La mia storia

Secondo il vocabolario la parola stupore significa “forte sensazione di meraviglia e sorpresa, tale da togliere quasi la capacità di parlare e di agire”.

Ecco ciò che lessi nell’espressione del viso di mia madre quando vide le ferite autoinflitte della figlia 13enne. Poi vidi il dolore, tanto dolore. Subito la vergogna mi colorò le guance di un rosso fuoco e iniziai a tremare. Che delusione di figlia, pensai.

Le ferite sul corpo furono medicate ma purtroppo quelle dell’anima non si possono curare con un po’ di disinfettante e una benda, né si possono nascondere dietro magliette a maniche lunghe.

Ero sempre stata una ragazza solare e sorridente, chi si sarebbe mai aspettato una cosa del genere?

Beh sorridente e solare solo alle apparenze. È facile chiudere gli occhi, trarre un bel respiro e indossare un sorriso che non arriva agli occhi, una maschera insomma.

Nonostante tutto il mondo di quella piccola ragazzina si stesse sgretolando sotto ai suoi piedi, lei sorrideva e scherzava e giocava e donava amore.

Era forse quello di cui avevo bisogno?

In un certo senso, posso dire, a distanza di 4 anni, che sì, avevo bisogno di amore, e non della morte, come ho pensato troppe volte.

Ma non l’amore della famiglia o di un amico, quello l’avevo già. Avevo disperatamente bisogno dell’amore per me stessa, una cosa mai sentita, impensabile.

Come impensabile mi sembrava chiedere aiuto, quel 25 gennaio 2021, dopo ben sette mesi di dolore.

Sette mesi di pianti in silenzio nel buio della notte, singhiozzi soffocati dal rumore del ventilatore a soffitto, di federe bagnate dalle lacrime e dal sangue delle ferite dell’anima, troppo profonde per essere viste alla luce del sole.

Ma lo feci e mi costò altra sofferenza.

Andai in terapia ma il problema fu “risolto” solo all’apparenza, mentre nel mio cuore se ne formava un altro a cui non sapevo dare un nome.

Ora so che quel problema si chiama disturbo del comportamento alimentare.

Dal 2021 al 2023 li ho passati un po’ tutti: dalla bulimia, al binge eating, dall’anoressia purging all’anoressia nervosa.

Questa è la diagnosi.

Eppure io non sono anoressica, sento che questo aggettivo non mi appartenga. Non sono nemmeno sottopeso…

“L’ANORESSIA (come tutti i disturbi alimentari) È UNA MALATTIA MENTALE, NON FISICA.”

leggo nel post it attaccato alla parete dietro al mio lettino di ospedale.

Sto scrivendo durante i primi giorni d’aprile, fuori è primavera e dentro un uragano. Sono ricoverata dal 30 gennaio.

Solo a sentire il nome del mese mi viene da piangere. Diciamo che da due anni, gennaio non è stato un bel mese.

L’anno scorso, l’otto di gennaio per essere precisi, persi il mio caro nonno, il mio migliore amico, colui che mi ha fatto da padre quando il mio non c’era. Colui che ho seguito durante il decorso della sua malattia, un tumore al fegato, fino alla fine. E anche dopo.

Il lutto ha bussato così a lungo alla mia porta finchè non l’ho lasciato entrare e travolgermi. Sono sicura che ora non mi vorrebbe vedere stare così male. SCUSA NONNO!

Questo gennaio invece un altro mostro ha bussato alla porta della mia mente: l’anoressia.

L’anoressia mi ha fatto sentire così potente e debole allo stesso momento: il controllo, l’euforia dell’ago della bilancia che cala, i vestiti di prima ora larghi, i digiuni, i capogiri…dall’altro lato però mi ha tolto tutto. Mi ha tolto le emozioni, ogni mio interesse, la forza di studiare, di andare a scuola, mi ha tolto la passione per la lettura e per la scrittura. Mi ha portato via me stessa: mi ha tolto Sarah. Mi ha tolto la voglia di vivere.

Provai stupore anche quando vidi macchie di sangue su quelle mutandine.

Subito dopo seguirono a catena delusione, rabbia, paura e disgusto verso me stessa. Mi sentivo un fallimento. Mi era tornato il ciclo. Era solo qualche settimana che avevo ricominciato a mangiare e il mio corpo già guariva, mentre la mente pian piano si lacerava sempre di più.

Era il 12 marzo e nel bagno della struttura in cui sono ricoverata scoppiai in un pianto disperato. Il mio corpo dava segni di salute, la mia mente un po’ meno.

Sdraiata sul mio lettino scrivo parole di dolore e combatto ora per ora i tre mostri che alloggiano in me. L’anoressia, l’autolesionismo e la depressione.

Ogni minuto è sempre più difficile del precedente e mi sembra che gli sforzi che io sto facendo siano invani, tanto “prima o poi crollerai, non sei così forte come ti dicono”.

TU SEI SARAH, NON LA MALATTIA leggo l’altro post-it.

TU   SEI   SARAH,    NON    LA MALATTIA

TU         SEI         SARAH,        NON       LA MALATTIA

Tu              Sei                 Sarah,                         Non                         La Malattia

tu                         sei                                 Sarah                               non                               la malattia …

BASTA!

IO sono Sarah, NON la malattia.

Io sono una ragazza di 17 anni che per un periodo si è persa, sì, ma una ragazza forte che sta combattendo contro tre malattie ma che nonostante tutto ce la sta facendo.

Sarah è solare, gentile, altruista ed empatica. Sarah è sorridente.

Pian piano me la sto riprendendo.

Questo sì che mi stupisce.

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Discussioni

  1. Ci voglio tre cose per narrare di questi temi così delicati e, al tempo stesso, importanti: coraggio, intraprendenza e audacia. E tu li hai avuti tutti e tre.
    Sei stata in grado di esprimere i sentimenti, le emozioni e le riflessioni della protagonista in maniera vivida e realistica, catapultando il lettore nei suoi pensieri e nei suoi problemi.
    Vi è qualcosa ancora da limare dal punto di vista tecnico, ma nulla che il tempo e l’esperienza non ti insegneranno, date le tue inconfutabili capacità.
    Davvero brava.

  2. Ciao Sarah, per quello che può valere la mia opinione non richesta (come del resto l’opinione di quasi tutti, quella che conta è la tua) trovo che scrivendo tu abbia scelto certamente non l’unico ma altrettanto certamente un modo validissimo per darti una mano, che, lo saprai meglio di me, è il presupposto fondamentale per essere pronti a ricevere aiuto dalle persone che sono capaci di dartelo. Abbiamo tutti dei mostri sotto al letto, siamo tutti dei motori che hanno bisogno di manutenzione, nasciamo già usati. Siamo dei quattro tempi con un carburatore a cui serve sempre una regolata data da un meccanico che se ne capisce. E per fortuna. Se lo tieni pulito e trovi il numero di giri giusti il carburatore è per sempre, l’iniezione elettronica appena ha un gusto la butti via e devi comprarne un’altra. Io spero tanto che tu abbia la voglia di tenerci aggiornati nei tuoi progressi come negli inciampi che presto o tardi capitano sempre, e di farci leggere anche le altre cose che hai scritto e scriverai, qua sei capitata nel posto giusto se hai voglia di raccontare e di raccontarti.

  3. Scrivendo questo pezzo hai dimostrato una forza d’animo e un coraggio senza pari. Sei meravigliosa. Non mollare. Continua a stupirti, e a stupire.