La notte in cui chiedemmo scuse alle stelle. I 

Serie: Desideri


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Notte di San Lorenzo

La porta di casa si richiuse alle mie spalle con un respiro di ruggine. Le scale odoravano di pomodoro e basilico: c’era chi finiva di cenare e chi, come me, saliva a misurare il cielo con il collo. Ogni pianerottolo offriva un frammento di vita: una TV che sbraitava, un bambino in lacrime, un ventilatore intento a imitare il mare. Portavo sotto il braccio una coperta, in tasca un taccuino, nella mente un elenco di desideri che, all’ultimo momento, non trovavano il coraggio di farsi frasi.

Sul tetto la città era un braciere. Finestre accese, fari, cartelloni pubblicitari: una foresta di soli sbagliati. I punti migliori erano già occupati: la signora Paola su una sedia da regista, i gemelli del terzo con una scatola di pizza, l’anziano del quinto che stringeva un binocolo da corsaro. Più in là, una ragazza reggeva un drone grande quanto un gabbiano e lo accendeva con la solennità di un battesimo.

«Si vedranno lo stesso?» domandò un vicino, scettico.

«Si vedrà ciò che ha voglia di farsi vedere», risposi, senza voler fare il saggio.

La brezza alzava dal terrazzo una polvere tiepida, le antenne tremavano di presagi. Mi sdraiai sulla coperta. La guaina del tetto, ruvida, conservava il calore del giorno, un’ombra lasciata in eredità dal sole. Sopra, una notte ancora azzurra, incerta, una ferita che faticava a chiudersi.

La ragazza del drone si sedette accanto a me. Cappellino da baseball, unghie scure, al polso un braccialetto fluorescente.

«Dicono che l’ora migliore sia dopo mezzanotte», disse, controllando il telefono. «Ma se sincronizzo i LED del drone con una scia luminosa, forse ci sentiamo dentro l’evento. Capisce?»

«Capisco», dissi, e nel riflesso dello schermo vidi lo spigolo della mia faccia invecchiato più del previsto.

L’anziano col binocolo parlò al cielo: «Fate le brave, ragazze. Una alla volta. E non fate le timide».

Nel cortile, una risata. In strada, una sirena che si affievoliva, promessa disdetta. Nessuna stella ancora. Ma l’attesa era già una storia.

La prima arrivò senza preavviso: una graffiata bianca sulla lavagna del buio. Qualcuno applaudì, qualcuno sussurrò un nome. Io non dissi nulla; il desiderio più urgente, in quel momento, era il silenzio. Da ragazzo, quando San Lorenzo sapeva ancora di campagna e i lampioni si spegnevano presto, portavo le tasche piene di sogni come sassi da lanciare al fiume: lavoro, amori, viaggi, perfino un cane. Oggi i desideri hanno finestre e password, compaiono in moduli con caselle da spuntare: “Accetti i cookie dei tuoi sogni?” “Vuoi ricevere aggiornamenti?” Li salvo in bozze.

La ragazza del drone sollevò il gabbiano elettronico. Le eliche fischiarono, l’aria vibrò, un reticolo di LED serpeggiò in alto. Bello e irritante, un fuoco d’artificio ammaestrato. Una bambina, dietro di noi, chiese alla madre se le stelle fossero telecomandate.

«Solo quelle cattive», rispose lei, protettiva della magia.

«Lei cosa chiede, stasera?» domandò la ragazza, senza staccare gli occhi dal display.

«Una scusa», dissi. «Al cielo».

«Per cosa?»

Pensai alle sigarette gettate dai balconi, ai weekend presi a rate, all’acqua imbottigliata portata in giro, ai messaggi letti a cui non avevo mai risposto, alle parole risparmiate come monete che avevano perso valore. Pensai alle promesse scadute e al coraggio usato con parsimonia, profumo caro mai spruzzato.

«Per la nostra distrazione», dissi. «Guardiamo, ma non vediamo. Ascoltiamo, ma non sentiamo. Ci sediamo sotto il cielo a chiedere, e ci dimentichiamo di restituire».

Un’altra scia tagliò la volta. La seguimmo col fiato. L’anziano del quinto esclamò: «Bella!» con l’energia di chi rivede un’amante. I gemelli smisero di litigare per un morso di pizza e, per un secondo, si fecero simmetrici. La città abbassò il volume: forse un blackout, forse anche lei aveva qualcosa da chiedere.

La ragazza sorrise storto. «Io chiedo che mia sorella dorma», disse, con la voce di chi non è abituata a dirlo. «Ha dieci anni e la notte le corre in testa una pista da biglie. Vorrei che si fermassero. Solo un giro in meno».

Non sapevo rispondere a una richiesta così precisa. Sfogliai il taccuino: lasciai intatta la pagina, per non rovinarla. Dietro di noi, un ragazzo tentò di baciare una ragazza; fallì di poco, e risero. Il vento cambiò direzione, portando sul tetto un odore di gelsomino e benzina.

Cadde un’altra stella. Poi un’altra. Ogni scia apriva varchi alla memoria: notti di provincia su sedie di plastica con birre sudate, un cane che correva verso il buio, il nome di una ragazza che non pronuncio più per timore di farla ricomparire. I desideri di allora avevano lasciato un deposito calcareo intorno al cuore.

«Secondo lei cadono o tornano a casa?» chiese la ragazza. «Dove finisce tutta questa luce?»

«Torna dove stava prima di essere luce», dissi. «E noi, se siamo bravi, ci ricordiamo di essere stati buio».

Il drone sibilò più forte. Le luci compirono un giro programmato, un rosario elettronico. All’orizzonte comparve la scia più lunga: non un graffio, ma un filo teso tra i margini della notte. Qualcuno gridò; la bambina spalancò la bocca più degli occhi.

«Ora», disse l’anziano col binocolo. «Ora si chiede sul serio».

E chiesi. Non a voce alta, non in lista. Chiesi il coraggio di perdere. Di sbagliare senza travestire l’errore da destino. Una lingua per dire la gratitudine dimenticata. Di ricordare chi sono quando spengo lo schermo. Di poter mancare, e che la mancanza non fosse colpa ma

Serie: Desideri


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Un racconto che cattura con le immagini e i pensieri, e che fa respirare tutta la magia della notte di San Lorenzo. Ho trovato bellissimo il modo in cui intrecci il rito delle stelle cadenti con piccole storie e dettagli quotidiani , odori, voci, gesti , fino a trasformare l’attesa in un momento di riflessione profonda.

  2. “Lorenzo sapeva ancora di campagna e i lampioni si spegnevano presto, portavo le tasche piene di sogni come sassi da lanciare al fiume: lavoro, amori, viaggi, perfino un cane. “
    Come mi rivedo in questo passaggio!!!