Istinto di sopravvivenza
Serie: Scia di sangue a Glenbury
- Episodio 1: Vattene
- Episodio 2: Istinto di sopravvivenza
- Episodio 3: Avvertimenti
STAGIONE 1
《Mamma!》
Anne uscì dal letto, premette gli interruttori in direzione della camera ma il buio continuava a regnare in compagnia di quegli acuti così strazianti, all’udito così penetranti come affilate lame di coltelli, che sembrava che qualcuno fosse in preda a una furia omicida. Poi tutto tacque. La porta era leggermente socchiusa e quando con mano tremante l’aprì, emettendo un debole cigolìo, Anne fu sconquassata da singhiozzi di terrore: sul muro erano affissi tutti gli articoli di giornale che aveva trovato qualche giorno prima e successivamente bruciati; ora erano lì, integri e in bella vista, insieme alle foto delle vittime che sembravano essere partecipi della scena raccapricciante che si presentava sotto ai loro occhi. Sul grande letto, su cui Anna amava saltare ogni mattina, sua madre giaceva inerme, gli occhi fissi ormai privi di vita, la bocca aperta in un sordo urlo da cui fuoriusciva solo sangue. Tanto sangue, e andava a congiungersi ai fiotti provenienti dalla profonda ferita alla gola. Le coltellate erano state inferte anche al torace, i cui rivoli accarezzavano il braccio penzolante e tingevano le lenzuola di un rosso porpora. Persino i muri erano stati macchiati di quel crimine. Anne, ora immobile, voleva scappare ma non riusciva, voleva urlare ma pareva che la sua voce fosse stata strappata alla vita, ancor prima di lei. Nel frattempo, si avvertì un lieve cigolìo alle sue spalle, seguito da passi lenti. Anne alzò gli occhi e l’ombra sul muro della stanza, scarsamente illuminata dalla luce di una lanterna, riprodusse la sagoma di una lunga lama affilata, pronta a colpirla. Si girò di scatto e si trovò faccia a faccia con suo padre, ricoperto di sangue, gli occhi animati da uno spettro omicida. Reggeva un machete sporco anch’esso del sangue della moglie.
《Non ti farò del male, bambina mia》disse con una voce poco naturale, gelida, sibilante.
Anne non esitò a uscire dalla stanza, di corsa, in direzione dell’uscita che si trovava al piano di sotto. Correva, Correva, Correva. Sbandava contro le pareti e il percorso dalla stanza dei suoi genitori all’ingresso di casa, se prima di quella notte era sempre riuscita a coprirlo con pochi passi, ora sembrava lungo chilometri, e sempre più lontana era la speranza di sopravvivere. In lontananza riecheggiò la risata sadica di suo padre, divertito e consapevole di raggiungerla e averla tutta per sé. Anne scoprì che la porta era chiusa a chiave, proprio come temeva. Prese il mazzo appoggiato a una mensola, inserì con mano tremante la prima chiave capitatale ma non girò nella toppa. Provò la seconda, la terza, la quarta, finché il mazzo non le sfuggì di mano, insieme a un gridolino disperato. Si guardò intorno per scorgere qualche via di uscita ma le finestre parevano inaccessibili, vi erano le sbarre che i genitori si erano adoperati a mettere per non correre il rischio di intrusioni. Solo una finestra poteva essere libera, ovvero quella della soffitta, ma per raggiungerla avrebbe dovuto incrociare il cammino del mostro nelle vesti paterne.
Nel frattempo si era nascosta sotto al tavolo, piano piano, le orecchie ben tese per captare qualunque rumore.
《Ti è sempre piaciuto giocare a nascondino, ma questa sarà l’ultima.》
Anne si portò entrambe le mani alla bocca per mettere a tacere i sospiri che quel cuore martellante rendeva sempre più affannosi. Tremava, pregò che lui non la captasse, ormai lì, a pochi passi.
Calò il silenzio. Le sembrò che si fosse diretto verso la cucina, i suoi respiri recanti la sua sete di sangue erano spariti, quindi era giunto il momento di uscire dal nascondiglio e dirigersi di sopra, verso la sua salvezza.
Mai scelta fu più sbagliata. Suo padre era lì, in piedi su una sedia e, appena la vide, urlò e le saltò addosso, la gettò a terra e piantonò il machete al pavimento, incastrando la camicia da notte della bambina. Anne si accorse di essere in trappola, pianse per la disperazione, si dimenò scalciando, urlò più forte che poteva pregando che qualcuno potesse sentirla, ma le speranze erano vane. Tuttavia, più esse lo diventavano, più in lei si faceva strada – paradossalmente – la volontà di sopravvivere. Diede uno strattone con tutta la forza che aveva al suo vestito, esso si lacerò proprio nel momento in cui suo padre era in procinto di afferrarla per il collo. Riuscì a scostarsi per un soffio, si rialzò e corse verso la scalinata, mentre un urlo di collera si levò per propagarsi in tutta la casa.
“Corri, corri, corri!”.
Questo si ripeteva Anne continuamente. Correre era diventato il perfetto sinonimo di sopravvivere. Si recò prima nella stanza dei suoi genitori a prendere la lanterna, poi andò ad aprire la porta dello stanzino. La finestra, grande abbastanza da consentire il passaggio per una persona minuta come lei, stava in alto di quasi due metri. Serviva qualcosa su cui salire per arrampicarsi, ma alla luce tremolante della lanterna sembrava che tutto fosse più piccolo.
Dietro di lei alcuni passi sulla scala. Anne sussultò, suo padre stava arrivando. Sbatté meccanicamente la porta, trascinò tutto ciò che riuscì a spostare contro di essa per impedirgli di entrare. A causa di un movimento brusco, la lanterna cadde e si frantumò in mille pezzi, e la luce fioca svanì, assieme all’ultima speranza rimasta, lasciando che il buio divorasse ogni cosa. Anne era immobile, in silenzio, persino aldilà del muro tutto sembrò tacere.
Ma fu un attimo. Arrivarono i primi violenti colpi alla porta, inframmezzati da acuti disumani, quasi animaleschi, e da urla di collera assetate di vendetta. Anne si mise a piangere, si portò le mani alle orecchie e indietreggiò. Un passo indietro a ogni colpo, sempre più forte, finché non urtò contro qualcosa di metallico: era un carrello di servizio e a giudicare dalla sua altezza, avrebbe potuto aiutarla a uscire dalla finestra. Spinta dall’ultimo istinto di sopravvivenza, lo trascinò nel punto giusto, ci salì, spalancò l’anta di vetro e si aggrappò al soffitto. Dandosi la spinta, le rotelle del carrello si mossero e Anne rimase a mezz’aria, a piedi scalcianti, finché la porta si aprì violentemente e apparve l’ombra alta del padre, che con un ghigno la osservava curioso e al contempo divertito nel trovarla in difficoltà.
《Vuoi che ti dia una mano, bambina mia?》La voce apparentemente calma, si avvicinò con lentezza pregustando il fatidico momento in cui l’avrebbe fatta a pezzi. La luce lunare illuminò la lama del machete insanguinato. Anne lanciò un acuto disperato, si dimenò, pregò di non morire, finché non si sentì prendere per le braccia per essere sollevata e sfuggire dal padre omicida. Svenne tra le braccia di un individuo che lei associò al suo angelo custode, e l’ultimo ricordo che lei ebbe dopo essere stata posata a terra furono le urla del padre che la chiamava come un forsennato e un intenso odore di bruciato.
Dopo qualche ora si risvegliò all’interno dell’abitacolo di una macchina, avvolta in una coperta e bagnata sulla fronte da un panno impregnato d’acqua. Anne spalancò gli occhi e si trovò davanti la figura di un ragazzo, quello del palloncino rosso, la scrutava preoccupato e sanguinante al braccio sinistro.
《D-Dove sono…》chiese Anne con voce strozzata.
《È tutto finito, sei al sicuro. Adesso andiamo in ospedale》 la rassicurò con un sorriso, prima di mettersi in moto.
《Dov’è mio padre?》
《Nel posto dove merita, probabilmente》 rispose con una smorfia di dolore, stringendo più forte lo straccio attorno al braccio. Lei lo fissò assorta e lui le sorrise. 《È stata mia sorella, Irina, ad avvisarmi. Comunico con lei tramite dei palloncini per sentirla accanto. Li adorava.》
Anne sorrise debolmente e, quando si voltò, vide la sua casa divorata dalle fiamme. Le sembrò di percepire dei lontani acuti, prima del crollo. Attorno a essa, i tre bambini che non erano scampati alla furia omicida fecero volare dei palloncini, simbolo della liberazione del male da quella casa maledetta.
Serie: Scia di sangue a Glenbury
- Episodio 1: Vattene
- Episodio 2: Istinto di sopravvivenza
- Episodio 3: Avvertimenti
in questo episodio é stata l’azione a dominare la scena, con un ritmo serrato e inarrestabile, in cui al lettore non resta altra strada se non quella di provare a scappare insieme ad Anne. Davvero una bella chiusa, con un inevitabile richiamo al paranormale.
Bello, mi è piaciuto molto questo finale! Sarà perché anche se amo l’horror mi piacciono le storie a lieto fine. I palloncini hanno donato un tocco di poesia e mi hanno portato alla mente l’immagine di una foto in bianco e nero con un unico tocco di colore: un palloncino scarlatto.