Infinita

Dice: «Tu sei il mio angelo.»

Dice: «Tesoro mio grande.»

Dice che mi ama, che è pazza di me, che non ci può fare niente.

E si mette a baciarmi come una forsennata: il viso, la barba, le mani.

A me dispiace farle notare che mi dà fastidio, ma è più forte di me.

«Santiddio, Anna» le dico «ma che ti prende? Insomma, non c’è motivo. Calmati, per favore.»

E aggiungo: «Abbiamo appena finito»

Cerco di parlare con voce normale e con un po’ di dolcezza, perché non la voglio ferire.

Ma tanto lo so che non si offende. Sembra sorda e cieca e completamente perduta.

Mi si è messa a cavallo sulla pancia, con le ginocchia piegate e i piedi all’altezza delle mie cosce. Siamo nudi tutti e due e io ho freddo.

«Anna» le dico «così no, dai. Lo sai che non mi piace. Mi fai sentire strano. Per favore.»

«Ah, ma io ti amo» dice lei «io ti adoro. Tu non sai quanto ti adoro, Lulù. Ti giuro che non te lo immagini nemmeno.»

Non fa che baciarmi dappertutto.

Io allora trattengo il respiro e la lascio in pace. Mi metto a pensare ad altro e Anna continua a fare quello che sta facendo per cinque minuti buoni.

Poi le passa. Con un gran sospiro si rovescia sul letto al mio fianco, sazia. Mi prende una mano e la stringe forte.

«Scusami, Lulù» dice «è che certe volte mi piaci così tanto che non riesco a smettere.»

Ha gli occhi grandi come una che ha appena concluso un’immersione in mare e guarda il soffitto.

Allora mi fa tenerezza, una tenerezza infinita, e le dico di non preoccuparsi.

«Ma certo, dico, figurati, qual è il problema? Anna, porca miseria, siamo noi due. Facciamo quello che ci pare e va tutto bene.»

Poi le chiedo se le va un caffè, così mi alzo e mi rivesto prima di andare in cucina.


La sera andiamo a cena in un posto vicino a casa. E’ sabato, dobbiamo aspettare mezz’ora e ci fumiamo un bel po’ di sigarette fuori dal ristorante.

Anna guarda tutti quelli che entrano prima di noi e dice sempre la stessa cosa: «Ma sei sicuro che questi hanno prenotato?»

Intanto mi gira intorno come un’indiana che fa una di quelle danze propiziatorie, e ogni volta che finisce un giro si avvicina e mi dà un bacio sulla bocca.

«Tu sei il mio idolo» dice tutta allegra «il mio totem. Mica è proibito avere un totem.»

Mi fa ridere, quando fa così. Dovreste vederla. Non si può resistere, quando fa così.

«E tu sei una pagana» le dico «non lo sai che gli idoli sono stati aboliti?»

«Io non ho abolito proprio niente» dice Anna «chissenefrega delle abolizioni degli altri. C’è una legge scritta?»

Poi continua a girare e mi dà ancora un sacco di baci.

Dice: «Tu sei il mio Baal.»

Dice: «Io ho cambiato religione.»

Dice: «Ognuno si prende il dio che vuole, come dopo il regno di Canaan.»

Allora mi arrabbio un po’. Anna legge sempre la Bibbia e impara quelle parole che non capisce. Ma forse invece le capisce e proprio per questo mi arrabbio.

«Senti un po’»le dico «ma tu chi credi di essere? Adesso spiegami che c’entra Dio. No, avanti, piantala e spiegami che diavolo c’entra Dio.»

Lei diventa di colpo così triste e preoccupata che mi sento sprofondare nel marciapiede.

«Lulù, non ti volevo offendere» dice «lo sai che certe volte apro la bocca a vanvera. Per favore, Lulù, non ti arrabbiare con me adesso.»

Io so riconoscere il momento in cui sta per mettersi a piangere e quando fa così perdo le forze.

Anna è sbagliata, sbagliata da cima a fondo, ha una passione scapestrata, da pazza, e poi tutto il resto, d’accordo, però non sopporto di farla piangere. Mi fa sentire un assassino.

«Va bene» dico «ma mica mi sono offeso. Dicevo così. E’ che quando parli di Dio in quel modo mi sento strano. Ma mi passa subito, che ti credi. Porca miseria, Anna, siamo noi due, no?»

Anna mi abbraccia stretto e siamo ancora abbracciati quando esce il cameriere a dirci che il tavolo è libero

                                                                                                 

Ci mettiamo seduti e Anna si sbizzarrisce col menu. Ordina troppa roba e io già lo so che poi non ce la fa a finire tutto e che qualche portata nemmeno la tocca.

«Scusami Lulù» dice «sono troppo piena, mi sembrava di avere più fame.»

Però per lei è un divertimento e la lascio fare.

Mentre mangia mi guarda da sotto in su e sorride quando si porta la forchetta alle labbra.

Ha messo il fermaglio di velluto azzurro e io mi chiedo che diavolo ci faccio insieme a questa ragazza secca e ingorda che mi adora come una pagana e mi fa spendere un sacco di soldi nei ristoranti.

Alla fine pago il conto e ce ne andiamo. Subito fuori dal ristorante ricomincia come prima.

Ora però sono stanco, non ho più la forza di sopportarla. Mi viene voglia di piantarla lì e di andarmene via.

«Questo non è amore» mi dico «lo sa il diavolo cos’è ma non è amore.»

Lo dico anche a lei: «Così non può andare avanti, Anna, io non ce la faccio. Devi lasciarmi respirare.»

Anna lì per lì si calma e fa la brava.

«Respira, amore mio» mi dice «respira quanto vuoi, io me ne sto buona buona.»

Ma già sento che il rumore infinito che ha dentro non le dà tregua.

E dopo un minuto siamo da capo:

«Io ti metterei su un altare, Lulù» mi bisbiglia all’orecchio.

E io non riesco a resistere quando fa così, proprio non ci riesco.

Avete messo Mi Piace4 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Bisognerebbe sentire l’altra campana. La voce narrante è la stessa del protagonista, che fa, come dice Silvio, un monologo a due. Potrebbe essere un uomo succube della sua amante, che anche lui ama, oppure vuole usarla solo come e quando vuole, o addirittura è un femminicida che sta cercando di difendersi (il fatto che parli al presente non è rilevante). Comunque sia, il brano è interessante ed è scritto in modo impeccabile. Complimenti, Francesca.

    1. Grazie di cuore, Concetta. Mi colpisce che tu abbia pensato, fra le altre cose, a un’ uccisione. Ma evidentemente ci sono elementi che possono ricondurvi. L’altra campana si fa sentire attraverso la voce di Lulù, sebbene potrebbe essere interessante rovesciare le parti.

  2. D’acchito è un brano che attira. A mano a mano che proseguivo nella lettura, cresceva la sensazione di dover cercare qualche doppio senso, una metafora, in questa narrazione. Ma non ci sono riuscito, o forse non c’era nulla da trovare… Resta per me interessante l’idea che chi narra avrebbe potuto essere anche l’altro personaggio e probabilmente non sarebbe cambiato nulla: il commento fuori campo di un rapporto, vagamente schizofrenico, tra due menti un poco instabili. Ciao Francesca e grazie per la lettura

  3. Sembrerebbero le considerazioni di un uomo invischiati in uno amore tossico. Un rapporto basato sulla manipolazione che crea dipendenza emotiva, nell’alternanza di dopamina e cortisolo, come dicono molti esperti. Hai descritto in modo credibile e brillante alcune situazioni, nonostante la questione di fondo sia molto seria e spesso drammatica nella realtá dei fatti.

  4. Molto bello il batti e ribatti tra Lulù e la terribile ma simpaticissima Anna. Brava, te la sei cavata alla grande in questa specie di monologo a due voci solitarie ma allo stesso tempo in perfetta simbiosi. Se ho detto una castroneria non farci caso, la mia mente vaga come quella di Anna e non sempre so quello che dico. Buona serata. 🙂