
Ivan, il capo del gabinetto.
Serie: Il maledetto cacciatore di fantasmi - with Lorenzo R. Gennari.
- Episodio 1: “Adrianaaaaa!”
- Episodio 2: Temi tu la morte?
- Episodio 3: Una serie di sfortunati tentativi.
- Episodio 4: Ivan, il capo del gabinetto.
STAGIONE 1
Il risveglio fu sereno come un film della DC.
Prima pensò che fosse un trapano elettrico, poi pensò che fosse un branco di topi, ma era Kadmon che abbaiava, i suoi squittii echeggiavano tra le pareti. Eugenio si alzò pensando ad una bestemmia che riguardava i suoi testicoli ed una serie di sifonatteri, ma poi una voce dal forte accento russo lo bruciò sul tempo:
– Malleddetto mucchio di pulci! Hai rotto pua**e! –
Si alzò pensando ad un testimone di Geova o un postino. Dondolò verso la toilette:
– Kadmon, smettila di rompere! – mugolò.
Con gran sgomento, il bagno era sgombro. Nessuno stalinista era presente in esso. Il suo naso fiutò fragranza di paranormale, che per il momento sapeva di detersivi e feci. Il carlino aveva trovato, volgarmente dicendo, una bella espulsione a base di carbonio a cui abbaiare, tanto la sua testa era infilata nell’orinatoio.
– Kadmon, sei il solito str*nzo – ribatté il padrone. Dati i suoi quattro neuroni, Eugenio si chiese se la voce misteriosa che aveva udito, non provenisse dal cane stesso! Fortunatamente, l’orinatoio ebbe la cortesia di chiarire il malinteso:
– Fai uscire chihuahua bavoso da bagno o io distruggo me**a di casa! – la voce che ne uscì era gorgogliante tanto quanto il luogo dal quale proveniva. Eugenio, incuriosito e titubante, afferrò quell’ammasso di peluria, difficilmente riconoscibile come “cane”, per il collare borchiato e cercò di estrarlo guardando il gabinetto, scalpitando dal panico.
Al pensiero che il gabinetto stesso potesse sentirsi offeso da tutte le volte che le sue terga si erano appoggiate su di esso, cominciò a balbettare:
– Mi scusi non intende… – poi ricordandosi di essere un vecchio pensionato irritato, lo riprese — aspetta! Fuori da casa mia! —
– Fuori da mio buagno! – replicò il russo.
Eugenio, ormai a corto di quelle poche argomentazioni che il suo cervello poteva partorire, dette l’ultimatum:
– Kadmon attacca! –
Il carlino si staccò ringhiante dalla presa del padrone e si gettò sul tubo di scarico abbaiando con la coda che scodinzolava quasi avesse davanti un succulento osso di pollo, chiuse le fauci su di esso limandosi i denti famelico. All’istante, come un plotone di esecuzione, i tubi si estrassero rumorosamente dai muri in cemento armato, tutti puntati verso Eugenio. E così, tutto si bloccò…
Eugenio, pensando a cosa avrebbero potuto contenere quei tubi, ritirò il cane e, subito dopo ebbe atto una vera e propria lotta filo-teorica, sulle proprie posizioni sociali e le possibili applicazioni filo-politiche di due sistemi conflittuali.
– Voi spuorchi capitalisti volere sempre tutto, io sono capo gabinetto e qui regnare comunismo! Tutto essere di tutti ed il tutti essere io –
Eugenio, non tanto offeso di essere definito un capitalista, ma più per essere stato chiamato “sporco”, si indignò e rispose esponendo una tesi degna del migliore dei candidati premi Nobel per l’onestà intellettuale:
– Questa è casa mia e qui comando io! –
– Niente essere di nessuno, tutto essere di paese! No esistere proprietà tua o mia! –
– Sporco a me!? Voi che vivete in dieci nella stessa casa perché siete dei poveracci di me**a: abusi*i! Ecco cosa siete! –
– Sentire chi puarlare, quello che no pagare afitto nemmeno sotto fucile. Brutto ipocrita capitalista! –
Non mi soffermerò sul come siamo arrivati a parlare di come un macrocefalo di espulsioni a base di carbonio stia battibeccando con un gabinetto. Ad un certo punto si arrivò ad un linguaggio così aulico ed ad argomenti così profondi da rendere impensabile che i due interlocutori avessero superato le scuole primarie.
– Perbenista, ricchi**e del ca**o! –
– Ricchiuo*e essere tu! –
– Faccia di me**a! –
– ты мертв! (Ty miertv) – tuonò lo scarico.
La porta del bagno tonfò, la serratura scattò, ed ogni rubinetto sgorgò in una potenza idratante, dipingendo le piastrelle di un diversamente gradevole color verde-palude. Il gabinetto iniziò a rigurgitare i rifiuti corporei di anni di cibo ben poco casalingo. Il lavello si mise a eruttare un getto simile ad una minestra di verdure della mensa, andata a male. Un miscuglio tale da riuscire a disgustare persino il demone de: “L’esorcista”.
I galloni di liquido aumentarono progressivamente. Eugenio si riparò al di sotto del lavello, pensando ingenuamente ad una protezione dall’acqua putrida che pioveva sulla sua testa, rendendolo ancora più impresentabile del solito. Per fortuna, il suo dignitoso posteriore riuscì a trovare la cassetta degli attrezzi. Mentre il carlino sguazzava nel fu bagno, Eugenio cominciò a rovistare trovando l’urgente chiave inglese, indifferibile per lavori di tubatura.
Si erse colmo di melma. Il cane latrava ad ogni condotto di scarico, turbinando come una trottola. Al pari del suo padrone, non ci capiva un tubo.
– Kadmon, è il fo**uto cesso! – gridò Eugenio. Il cagnolino cominciò a sgambettare, abbaiando stavolta verso la toilette. Come uno spartano di fronte agli invasori, Eugenio si gettò sul soffione della doccia, randellandolo. Il soffione si staccò da esso con la forza di un proiettile deflagrando definitivamente la tazza del cesso, scoprendo il tubo, le cui fauci del cagnolino erano nuovamente ancorate.
Il tubo si alzò serpeggiando in aria. Eugenio, con una agilità olimpionica, venne colto così di sorpresa dallo scoppio, tanto da finire inciampato nella vasca. Subito dopo si rialzò, la chiave inglese era andata persa ma, pensando che i suoi pugni potessero eguagliarla, si gettò sul tubo di scarico per dare man forte a Kadmon. Purtroppo non vide il tubo a lui stante sulla destra, che lo colpì con un getto violento che lo fece ripiombare nella pozza di liquami. Qualche giovane d’oggi, potrebbe dire che la quantità di feci, così come i suoi guai, giungessero fino al collo.
Quando riemerse, sentendosi abbandonato nella sua sofferenza dall’unico essere vivente con cui condivideva l’appartamento, gorgogliò:
– Kadmon! Sei una me**a! – non cosciente però che, nello stato in cui era, vi somigliava molto di più. Ma Eugenio conosceva bene il proprio cane. Lo stoico carlino veniva sbandierato a destra e a manca, ma non mollava la presa. Fu allora che Eugenio ebbe un colpo di “genio”, (una cosa rara in questo caso). Kadmon più di qualche anno prima, aveva scoperto un impiccato nel guardaroba di una casa di riposo con una bolletta del canone Rai ancora stretta tra le dita, neanche in quel caso aveva smesso di abbaiare finanche il cadavere rimaneva nascosto agli occhi altrui.
Purtroppo, per quanto detesti ammetterlo, i suoi continui viaggi nel mondo acquitrinoso non aveva contribuito ad impedire al suo stomaco di ingurgitare materiale un poco indigesto. Quando si issò e si scagliò sul tubo di scarico del cesso con un rozzo flato di battaglia, rimbombando lungo le pareti. Ma questo fu solo l’inizio, perché dopo aver preso coscienza del suo pericolo e del suo stato, cominciò a imprecare con espressioni colorite quanto un campo di tulipani dei Paesi Bassi.
Schioccò le nocche sul tubo ed esso risuonò immobile. Ci fu un secondo di silenzio.
– залупа! (zalupa) – tuonò il tubo irritato.
I criceti del pensionato cominciarono a connettere i neuroni per elaborare cosa gli era appena stato detto. Si arresero quasi subito.
– Che significa? – borbottò.
La voce del russo espose la risoluzione del mistero linguistico:
– TESTA DI CA**O! –
In quel preciso istante, qualcuno bussò educatamente alla porta.
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