Infiniti noi

“… trasmettiamo ora le previs… sulla tangenziale direzione Ro… usa di un incidente che… crazia, di un Presidente del Consiglio…”

“Mai una volta che diano qualcosa di interessante alla radio a quest’ora.”

“Guarda la strada, stasera esce la nuova puntata di Game of Thrones. Se a causa tua ci schiantiamo e me la perdo, giuro che ti ammazzo io per la seconda volta, con le mie mani.”

“… sia davvero ineccepibile… L’ironia del destino vuole che, io sia ancora qui a pensare a te, nella mia mente flash…”

D’istinto mi voltai a guardarla; lo facemmo entrambi, a dire il vero. Mi sorrise dolcemente, in pieno contrasto con le sue precedenti parole. In realtà pensavo fosse adorabile quando minacciava di uccidermi, e lo faceva dalle due alle tre volte al giorno. Come diceva Ligabue, in quella canzone famosa? Era a proposito di una radio che sembrava capire chi tu fossi, certe notti. Fuori, al contrario, splendeva ancora un pallido sole d’autunno, la cui luce veniva oscurata di tanto in tanto da un albero solitario sul ciglio della strada.

“E’ passato tanto tempo ma, tutto è talmente nitido, così chiaro e limpido, sembra ieri…”

“Passano gli anni, ma questa canzone è sempre più bella.”

“Raf è una garanzia, lo sai.”

“Ricordi la sera che me la dedicasti?”

“Certo. E’ passato tanto tempo, ma sembra solo ieri.”

Lei rise a quelle parole; allungò una mano fino a poggiarla sopra la mia, che stringeva la manopola del cambio. Girai il polso quel tanto che bastava per farla ricadere sul palmo, poi la portai alla bocca per sfiorarla con le labbra.

“… diventare ogni volta l’uomo ideale…”

“Di tutta la canzone, questo verso è quello che meno c’entra con noi.”

“Non sono d’accordo. E’ esattamente l’errore che feci, quello per cui rischiai di perderti.”

“Tu non hai mai rischiato di perdermi.”

“… domani partirò, sarà più facile dimenticare…”

“Lo pensavo davvero.”

“Che sarebbe stato più facile?”

“Si. Dio, quanto mi sbagliavo.”

“… quel tuo sguardo poi, lo interpretai, come un addio…”

“Ho sempre sperato che tornassi, invece. Non smettevo di pensarci, a quel tuo sguardo.”

“Non dev’essere stato piacevole.”

“Affatto.”

Tolse la mano dalla mia e la alzò verso il mio viso, per poi farla scivolare lentamente sulla guancia.

“…ma ignoravo che, in fondo non sarebbe mai finita…”

“Ma quand’è che denunceremo Raf per plagio?”

Risi di gusto, mentre continuava ad accarezzarmi il viso. Mancava poco all’arrivo a casa, ma cercai comunque di non farmi notare mentre alzavo leggermente il piede dall’acceleratore. La lancetta del tachimetro scese di una tacca scarsa, ma lei sembrò non accorgersi di nulla.

“Quando potremo provare che la nostra storia sia precedente alla data di pubblicazione del singolo, immagino.”

“… quattro anni scivolati in fretta e tu, mi piaci come sempre, forse anche di più…”

“Ecco, questo ammetto che non combacia. Per fortuna gli anni son stati solo tre per noi.”

“Perché devi sempre fare il precisino?”

“Come, non mi ami per quello forse?”

“… ed ore a parlare, poi abbiam fatto l’amore, è stato come morire…”

Lei arrossì impercettibilmente. Non fu come morire, fu piuttosto come rinascere un’altra volta; un’altra piccola differenza tra la nostra storia e il testo della canzone. Per fortuna, pensai. Mentre si passava al ritornello ebbi modo di ricordare quella notte; cercai di riportare alla mente le sensazioni, la gioia mista a dolore, la passione mista al romanticismo. Fu la notte in cui mi ricordai cosa volesse dire amare.

“… fine o meta che, rincorrerai per tutta la tua vita…”

La lancetta del tachimetro scese di un’altra tacchetta. Lei aveva nuovamente appoggiato la mano sulla mia, e ogni tanto si metteva a passare il dito sul dorso come se volesse farmi il solletico. Sorrideva, guardando fuori dal finestrino:

“Se rallenti ancora un po’ a casa ci arriviamo alla prossima canzone.”

“Ed io che pensavo di essere furbo, – replicai ridendo – quando te ne sei accorta?”

“Speravo lo facessi, a dire la verità. E poi, caro il mio furbacchione, il rumore del motore lo sento anche io.”

“… non smetteremo mai. Se questo è amore, è amore infinito…”

“Appena in tempo.”

“Non vedo l’ora di farmi una doccia. Tua madre ogni volta mi stressa con questa storia dei nipotini.”

“Alla sua età anche tu desidererai essere nonna.”

Mentre la canzone terminava apparve casa nostra. Rimosse la mano dalla mia per trafficare con la borsa, alla ricerca delle chiavi, nell’istante in cui mi avvicinavo al marciapiede e spegnevo la macchina. Si voltò verso di me e sorrise; qualcosa mi si mosse dentro, quell’irrefrenabile istinto che provavo ogni volta che mi guardava a quel modo. Scendemmo dalla macchina e ci avviammo verso la porta di casa; il tintinnio delle chiavi coprì ciò che disse a bassa voce, costringendomi a chiederle:

“Hai detto qualcosa?”

“Ora nemmeno mi ascolti più?”

“Se parli a voce bassa cosa ci posso fare? Non ho l’udito fino, questo lo sai.”

“Speriamo che nostro figlio non prenda da te allora”, disse ridendo.

Mi bloccai sull’uscio della porta. Ci fu qualcosa nel tono della sua voce che mi fece strabuzzare gli occhi. Lei si girò, mi vide e scoppiò a ridere:

“O nostra figlia, è presto per dirlo con cert… MA COSA FAI?”

Chiusi la porta con un piede, mentre me la caricavo sulle spalle e correvo verso le scale che portavano alla nostra stanza. Il suono delle sue risate mi rimbombava in testa, e continuò a farlo mentre si trasformavano in sospiri e gemiti.

“… infiniti noi…”

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