
La macchina nuova
– Gira a destra tra cinquanta metri. – mi dice Veronica.
Entriamo nel concessionario, con lo stesso stato d’animo dei bambini al lunapark, lo sguardo vigile su ciò che ci circonda. Ci aveva servito fedelmente per una decina d’anni, ma era giunto il momento di sostituirla. Dopo mesi di ricerca, avevamo puntato una BMW coupé ed eravamo diretti a vederla. Prendiamo appuntamento per tornare la settimana seguente, a firmare le carte e ritirare il veicolo, poi saliamo in macchina, felici, direzione casa.
– Finalmente, sono proprio contento, non vedevo l’ora – dico a Veronica.
– Siii, pensa che bello, me la farai guidare vero? –
– Mmmmh, ci devo pensare. – sorrido, con aria di sfida.
– Ma come?! – Veronica finge di rimanerci male. – Ha un bel motore, il cambio automatico, di cosa hai paura? –
– Proprio per questo. – le rispondo io, stavolta ridendo di gusto e ritiro il ticket. – E poi, macchina nuova significa più giretti, dovremo deciderci a fare anche il telepass. – aggiungo, porgendole il biglietto da conservare.
– Guarda che poi mi vendico, ho tanti altri modi io, ricordatelo. – dice lei maliziosa.
– A cosa ti riferisci? – domando, fingendo disinteresse.
– Lo sai… –
– Se lo sapessi, non te lo chiederei! –
– Va bene, allora forse più tardi te ne darò una dimostrazione pratica. – mi dice Veronica, sempre con un sorrisino invitante dipinto sulle labbra lucide.
Non fa troppo caldo ma, nonostante ciò, Veronica sente il bisogno di sbottonarsi la camicetta, mentre mi lancia qualche occhiata di sottecchi. Sa benissimo quanto mi piaccia guardarla mentre si toglie qualsiasi indumento, è un gesto intimo e dolce e, allo stesso tempo, altamente erotico e intriso di passione. Tenendo sempre gli occhi fissi sulla strada, le dico:
– Che combini? Mi distraggo così. –
– E chi ti ha detto o dato il permesso di guardare, scusa? Guarda la strada o ci andiamo a schiantare!. – ribatte lei.
– Si, ma tu provochi! –
– Mi sto solo slacciando la camicia, fa un po’ caldo qui. – fa finta di giustificarsi Veronica.
Rimane in canottiera. Poi, il mio sguardo cade sulle sue gambe: indossa dei pantaloncini tessuto jeans, non troppo corti e sopra dei collant, data la temperatura non ancora estiva. Quasi inconsciamente, inizio a desiderare che si sfili anche i pantaloncini. Veronica si piega in avanti, chinandosi verso le scarpe: sento che se le sta slacciando e inizio a capire il modo in cui intende vendicarsi. Alza entrambe le gambe a livello del cruscotto, senza appoggiare le scarpe (anche se l’auto è da cambiare, va rispettata, brava ragazza), e io non posso fare a meno di rivolgerle un breve sguardo: con la destra, si toglie lentamente la sinistra, già slacciata, che scivola via con facilità. Non posso fare a meno di soffermarmi sul suo piedino sinistro: il collant, scuro ma velatissimo (5 denari al massimo) sparisce nella parte finale sotto un morbido calzino corto grigio, più scuro nella zona della pianta a causa del sudore, che disegna perfettamente la forma della deliziosa estremità della mia fidanzata, dita comprese. Non contenta, Veronica agita la sua gamba sinistra nell’abitacolo, allargando le dita del piede, costrette in due strati di calze, e avvicinandolo verso il mio volto. Inizio a percepire un leggero e inebriante profumo sprigionarsi dalle sue dita ma, mentre sto pregustando la sensazione che mi sta per sfiorare il viso e un odore sempre più intenso, ritrae la gamba sorridendo maliziosamente.
– Cosa stavi per fare? – mi provoca.
– Io? Io sto guidando, tu invece cosa stai facendo? Mi distrai. – ribatto io.
– Questa è l’idea, mi devo sempre vendicare, ricordi? Non puoi avere tutto, devi soffrire un po’, altrimenti che vendetta sarebbe? E poi… – e non finisce nemmeno la frase, sento qualcosa appoggiato sulla mia gamba destra, ma in quel momento sono impegnato in un sorpasso e resisto alla tentazione di guardare in basso. Lasciato alle spalle il veicolo sorpassato, mi rimetto in prima corsia, tranquillo, per gustarmi ciò che sta accadendo. Veronica muove il suo piedino avanti e indietro lungo la coscia, soffermandosi proprio nel punto dove nota un importante rigonfiamento nei miei pantaloni. Inizio a respirare con difficoltà e le chiedo se possiamo accostare.
– Assolutamente no, caro! – esclama decisa – devi sopportare ancora un bel po’, prima, forse, di essere soddisfatto. – inizio a non capire più nulla.
Lei stacca il piede da me, mi solletica velocemente il naso, un istante in cui cerco di inspirare a pieni polmoni quella meraviglia, e procede a sfilarsi, con il piedino stavolta già privo di calzatura, l’altra scarpa. La piccola Nike Dunk n.37 cade con un leggero tonfo e Veronica allunga le sue gambe sul cruscotto (oh, adesso si che puoi farlo). Mi accingo a superare un altro veicolo, il cui guidatore sembra guardare con interesse lo spettacolo offerto da Veronica, visto che guarda verso di noi (anzi, verso di lei) a bocca aperta: non oso nemmeno immaginare che prospettiva debba aver avuto in quel momento, con i piedini di una bella e provocante ragazza bionda spalmati sul finestrino dell’auto che lo stava superando. Lei se ne accorge, e aumenta la posta in gioco: si gira sul sedile, mette entrambe le gambe sulle mie e inizia a stuzzicarmi, strusciando le sue estremità su di me.
– Non ti sembra di esagerare? – chiedo io.
– No, ti meriti questa e altre torture. – mi risponde
– Se queste sono le torture, voglio essere torturato a vita. – le dico di rimando.
– Aspetta a dirlo, non ti illudere. – il suo sguardo è sempre più malizioso.
Inizia a sfilarsi i calzini, usando soltanto i piedi: il destro scivola con qualche difficoltà, visto il sudore e, quando lo toglie del tutto, compare il suo piedino fatato rivestito solo da un sottilissimo collant, posso vedere le unghie smaltate di bianco e quasi percepirne la morbidezza e la dolcezza. Prendendo il calzino con due dita del piede, lo porta davanti al mio viso e lo preme all’altezza del naso: il profumo è indescrivibile, leggermente acre e pungente, un odore caldo e invitante, emanato dai suoi piedi perfetti.
– Apri la bocca – mi sfida.
– Dai amore, sto guidando, non ti sei divertita abbastanza? – provo a resistere con tutte le mie forze.
– Apri la bocca, sono la tua principessa, non ti piacciono più i miei piedini? – dice quasi mettendo il broncio. Sento che sto per esplodere, non mi trattengo più, spalanco la bocca e Veronica spinge dentro il suo calzino grigio, che assaporo e succhio in ogni centimetro. Il sapore è già molto invitante, e immagino già di tuffarmi sui suoi piedini, di sentire la morbidezza dei collant sulla mia lingua e poi succhiare ogni singolo ditino, passando la lingua negli spazi tra le dita, accarezzandole la pianta con leccate profonde, drogarmi del profumo inebriante che offrono.
Con una sola occhiata, lei mi fa capire che, finalmente, posso accostare e vedo un’area parcheggio con tanti alberi e abbastanza nascosta.
– Sei stato bravo, siamo quasi arrivati a casa e hai resistito tutto questo tempo. – mi dice.
– Si, ma ora non ce la faccio più! –
– Visto che sei stato bravo, la vendetta è finita, ora inizia il piacere. –
Mette i suoi piedini velati sulla mia faccia e mi dice: – inspira forte, allora, ti piacciono ancora i miei piedini? –
– Si – rispondo con un filo di voce.
Apro la bocca, inizio a passare la mia lingua sulle piante di quei fantastici piedi, sentendo i collant ormai scivolosi a causa della mia saliva. Veronica inizia a sbottonarmi i pantaloni, la aiuto abbassandoli, ma blocca il mio tentativo di liberarmi anche delle mutande.
– Ma non doveva iniziare il gioco? – mi lamento io.
– Certo, ma non possiamo farlo durare troppo poco, no? –
Ormai non ho più nemmeno la forza di ribattere, Veronica mi porta al limite e sa bene come farlo, usando i suoi dolci piedini, che spesso mi fanno uscire di testa senza nemmeno toccarli o vederli nudi. Inizia a passare i suoi piedi sul mio membro, ancora nelle mutande, poi con calma si sfila i collant con una mano, mentre l’altra non smette di stimolarmi. Mi porge i collant direttamente con i piedi e io li prendo direttamente in bocca.
– Non rompermeli, eh, mi raccomando. – mi ammonisce e io faccio segno di no con la testa. Appoggia i suoi piedini, finalmente scalzi, sul mio volto, e il loro contatto mi manda in estasi. La morbidezza della pianta calda, le sue dita che entrano ed escono dalla mia bocca, il sapore salato delle sue estremità è meglio di qualsiasi piatto di un ristorante stellato. Finalmente mi libera delle mutande, io ricomincio a succhiare i suoi calzini e i suoi collant profumati, mentre lei sposta i suoi piedi in baso, iniziando a muoverli ritmicamente. Non penso di resistere più di 3 o 4 minuti e, quando sto per concludere, Veronica rapidamente mi infila di nuovo i suoi dolci piedi in bocca, mentre infila i calzini sul mio membro, finendo con le sue mani un lavoro perfetto. Le riempio i calzini, che lei, come se niente fosse, si rimette ai piedi e si infila di nuovo le scarpe.
Io ansimo, distrutto ma appagato.
– Ti è piaciuto? – stuzzica lei. – Lo rifacciamo? –
Penso ai suoi piedi, nelle scarpe e nei calzini sudati che spremono il mio seme e sto per eccitarmi nuovamente (ho ancora i suoi collant odorosi sul viso), ci rincamminiamo verso casa, poi stasera si vedrà… dovrò sdebitarmi.
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due feticci: l’automobile e i piedi di quella ragazza, e anche le sue calze. Il secondo, per fortuna, prevale. Nonostante l’evidente passione leggermente perversa non scade mai in volgarità e mantiene la narrazione su un clima erotico ben condotto fino alla inevitabile conclusione (ma ci sarà un seguito, perché il tipo non sembra uno che si accontenta).
Disinibito e sbarazzino. Donne e motori, gioie e dolori. Benvenuto.