
La fine delle vacanze
Era l’estate del 1986. La radio passava Madonna,Tracy Spancer, Gianna Nannini e i Righeira.
Alla pensione Miramare, la filodiffusione invadeva le stanze alle 10:30 in punto. Le suore si affaccendavano senza sosta e L’estate sta finendo più che un pezzo per gli ospiti, sembrava un messaggio per loro: un monito, una esortazione alla pazienza, uno stoico richiamo alla resistenza. Ada, in quelle stanze grandi e scure, si sentiva a disagio. Al contrario, suo padre sembrava muoversi con disinvoltura pur mantenendo una condotta garbata e ossequiosa. Sebbene di norma fosse strafottente e incline al vizio, con le suore ostentava una irritante e mielosa compunzione forse perché da ragazzo, durante una lunga malattia, erano state loro, le monache, a curarlo. Era così copioso il suo sentimento di riconoscenza, da traboccare e benedire indistintamente ordini e generazioni avvenire. Che fossero Benedettine, Agostiniane, Carmelitane o Certosine, non faceva alcuna differenza. «Reverenda» diceva piegando la testa quando ne incrociava una, «grazie, grazie di cuore per la vostra opera.»
A sera però, uscito dalla pensione, allontanatosi dall’aura di sacralità, ingurgitava barolo e ballava sui doppi sensi de “il clarinetto che fa filù filù filù filà”. Aveva nove anni Ada e proprio non capiva perché quelle parole lo divertissero tanto, eppure sorrideva di quella felicità contagiosa e senza senso, come sempre dovrebbe essere la felicità. Sorrideva e intanto pensava al quadretto di Luis Miguel in bella vista sul comodino della pensione. Lo aveva comprato a San Marino assieme ad uno stereo rosso fiammante in cui il cantante messicano, in un italiano stentato, duettava con lei sulle note di Ragazzi di oggi. Aveva nove anni Ada e il domani era solo una lontana e vaga promessa di felicità.
Mentre l’auto supera Rimini per farsi inghiottire dall’incantevole monotonia della costa adriatica, Ada tiene gli occhi chiusi e torna ancora una volta lì, a quell’estate di quarant’anni prima. Torna a sua madre per sempre giovane, spensierata e ignara delle tempeste, tante e dolorose, che avrebbe dovuto poi affrontare. Sua madre con i capelli cotonati, i vestiti paillettes e le spalline. Sua madre a combattere con i suoi venticinque anni e con una maternità incerta, piovutale addosso poco più che bambina. C’era stato un tempo in cui aveva detestato quella madre immatura e instabile, giurando che mai avrebbe commesso i medesimi errori. Eppure eccola lì, la sua maternità a sparigliare le carte, a beffeggiare le certezze, a far vacillare la sicumera del mai. Perché, se è vero che la genetica salta talvolta le generazioni, è altrettanto vero che il comportamento appreso procede per automatismi e successivi adattamenti.
Così pensa Ada, gli occhi ancora chiusi e i denti stretti a trattenere un rigurgito di impotenza.
«Mamma» la richiama suo figlio, «sei sveglia?»
«Dimmi tesoro» risponde lei senza aprire gli occhi.
«Mamma, vorrei che questa vacanza non finisse mai.»
Ada si riscuote e lo guarda. Quasi si sorprende di quanto lui le somigli. In quel sorriso largo e grato rivede i suoi nove anni di allora. Tutto sommato sorrideva anche lei.
Allunga una mano e accarezza entrambi: la bambina di ieri e quello di oggi.
Ecco, si dice, ecco cosa vorrei io. Vorrei inchiodare nei ricordi dei miei figli quel sorriso, quella felicità leggera e senza senso, come sempre dovrebbe essere la felicità.
Intanto, annunciata dal solito crepitio, le si accende in testa la filodiffusione della pensione Miramare e Renzo Arbore attacca: “Metti che ti presenti a una ragazza e dici, suono bene il clarinetto. Metti che lei capisce tutta un’altra cosa e ti fa subito l’occhietto. Metti che sei un artista puro e questa cosa non fa certo un bell’effetto. Il clarinetto, quello che fa filù filù filù filà“.
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Ho sempre pensato, e ne sono certa, che se esiste un momento esatto in cui ogni anno si cresce un pò di più è la fine dell’estate. Un racconto che ha in sè la nostalgia per le cose che non tornano, insieme al desiderio di volerle fermare e tenere con noi per sempre. Bellissimo.
“Ecco, si dice, ecco cosa vorrei io. Vorrei inchiodare nei ricordi dei miei figli quel sorriso, quella felicità leggera e senza senso, come sempre dovrebbe essere la felicità.”
bellissimo ❤️
Grazie Irene!
Molto bello e di piacevole lettura questa diapositiva capace di ritrarre i sentimenti, insieme ai ricordi. E il desiderio di Ada (nella chiusura), in fin dei conti, si fa reale. Grazie per la lettura, Teresa
Grazie a te Paolo!
“Eppure eccola lì, la sua maternità a sparigliare le carte, a beffeggiare le certezze, a far vacillare la sicumera del mai. Perché, se è vero che la genetica salta talvolta le generazioni, è altrettanto vero che il comportamento appreso procede per automatismi e successivi adattamenti.” Queto passaggio è incredibile. Brava👏
Grazie Tiziana. ☺️
Il racconto mi ha trasmesso una forte nostalgia: l’estate del 1986 diventa lo specchio di un tempo sospeso, dove l’infanzia di Ada si intreccia con la figura paterna e con la madre giovane, fragile eppure viva.
Ho trovato molto suggestiva la tua capacità di alternare passato e presente, mostrando come i ricordi si depositino dentro di noi e riaffiorino nel rapporto con i figli.
Il tuo è ricco di dettagli evocativi (la musica, i gesti quotidiani, i dialoghi minimi) che risvegliano la mia memoria di allora ragazzina. Mi ha molto colpita il finale, in cui Ada accarezza “la bambina di ieri e quello di oggi”: un’immagine intensa che sintetizza il cuore del testo, la continuità tra generazioni e il desiderio di conservare ai propri figli la leggerezza della felicità.
Ti ringrazio Cristina. Grazie per l’attenzione e il bel commento.
È dolcissimo questo racconto, è come una porta che si apre e quando la attraversi ti ritrovi in una stanza dove sei sempre tu ma visto da fuori. Sarà anche forse la coincidenza di ricordare alla perfezione un viaggio in macchina con i miei genitori, quando ero bambino, in cui nello stereo portatile suonavano le note di quella canzone.
Evidentemente abbiamo gli stessi (pochi) anni. 😉 Grazie Roberto.
“duettava con lei”
Bella questa immagine in cui la protagonista è Ada e Luis Miguel l’accompagna, e non il contrario.
Un racconto che funziona già molto bene: evocativo, con una forte capacità di intrecciare memoria e presente, ironia e nostalgia. Si legge volentieri, resta in mente e colpisce sul piano emotivo.
Grazie davvero, Rocco sia per la lettura che per il commento. ☺️
Un racconto che profuma d’estate e di memorie, tenero e struggente. Bellissimo il parallelismo tra la bambina di ieri e il figlio di oggi: la felicità leggera che attraversa le generazioni resta il dono più prezioso.
Ti ringrazio Lino. Mi fa piacere che il mio racconto ti sia piaciuto. Grazie per averlo letto.