La divinità pagana

Dopo essersi sciacquato il viso, Saverio Mercalli si guardò nello specchio del bagno di casa di Giusy, la tipa che aveva conosciuto al diciottesimo di sua cugina. «Vieni da me, i miei sono fuori per una conferenza» gli aveva detto lei. E lui aveva obbedito come in trance. Talmente in trance che neppure ricordava come fossero arrivati a casa di lei. Nello specchio c’era riflesso un giovane di sedici anni, dal volto abbastanza comune. Capelli neri, un naso importante divideva un viso armonioso non ancora aggredito dalla barba, e poi, tocco d’autore, degli occhi verdi come un bosco che gli avevano permesso di fare breccia nel cuore della ragazza che adesso lo ospitava a casa sua. Saverio sorrise, e lo specchio eseguì. Poi si fece l’occhiolino ma questa volta lo specchio, inspiegabilmente, non rispose. Turbato afferrò un asciugamano, si asciugò la faccia, e preferì pensare a una allucinazione. E poi al momento non era quello il suo problema. Già, il suo ‘problema’ adesso si chiamava Giuseppina detta Giusy. Più grande di lui di due anni, in un’età in cui anche pochi anni possono giocare una differenza abissale nell’esperienza di vita. Giusy, più bassa di lui, e pure di un pezzo, ma pericolosamente sviluppata, ed equamente distribuita. Mora, l’incarnato olivastro che tradiva origini meridionali, e due occhi grigi, lunghi e affusolati da gatta malandrina. E adesso lo aspettava nella sua camera, per fare chissà cosa. Cioè, Saverio era giovane ma non era scemo, sapeva bene che se una sconosciuta ti invita a casa sua non è propriamente per giocare al Fantacalcio. Per quello bastava quello sfigato di Mattozzi, il suo brufoloso compagno di banco. All’improvviso Giusy parlò: «Saverio, che fai? Vieni in cameretta, dai, ti aspetto.» Un po’ imbarazzato Saverio uscì dal bagno, non voleva certo darle l’impressione di essere andato a fare la cacca, o dio non in quel momento poi!, e si diresse verso la camera di lei. Quando comparve sulla porta la trovò in guêpière, morbidamente adagiata sul letto.

Le tempie iniziarono a tamburellargli e riuscì solo ad esclamare un «Mammamia…»

«No, non sono mammatua» rispose lei dispettosa. «Sono Giusy. Che te ne pare, ti piace?» rilanciò in modo decisamente peccaminoso.

Prima di quel momento la conoscenza del corpo femminile, per Saverio, si riduceva a due sole fugaci apparizioni. In una aveva spiato sua cugina spogliarsi nella cabina al mare. Nella seconda, passando dalla camera dei genitori, aveva scorto Floriana, un’amica di famiglia, mentre si provava un vestito confezionato da sua mamma, sarta di successo. Adesso però la situazione era diversa. Giusy, vestita solo di quel busto arrapantissimo, era bella e prepotente come una giovane divinità pagana. E gli faceva cenno di avvicinarsi.

In quello stesso momento, nella porta di casa si sentì un armeggiare di chiavi, clo clo clo gnaaak, e dopo una voce di donna: «Giusiii? Siamo noi.»

Giusy si drizzò sul letto come un vampiro dalla bara.

«Opporcatroia, i miei!»

Saverio sbiancò. Entrò di corsa nella camera e chiuse la porta. Slam! «E ora che facciamo?!» sibilò in preda a un preinfarto.

Ma Giusy non era più la femme fatale allupata di pochi secondi prima. Completamente in tilt, adesso saltava isterica sul letto ripetendo in loop «ommerda, ommerdissima!»

Nel frattempo, la voce femminile si avvicinava: «Giusy?»

Saverio le bisbigliò: «E rispondi cazzo!»

Giusy scese dal letto: «Sì, m-mami?»

«Ah ci sei…apri lo sai che non voglio che ti chiuda in camera» fece la voce con un tono di rimprovero.

«Sì, ehm, hai r-ragione m-mami ma…» e abbassando la voce «ho qui il regalo per papà, e non voglio che lo veda.»

La voce complice della madre ridacchiò: «Papà è di là in camera, non sa niente. Nascondilo bene. Poi vieni in cucina che ci facciamo la cioccolata calda.»

Saverio, aggrappato alla porta, guardò Giusy e scosse la testa, ma lei gli fece cenno di tacere. «Va bene, mami, arrivo.»

I due aspettarono di sentire i passi della donna allontanarsi.

Poi con un fil di voce: «Alla conferenza eh?!» disse Saverio avventandosi alla finestra.

Giusy spalancò gli occhi: «Fermo cretino, cosa fai? Siamo al quinto piano!»

Saverio si sentì in trappola. 

«E ora?»

«E ora mi devo togliere questa,» replicò lei sganciandosi in fretta e furia la guêpière. «E andare di là. E pure di corsa!»

«See, e io cosa faccio?» sussurrò Saverio cianotico.

«Tu resti qui» sbuffò lei indossando il pigiama con Winnie the pooh, e delle orride babbucce rosa. Adesso la divinità pagana del sesso sembrava David Gnomo. «Devo distrarli. Così tu puoi prendere la porta e uscire.»

«No, no. Io non vado da nessuna parte. E se mi scoprono??» replicò Saverio zompettando per la camera come una mosca impazzita.

Giusy si avvicinò alla porta, lo guardò serissima e disse: «Te ne devi andare. E pure di corsa.» Poi uscì dalla cameretta e si diresse verso la cucina: «Mami, eccomi.»

Rimasto da solo in camera, Saverio si trovò faccia a faccia con un poster di Achille Lauro, e andò in sbattimento. Si maledisse per la leggerezza con cui aveva seguito quella squilibrata, e si ripromise di sincerarsi che la cugina la escludesse dal novero delle proprie amicizie.

Poi iniziò a sudare freddo. 

Se mi beccano in casa sono un uomo finito, pensò.

Di recente aveva visto un film dove un coglione si introduceva in una casa e il proprietario gli apriva la testa con un’ascia bipenne.

Quel pensiero, suggerito dalla paranoia, servì solo a triplicargli l’ansia.

Accostò l’orecchio sudato alla porta della camera, e sentì la pazza e sua madre che chiacchieravano amabilmente del Black Friday di Sephora.

Allora si decise. Furtivo come un ninja aprì la porta, e si affacciò nel corridoio.

Via libera!

Per guadagnare la porta d’uscita Saverio avrebbe dovuto girare a destra. Ma la memoria gli giocò un brutto scherzo, e il giovane demente girò a sinistra.

Un rumore lo spaventò. Quatto quatto entrò in una stanza per nascondersi.

Quando si voltò per capire dove diavolo era finito, raggelò.

Vicino al letto, in mutande, che lo osservava allibito c’era il professor Severino Mancuso.

Il suo insegnante di greco e di latino.

«Mercalli, per tutti gli dèi dell’Olimpo! Che cazzo ci fai tu in casa mia?!»

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Discussioni

  1. Questo racconto mi ha trasmesso una forte ansia empatica che sfocia in un divertimento scatenato. Si partecipa al panico adolescenziale del protagonista fino alla chiusura esilarante che corona il disastro in modo perfetto.

  2. Racconto a velocità ondulatoria, con impennata iniziale che lascia presupporre un orgiastico trash per poi declinare in una spassosa girandola di demenzialità.
    Fantastica la Giusi, in un attimo da pornodiva casalinga a demente impacciata e nevrotica.
    Il colpo di scena finale è un colpo ad effetto analogo ad una palla corta di Sinner od Alcaraz

        1. Mi sono riciclato nel settore tennistico, vista la vertiginosa ed inesorabile discesa del movimento calcistico italiano, i cui gloriosi fasti sono ormai solo un prestigioso ricordo