
La messa della domenica
La domenica si andava a messa.
Mio padre si levava il camice da lavoro e indossava la divisa da cerimonia: una giacca blu puzzolente di naftalina e una camicia a quadretti bianchi e azzurri. Mia madre ravvivava la permanente con il diffusore scegliendo poi, a rotazione, uno dei suoi tanti vestiti pieni di paillettes e spalline. Splendeva senza essere felice. Davano una ripulita anche a noi figlie, avendo cura di addomesticare in fitte trecce alla francese i nostri caratteri ispidi.
Durante la funzione, mia madre e le mie sorelle si sedevano dove potevano mentre mio padre mi portava quasi davanti all’altare, in piedi a espiare i miei peccati.
L’organo prendeva a suonare e iniziava lo spettacolo.
Canto d’apertura, letture, ospiti in sala e poi ancora canti, il tutto accompagnato da una rigida coreografia:
in piedi-seduti,
segno della croce,
percosse sul petto,
seduti-in piedi,
strette di mano,
in piedi-seduti,
croci sulla fronte,
seduti-in piedi.
Pensavo ai requiem aeternam di mia zia Vincenza china a pregare per giornate intere e poi alle raccomandazioni di mia nonna “Terè, non farti fregare come a quella scimunita”. Intanto rifuggivo alle occhiate di mio padre che mi esortava alla partecipazione. Lo facevo puntando lo sguardo sulla statua sospesa di cristo in croce.
“Fissa gli occhi a Gesù, da lui non distoglierli più e le cose del mondo tu vedi svanir e una luce di gloria apparir.”
Recitava così uno dei canti e io, puntualmente, lo facevo. Portavo gli occhi al crocifisso sperando con tutte le mie forze che le cose del mio mondo sparissero davvero, come per magia. Mio padre, quella casa blindata, il senso di estraneità e vergogna verso mia madre, il dolore per la morte di mia nonna, quella vita che non volevo vivere. Mi concentravo con grande disciplina, con considerevole sforzo cerebrale, eppure tutto restava invariato. Laddove però non arrivava la giustizia divina, si arrampicava la mia immaginazione.
Una domenica, dopo il solito tentativo di astrazione, il crocifisso cominciò ad oscillare. Nessuno sembrava avvedersene a parte me. Il prete continuava a blaterare di vento, fede e fiamme ardenti, ignaro di quanto accadeva proprio sopra la sua testa.
“Sapete voi quali sono i sette doni dello spirito santo?”
Via il chiodo dalla mano destra.
“Sapienza, intelletto”
Via il chiodo dalla sinistra.
“Consiglio. Fortezza”.
Osservavo la scena estasiata. Gesù s’era svegliato, risorto con tre giorni d’anticipo sulla storia.
“Scienza. Pietà”
Reggendosi con la mano sinistra alla trave del crocifisso, si chinò fino ai piedi estraendo l’ultimo chiodo che lo teneva attaccato al legno.
“Timor di dio”
Con un balzo fu sull’altare. Bello, atletico, nonostante la ferita vistosa al costato.
Il prete, incredulo, iniziò a segnarsi la fronte mentre le donne urlavano di sorpresa e paura per tutti i pensieri e gli atti impuri che avevano evidentemente taciuto in confessione.
“Cristo pietà. Cristo pietà.”
“Donne tacete, vi prego” disse allora Cristo
“Abbiate un po’ di rispetto per un povero cristo appena risorto. Ho mal di testa. “
“Cristo pietà. Cristo pietà”, continuavano quelle.
“Donne per amor di dio, tacete”
“Cristo pietà. Cristo pietà”
“Tacete ho detto. Smettetela subito. Adesso.”
In un attimo la chiesa piombò nel silenzio.
Mi guardai attorno. La signora accanto a me sorpresa nell’atto di strapparsi i capelli, era rimasta con un ciuffo sospeso in aria. Quella davanti aveva la bocca aperta a forma di O, quella dietro a forma di A. Mio padre aveva lo sguardo basso e tagliente, raggiunto dal rigor mortis con la mano sulla mia giacca, nell’atto di richiamarmi ancora.
Mi scostai con piccoli, misurati movimenti continuando a fissarlo per paura che potesse d’improvviso riaversi. Non si mosse. La stoffa scivolò lentamente sotto le sue dita che restarono sguarnite senza però mutare di posizione.
Non potevo crederci; il mondo, il mio mondo, s’era fermato. Potevo togliere le spalline dal vestito di mia madre, mangiare solo gelati e patatine fritte, buttar via la giacca dall’odore nauseabondo di mio padre senza dimenticare di prendere dalla tasca 10 mila lire per il viaggio. Potevo andarmene, scappare. Ero libera.
Guardai allora il signore nudo sull’altare:
“Grazie” gli dissi con un sorriso sdentato che andava da orecchio a orecchio.
“Quando vuoi” mi rispose ammiccando.
Avete messo Mi Piace9 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
“Laddove però non arrivava la giustizia divina, si arrampicava la mia immaginazione.”
bellissima👏
Grazie!
Intelligente, ironico, originale e scritto davvero bene. Complimenti!
Ti ringrazio ☺️
Molto originale e direi frizzantino al punto giusto, irriverente, sempre al punto giusto. L’impalcatura che fa da contorno alla fede, vista dagli occhi di una ragazzina in gabbia. Quella stessa impalcatura che, spesso, fa da contorno alla vita, così pesante da tirare giù per vedere cosa c’è oltre. Meno male che c’è il Salvatore. Davvero brava 🙂
Ti ringrazio. ☺️
Non mi aspettavo la svolta finale.
Originale. Brava👏
Molto gentile. Grazie!
Attraverso la tua piacevole scrittura, ben cadenzata dal protocollo liturgico, mi son sentito trasportare in un moto di ribellione, verso ciò che è falso, verso l’ipocrisia reiterata… molto bello: “Laddove però non arrivava la giustizia divina, si arrampicava la mia immaginazione.”; sorprendente e ironico, il finale che regala una sorta di lieto fine. Grazie per la lettura
Grazie, Paolo. 😊
Ciao Teresa. Mi è piaciuto molto questo racconto. Hai mescolato insieme religiosità, dramma e ironia in modo armonico. Davvero bello.
Molto gentile, grazie!
Brava. Mi è piaciuta molto la nota nostalgica che hai inserito nel testo. 🙂
@LordSilvius grazie 😊
Una lettura interessante, complimenti.
@Melania ti ringrazio.
Scritto benissimo, complimenti.
Grazie!
Mi è piaciuto molto. Ha un tono crudo, ironico e sincero. Racconta bene il disagio familiare e quella religiosità di facciata che serve solo a salvare le apparenze. Bello il contrasto tra il rituale rigido della messa e la fantasia della protagonista che fa scendere Gesù dall’altare. È una ribellione silenziosa e immaginata, ma carica di forza. Alcune immagini sono fortissime, tipo il ciuffo sospeso o il padre pietrificato. Scrittura pulita, visiva, diretta.
Davvero un bel pezzo.
Grazie davvero!
Mi piace molto la scelta dei vocaboli che hai utilizzato.
Ti ringrazio.