La Casa del Gufo Quattro

Gli avventurieri continuarono il viaggio nella foresta.

«Sono curioso di sapere cosa scopriremo oggi» disse Giovanni.

«Anch’io. E più di te, ne sono certo» disse Paolo.

«Silenzio» impose Rocco. «Dobbiamo risparmiare il fiato, e parlando lo consumiamo».

Gli amici gli diedero ascolto.

Dopo aver superato una serie di alture, videro una casa caduta in rovina. La vegetazione si era impadronita di essa fin quasi a renderla parte del paesaggio: più una roccia senz’anima, come se non fosse mai stato un luogo dove era possibile vivere.

Un tempio… o cosa?

Rocco aveva sentito parlare di alcuni edifici religiosi che, caduti in disuso e dimenticati, si erano trasformati in ruderi, gli unici abitanti animali e animaletti.

Il terzetto gli si avvicinò. Allora Rocco posò una mano su una parete. Si accorse che si trattava di un cubo perfetto e il muro era diviso in quattro quadrati. Prima che potesse dire una qualsiasi parola, udì un verso cupo: Ma certo, si tratta di un animale notturno! Sollevò lo sguardo e vide un gufo volare via.

Giovanni scoppiò in una risata.

Paolo anche. «L’abbiamo disturbato».

Al contrario Rocco sembrava in preda alla preoccupazione. «Non so voi, ma a me non piace».

«Avanti, solo perché abbiamo abbandonato Lorenzo al villaggio» protestò Paolo, sempre con il sorriso stampato in faccia.

«Sì, ma diceva che aveva paura per la sua incolumità…».

«Ascoltami, Rocco, non è colpa nostra se si è fatto male!».

«E soprattutto che in quel villaggio ci sono dei ladri…» aggiunse Giovanni.

«O assassini». Paolo strinse le spalle.

A Rocco, quella mancanza di responsabilità faceva rivoltare lo stomaco. «Va bene, lo so che non ve ne frega niente, ma ora andiamocene».

«E perché?». Paolo continuava a sorridere. «Siamo qui, diamoci da fare».

«Non capisci che può essere pericoloso?» si accalorò Rocco. «Può darsi che…».

«Quanti problemi». Giovanni diede manforte a Paolo. «Se hai paura, non dovevi venire qui, con noi. La Cina selvaggia non è fatta per tutti».

Rocco doveva sempre ricordarsi che erano esploratori e rischiare la vita era il loro mestiere. Tutto per l’avventura. «E va bene» sospirò. «Montiamo le tende, poi al lavoro».

***

Quella notte accesero il fuoco. Stavano consumando la cena, allora Paolo ridacchiò un momento come lo sciocco quale era. «Vado a dare un’occhiata alla casa».

«Un momento, può essere pericoloso: è notte!» lo frenò Giovanni. «Se ci fosse qualche serpente…».

«Non ho paura di queste cose. E se tu sei troppo vigliacco come il nostro amico Rocco, all’inferno». Paolo, sicuro di sé come sempre, si avviò verso la casa.

Rocco rimase solo con Giovanni, che lo guardò con rabbia. «Vado anch’io con lui».

Non provò a fermarlo, preferì concentrarsi sulla pancetta che stava mangiando.

Trascorso un minuto di solitudine, un urlo spaventoso squarciò il silenzio della notte.

Rocco riconobbe la voce di Paolo.

Scattò in piedi, afferrò la pistola, doveva difendersi qualunque cosa stesse accadendo.

Vide sbucare dalla casa una figura.

«Giovanni! E… Paolo?».

«È… è…». Cadde a terra, aveva delle grosse ferite alla schiena, alle spalle, alle braccia.

«Mi hai abbandonato e solo la Casa del Gufo Quattro mi ha accolto» si udì una voce oltremondana.

Rocco vide che si trattava di Lorenzo, le occhiaie livide e in spalla dei gufi. «Ma…» balbettò.

«Sì, sono morto, e intendo vendicarmi». Scoppiò in una risata orribile.

Rocco non aveva mai creduto ai fantasmi, adesso sì. Scappò, tornò in cima alle alture, le superò fino al villaggio più vicino. Non gli successe nulla, se non che si accorse di avere i capelli bianchi per la paura. Non raccontò mai a nessuno quel che vide e la Casa del Gufo Quattro scomparve, forse ingoiata da una dimensione parallela.

La dimensione fantasma?

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Discussioni

  1. E si per molti cinesi il numero quattro “si” porta veramente male perché ha la stessa pronuncia della parola morte. Complimenti mi hai fatto fare un salto nel mio passato trascorso in Cina ricordandomi un episodio simpatico avvenuto in una sorta di luna park all’interno di un dragone.Magari un giorno ve la racconterò.Buona serata

    1. Mi hai incuriosito su tuo padre! Nel paese del dragone, avendoci passato circa due anni della mia vita, ne ho fatte talmente tante da poter scriverne più libri. Anche io mi ero messo a studiare il Cinese e tuttora cerco di tenerlo allenato giusto per non perderlo del tutto. Per quella dentro il dragone 🙂 ci farò il pensierino.
      Grazie

    2. Grazie a te! Mio padre sa il giapponese e ha tentato con il cinese. Purtroppo si è un po’ perso per strada, ma con tutte le lingue che conosce non si può pretendere che le conosca tutte

  2. È scritto molto bene questo racconto, come d’altra parte ci hai abituati. Mi ha dato la specifica sensazione di un racconto notturno intorno al fuoco, o davanti al camino. Una di quelle storie che ci accompagnano per la vita, assieme al ricordo del fuoco e del buio che questo tiene lontano.
    Grazie per la condivisione, Kenji.