La Letterina di Natale

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«Hai visto la letterina di Natale che ha scritto la piccolina?» esclamò Giovanna, la caposala.

«Scritto?» domandò, perplessa, Lucia, la dottoressa che l’aveva fatta ricoverare qualche giorno prima.

«Beh no, è ovvio. È troppo piccola per farlo» sorrise con gli occhi pieni di lacrime. «Ha chiesto a Luca di scriverla».

«Davvero? Dov’è?».

«L’ha voluta mettere tra i rami dell’albero di Natale».

Lucia si avvicinò al piccolo abete addobbato con palline e luci colorate, prese la lettera e la lesse a voce alta: «Caro Babbo Natale, lo so che sei occupato a portare i giocattoli agli altri bambini, però quest’anno potresti fare un regalo anche a me e riportarmi il mio papà? Ti prometto che farò la brava e che mangerò tutte le verdure. Grazie, Claudia».

«Non ti si stringe il cuore?». Giovanna scoppiò in lacrime.

«Povera piccola…» commentò Lucia a bassa voce. «Non hanno rintracciato la famiglia o qualche parente?».

«Non ho ancora saputo nulla dall’assistente sociale».

«Provo a chiamarla».

La dottoressa afferrò lo smartphone nella tasca, scorse i contatti fino a trovare il nome della sua amica Katia.

«Pronto?».

«Ciao Katia, sono Lucia».

«Ciao! Come vanno le cose al reparto COVID?».

«Non bene. Ogni giorno i pazienti aumentano e tra poco non sapremo più dove metterli».

«Posso immaginare».

«Ti ho chiamata per quella bambina».

«Quale?».

«Claudia, la ragazzina che è arrivata con il padre in condizioni critiche e che è morto qualche giorno fa. Mi sembra che si chiamasse Marco Marozzi o Picozzi… non ricordo».

«Ah sì. Marco Mingotti. I documenti erano falsi, la polizia sta ancora cercando di capire chi fosse e dove vivesse».

«Come?».

«Non sanno chi sia. In Italia non abbiamo un database con le impronte digitali di milioni di persone come nei telefilm. Purtroppo dovrò affidarla a qualche casa-famiglia nell’attesa che rintraccino i parenti». Ci fu un attimo di silenzio. «Se mai ci riusciranno».

«Al diavolo!» borbottò la dottoressa. «Possibile che non ci sia una soluzione migliore?».

«Purtroppo la procedura è questa. Ma puoi sempre prenderla tu, se è quello che vuoi».

La dottoressa non rispose.

«Dai, non ti preoccupare. Starà bene» la rassicurò Katia.

«Grazie, scusa se ti ho disturbata. Ciao e buon Natale».

«Nessun disturbo, buon Natale anche a te e a tuo marito».

Lucia chiuse la telefonata e sospirò, pensierosa.

«Qualche novità?» chiese Giovanna.

«Nessuna. Il padre aveva dei documenti falsi e non riescono a rintracciare i parenti».

«Oh, Dio degli Angeli. Povera creatura» esclamò di nuovo con la voce rotta dalla commozione.

La dottoressa alzò lo sguardo verso il soffitto e sbuffò. Ripose la letterina sul rametto dell’albero e tornò nel suo reparto. Prima di entrare, indossò guanti, camice, occhiali, cuffia e mascherina. I pazienti erano tutti malati di COVID-19 e non era il caso di andarsene in giro senza precauzioni. Percorse il lungo corridoio fino all’ingresso del reparto dei pazienti asintomatici in quarantena, superò l’ingresso ed entrò nella stanza di Claudia.

La bambina era seduta sul letto e stava disegnando, insieme a lei c’era un’infermiera che le teneva compagnia.

«Ciao, piccolina, come stai oggi?» esordì Lucia.

«Bene» rispose, triste, Claudia.

«Misurata la febbre?».

La bambina annuì con la testolina.

«Che disegni di bello?».

«Il mio papà».

«Senti, Claudia, ma la mamma sai dove abita o come si chiama?».

La fanciulla scosse leggermente la testa.

«La mamma non vive con te e il papà?».

«Io… la mia mamma non ce l’ho. E tu?».

«La mia è con gli angioletti su nel cielo, insieme al tuo papà. Staranno sicuramente addobbando qualche albero di Natale» sorrise.

«Babbo Natale ha detto che mi porterà il mio papà. Così poi torneremo a casa e il mio papà mi preparerà quella cosa al cioccolato che mi piace tanto».

«Ma certo, piccola» sussurrò l’infermiera, accarezzandole i capelli.

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«Chi è di turno domani?» chiese Lucia.

«C’è solo il dottor Rossi, è Natale e tutti saranno a casa a festeggiare con i proprio familiari» rispose Giovanna.

«Bene, io sarò comunque reperibile per qualsiasi urgenza».

«Speriamo non serva».

«Sono passati a prendere la bambina?».

«No, dottoressa, non si è visto nessuno».

«Non vorranno lasciarla qui anche il giorno di Natale, voglio sperare!» ringhiò. Prese lo smartphone e chiamò Katia, l’assistente sociale.

«Pronto?».

«Ciao, sono Lucia».

«Ciao!».

«Quando passano a prendere Claudia?».

«Non prima del tre gennaio; la famiglia che avrebbe dovuto prenderla in affido è in quarantena e prima di quella data non ci sono posti disponibili in altre strutture».

«Non ci posso credere!». Imprecò.

«Lo so, cara, sembra che il mondo si stia accanendo contro quella bambina. Non posso farci niente».

«Al diavolo! La porto a casa con me».

«Come?».

«Hai capito bene. Non voglio che passi il Natale e il capodanno qui in ospedale».

«Ma… e tuo marito?».

«Se non gli dovesse stare bene, può sempre tornarsene da sua madre» borbottò.

«Ok, ok. Ho capito. Preparo i documenti».

«Claudia sei pronta? Andiamo a casa a festeggiare il Natale?» chiese Lucia, tendendole la mano.

La bambina le sorrise e le afferrò l’indice.

«Vedrai che ci divertiremo e mangeremo tantissime cose buone».

«Va bene».

«Dottoressa, dottoressa!» urlò Giovanna, arrivando di corsa.

«Che succede?». Lucia aggrottò la fronte.

«Si fermi, si fermi» continuò, con il fiatone.

«Sara! Sara!» urlò una ragazza, scortata da due carabinieri. «Sara, tesoro della mamma» scoppiò in lacrime la donna.

«Ma… ma… che sta succedendo?» balbettò, inebetita, la dottoressa.

La ragazza corse verso la bambina e l’abbracciò forte. Singhiozzava, non riusciva a parlare.

«È la mamma della bambina. Il padre l’aveva rapita due anni fa e da allora è scappato di città in città. Qualche giorno fa siamo riusciti a trovare questa ragazza che è risultata essere la madre» spiegò uno dei carabinieri.

«Ne siete sicuri?».

«Tu non sei la mia mamma!» piagnucolò Claudia.

«Non ti ricordi di me? Di quando ti cullavo?» chiese la ragazza, piangendo.

La bambina scosse la testa.

«Guardate, ha iniziato a nevicare» osservò, sorpresa, Giovanna, guardando fuori dalla finestra.

«Siete sicuri che quella ragazza sia chi dice di essere?» chiese Lucia.

«Mi ricordo il tuo odore… mamma».

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Discussioni

  1. Non mi aspettavo una letterina di natale sotto Pasqua , e devo dire che è stata una piacevole sorpresa: un racconto che si legge tutto d’un fiato, grazie al rapido scambio di dialoghi, e che tratta con delicatezza un tema molto delicato.

  2. Ciao Andrea. Un racconto di una realtà – e di una tenerezza – a dir poco palpabile. La struttura narrativa che hai impostato – fluida, veloce, incentrata sui dialoghi – lascia al lettore spazio ai pensieri… e al pathos che sul finale trova la sua pienezza. Piaciuto molto! 🙂

    1. Ciao Giuseppe e grazie per aver letto questo racconto.
      Sono felice di leggere la tua valutazione, in effetti scrivere racconti brevi utilizzando per la maggior parte dialoghi non è facile. E’ sicuramente più semplice fare spiegoni iniziali in stile “B Movie” 🤣
      Comunque, questo del racconto breve, è un “genere letterario” che non mi attrae molto. Mi annoia scrivere storie di questo tipo 🤷‍♂️, non so se in futuro ripeterò “l’esperimento”.
      Grazie per aver commentato. Un abbraccio, a presto! 😄

  3. L’odore della mamma, una chiusa che non può che commuovere. Hai dato voce a una realtà a cui non viene mai dato peso, a quei figli contesi che corrono il rischio di diventare figli di nessuno. Bel racconto