
Inizia l’avventura
Serie: Assalto al condominio!
- Episodio 1: Assalto al condominio!
- Episodio 2: Inizia l’avventura
- Episodio 3: Monica, Laura e Marco
- Episodio 4: Nuovi sviluppi
- Episodio 5: Mondi diversi
- Episodio 6: Il campione di Arcadia
- Episodio 7: Istinto e razionalità
- Episodio 8: Scontro epico
- Episodio 9: Ritorno alla realtà
STAGIONE 1
Appena usciti sul ballatoio, furono avvolti dal buio.
«Le luci del pianerottolo non funzionano.» spiegò Marco.
«Ti pareva…» commentò Laura.
«Ragazzi, mi spiegate cosa volete fare?» chiese Monica, preoccupata.
Fu l’ultima a oltrepassare la soglia di casa. Nessuno le rispose.
La spia dell’ascensore si accese all’improvviso e il rumore dei cavi che si tendevano diede una scossa al silenzio.
«Wow!» esclamò Aristide, notando il cerchio rosso che brillava come un piccolo sole.
«L’hai chiamato tu?» chiese Marco.
«No!»
«Devono essere quelli del terzo piano.» disse il padrone di casa.
Scesero la prima rampa di scale in fila uno dietro l’altro.
«Aristide, dove stai andando?» protestò ancora Monica, in coda al gruppo.
«Non lo so, partiamo dal pianterreno!» rispose l’amico.
Parlavano sottovoce, nonostante il condominio fosse praticamente vuoto.
«Non si vede niente!» disse Marco, giunto a metà della rampa, divertito.
Aristide mise piede sul pianerottolo mentre più avanti, alla sua destra, saliva l’ascensore. Il pavimento s’illuminò di luce fosforescente e l’ascensore si fermò con un balzo. La porta si aprì mentre Marco le passava di fianco.
«Ciao!» salutò, rivolto ai due vicini del terzo piano.
«Ciao!» rispose il primo, e si diresse verso la porta di casa.
«Non si vede un cavolo, vero?» aggiunse l’altro, mentre chiudeva la porta.
«Già!» rispose Marco. «Speriamo che per domani l’aggiustino!»
I due entrarono nel loro appartamento e si chiusero la porta alle spalle.
«Ei, ma sono gay?» chiese Monica all’amico.
«Sì!» rispose quest’ultimo.
«Figata!»
Arrivati al pianterreno si radunarono al centro del pianerottolo, eccitati.
«Beh, in quale entriamo per primo?» chiese Aristide.
«Qui ci vive una famiglia giapponese.» spiegò Marco, indicando l’appartamento di fianco all’ascensore.
Si mossero verso la porta spalancata.
«Ragazzi, ma se avessero messo…» cominciò a dire Monica.
«Cheppalle!» sbottò Aristide. «Cosa vuoi che succeda?»
«Beh, non mi sembra così normale che la gente lasci la porta di casa aperta e se ne vada!» ribatté Monica stizzita.
«È solo per stasera!» ripeté Marco. «Avranno portato via le cose di valore, immagino.»
I ragazzi, all’interno dell’appartamento, si guardarono intorno.
«State attenti a non rompere niente!» ordinò Marco.
Aristide, accanto al mobile del salotto, soppesava un oggetto fra le mani.
«Guarda che bello, questo coso giapponese!» disse.
Marco sorrise, anche se non gli andava che Aristide si mettesse a frugare fra gli oggetti dei suoi vicini. Laura, alla sua destra, alzò una bottiglia di vetro davanti agli occhi. Marco si soffermò ad ammirare il volto della ragazza, toccato da un raggio di luna. Laura non si scompose, quando si accorse di lui.
«Ho mal di pancia.» protestò, facendo una smorfia.
«Anch’io, un po’.» ammise Marco.
«È quella torta di merda!» sbottò Aristide.
«Mi raccomando, mettete tutto a posto.» disse Marco, un poco nervoso. «Ricordatevi che ci hanno visto,» aggiunse, e poi si lanciò anche lui nell’esplorazione.
«Monica, ci sei?» chiese Laura ad un tratto: da quando erano entrati, non l’aveva ancora sentita.
«Sono qui, sul pianerottolo!» sospirò la ragazza.
«Che fifona!» la canzonò Aristide, dal salotto.
«Scusami, ma non mi sembra giusto entrare in casa degli altri, senza permesso!» rispose stizzita la ragazza.
Passarono alcuni secondi, poi l’amico uscì sul pianerottolo.
«Non stiamo facendo niente di male!» protestò, allargando le braccia.
Fece due passi a destra, e si inoltrò nell’appartamento a fianco. Monica lo seguì con lo sguardo, poi fece per entrare nel primo.
«Ragazzi!» gemette, appena varcata la soglia.
«Cosa c’è?» fece Laura, venendole incontro.
«Guarda là!»
Monica indicava una spia rossa che si accendeva e si spegneva in un angolo del soffitto.
«Cazzo!» fece Laura. «Marco!»
Marco le raggiunse.
«Cos’è?» chiese la ragazza.
«Una telecamera!» esplose lui. «Cazzo, schhh!» disse accucciandosi, come per nascondersi.
In un istante, sentì il battito del cuore impazzire.
«Aristide! Aristide!» chiamò Monica dalla soglia della casa.
Aristide sbucò dall’appartamento dei vicini e li raggiunse.
«Guarda!» esclamò mentre si avvicinava.
Indicava una lucina rossa, simile a quella che avevano visto gli altri, però allacciata alla base della porta.
«Sensore di movimento!» disse.
Marco lo tirò dentro per mostrargli la telecamera.
«Dici che ha anche il sonoro?» chiese.
Il buio era fitto, ma Aristide riusciva a distinguere gli occhi preoccupati dell’amico.
«Non penso,» rispose. «ma di sicuro è collegata alla Vigilanza.»
«Cosa facciamo?» chiese Laura. «Torniamo su?»
Prima ancora che potessero uscire dalla stanza, le luci della volante inondarono l’ingresso del palazzo.
«Scappiamo!»
Aristide si fiondò giù dalle scale che conducevano in cantina. Per un po’ rimase in ascolto in fondo alla rampa, ma quando smise di sentire le voci dei poliziotti che perlustravano il pianoterra girò i tacchi e s’inoltrò nel corridoio buio. Lo stomaco gli borbottava: si sentiva un po’ appesantito.
«Torta di merda.» ribadì, mentre avanzava lasciandosi alle spalle una serie di porticine di legno.
In fondo al corridoio, parecchi metri più avanti, intravedeva una luce.
«Ma quanto è lungo, sto corridoio?» valutò, misurando a vista la distanza che ancora doveva coprire per arrivare all’angolo illuminato delle cantine.
Si fermò quando capì che qualcosa non andava: come potevano inoltrarsi tanto in profondità, sotto il palazzo?
«Beh,» pensò infine, «a questo punto, tanto vale andare avanti!»
Riprese a camminare, incuriosito.
La luce che illuminava l’angolo in fondo al corridoio era soffusa. Aristide si meravigliò nel notare che la parete non era composta da un muro di cemento, ma da blocchi di pietra. Si guardò indietro e vide la luce azzurrognola della luna che, filtrata dal portone al pianterreno, rischiarava la base delle scale, in lontananza.
Era quasi arrivato in fondo al corridoio. I lastroni di pietra erano umidi, e la luce che li illuminava irregolare. Mise la testa oltre l’angolo e vide un altro corridoio, fatto di pietra, che si perdeva nel buio. Due metri oltre la svolta, appesa al muro, c’era una coppia di fiaccole.
«Ma che cantine sono, queste?» sussurrò a se stesso. «Non si vede proprio niente.» valutò, poi, spingendo lo sguardo verso il fondo del secondo corridoio.
Pensò per un istante di lasciar perdere e tornare sui suoi passi, poi afferrò una torcia sopra all’anello che la teneva incastrata e la liberò. Avanzò lungo il secondo corridoio, circospetto, la fiaccola all’estremità del braccio teso.
S’inoltrò nelle fondamenta del palazzo per alcuni minuti, poi si fermò e si guardò indietro. Buio. Camminò ancora un poco e poi di nuovo si fermò per voltarsi. Quando vide che nessun segno dimostrava che quel corridoio conducesse a una fine, cominciò a insospettirsi. Dietro e davanti, erano la stessa cosa, adesso: una serie di pietre che si perdevano nel buio. Fece qualche passo verso casa ma poi ci ripensò, e riprese il corridoio nel primo senso di marcia. Pochi minuti ancora, e fu sopraffatto dal panico.
Si volse indietro e percorse alcuni metri. Corse, anche, ma nulla attorno a lui cambiava, allora si fermò e riprese la corsa nella direzione opposta. Ormai non sapeva più da dov’era arrivato. Infine, scelse una direzione e decise di percorrerla fino in fondo, sperando con tutto il cuore che lo portasse a una meta, fossero le cantine oppure il capo opposto del passaggio.
Si accorse, a un certo punto, che una luce simile a quella che aveva visto all’angolo del primo tunnel rischiarava anche questo, più avanti. Si affrettò a raggiungerla, colmo di speranza. Anche qui, una coppia di fiaccole illuminava la svolta.
Giunto a pochi metri dal termine del corridoio sentì un fruscio, poi una voce femminile, simile a un lamento. Mise la testa oltre l’angolo, per guardare: una stanza cosparsa di paglia, una mangiatoia, bloccava il passaggio. Il locale era spoglio: a parte il passaggio dal quale Aristide era arrivato, non aveva aperture. Abbandonata sul pavimento, una donna in catene lo fissava.
Serie: Assalto al condominio!
- Episodio 1: Assalto al condominio!
- Episodio 2: Inizia l’avventura
- Episodio 3: Monica, Laura e Marco
- Episodio 4: Nuovi sviluppi
- Episodio 5: Mondi diversi
- Episodio 6: Il campione di Arcadia
- Episodio 7: Istinto e razionalità
- Episodio 8: Scontro epico
- Episodio 9: Ritorno alla realtà
Caspita! Complimenti. Tensione altissima, originalità e dialoghi all’altezza di una narrazione scorrevole. L’idea continua a piacermi molto. Mi aspetto tanto da quella torta di merda. Non deludermi
Non ti deluderò! ; )
Non ho dubbi 🙂 🙂 🙂
“«Ei, ma sono gay?» chiese Monica all’amico.«Sì!» rispose quest’ultimo.«Figata!»”
Mi piace come lo dici, così, e immagino lei, stupita 😂
Bellissimo questo episodio, concitato, frenetico, ti ammansisce con un’introduzione che richiama goliardia amicale per finire… beh, vedremo dove.
Grazie mille!
Un cluster horror grottesco da leccarsi le dita per sfogliare più velocemente le pagine. Monster!
Grazie!
Gran ritmo , bravo ! Ho sentito la claustrofobia di quel corridoio di pietra infinito. Sta prendendo una piega horror che mi piace molto e non mi aspettavo , e ora voglio proprio leggere la prossima puntata 🙂
Grazie per i tuoi commenti!