella notte creata da quelle figure un varco si presenta con un nero profondo, un’oscurità fisica, densa, eppure vuota. Una voragine che porta verso…
«Un prete?»
Poi sento quella voce. La conosco. È Daniel, è la sua voce. Arriva da lontano.
No, Daniel, vorrei dire. Non potete farmi questo.
Non sono credente, lo sapete. Niente vita eterna, niente anima, niente Dio, nessuna lotta tra il bene e il male…
Ma non ne sono più così convinto.
– – –
«Io… l’ho fatto, Daniel. Ho chiamato il cappellano dell’ospedale.» La voce di Megan è un sussurro. «Mi prendo tutta la colpa, anche nei tuoi confronti.»
«Guarda il suo viso» continua. «Dovrebbe essere rilassato, con tutti farmaci che sta assumendo. Non lo è per nulla, invece. Guarda!»
Daniel si attarda qualche istante per osservare il viso del padre.
«Sta morendo, Megan» risponde con un velo lucido negli occhi. «Come possiamo pensare di interpretare l’espressione del suo viso?»
Daniel guarda la sorella. Poi si avvicina a lei e l’abbraccia. «No, Megan. Non posso permetterlo. Sarebbe come tradirlo nel momento più difficile.»
– – –
Non vedo più nulla. Qualche minimo spiraglio di luce tra le ombre fitte di quelle figure che infestano il mio spazio. Sento che mi toccano, sento qualcosa come delle mani sul mio corpo. Cercano di tirarmi a forza verso di loro, verso la notte assoluta della voragine che mi attende paziente. Percepisco umidità e calore, sento le loro lingue su di me. Se solo riuscissi a muovere le braccia per togliermi dal viso quelle oscene strisce gelatinose, quella bava con cui le ombre stanno coprendo il mio corpo. Il suono è sempre più stridulo e assordante. Il volume aumenta, sento urla disumane: come il pianto di mille bambini, prima all’unisono, poi per terze e per seste, poi solo dissonanze…
«… ho chiamato il cappellano dell’ospedale…» È la voce di Megan, la riconosco anche in mezzo a questo caos. Percepisco la sua tristezza.
Il cappellano, un prete. Forse è il momento di chiedere perdono per tutto quello che ho detto e ho pensato nella mia vita.
Ho paura. E nello stesso tempo si è accesa in me una speranza. Non di tornare a vivere, soltanto di ripristinare la quiete, la serenità. La speranza di allontanare le ombre, di annientare il male che ormai mi opprime. La mia unica speranza. Le ombre mi soffocano, la loro secrezione gelatinosa mi impedisce di respirare.
È la voce di mio figlio che sento subito dopo: «No, Megan. Non posso permetterlo.»
Il terrore mi travolge come un’immensa onda di marea.
Serie: L'angoscia e l'ignoto
- Episodio 1: La mia casa è laggiù (1/4) – Sogno numero uno
- Episodio 2: La mia casa è laggiù (2/4) – Sogno numero due
- Episodio 3: La mia casa è laggiù (3/4) – Fuori dal sogno
- Episodio 4: La mia casa è laggiù (4/4) – La scelta
- Episodio 5: Polvere (1/2) – Memento, homo
- Episodio 6: Polvere (2/2) – Come la sabbia nella clessidra
- Episodio 7: L’App delle risposte (1/2) – Quando moriremo?
- Episodio 8: L’App delle risposte (2/2) – Ore 02:37
- Episodio 9: Inferno (1/2) – Luce e ombre
- Episodio 10: Inferno (2/2) – Occhi
Ho trovato questa parte di racconto davvero ben scritta.
La prosa è curata, scorrevole, con un’atmosfera densa e suggestiva che mi ha ricordato certi racconti di Poe. Il modo in cui viene raccontata la percezione del protagonista, sospesa tra realtà e allucinazione, è molto efficace e coinvolgente.
Apprezzo anche il sottotesto, che tocca temi profondi come la fede, la morte e il dubbio in modo intelligente. Per gusto personale preferisco quando certi significati restano più impliciti, ma questo è solo un mio punto di vista e non toglie nulla alla qualità del racconto.
Bella prova.
Ciao Mariano. Concordo: anche io amo cercare certi temi tra le righe. Ma è tutt’altro che facile! I commenti come il tuo servono a rivedere in modo critico ciò che abbiamo scritto. Ed è utilissimo.
Ti ringrazio per aver letto e apprezzato!