La partita a scacchi

Quella sarebbe stata la loro ultima partita a scacchi. Ed entrambi lo sapevano. L’uno di fronte all’altro: due occhi blu, profondi e impetuosi come l’oceano in tempesta, che fissavano due occhi neri color pece. Il destino li aveva messi l’uno contro l’altro appoggiando sul tavolo una scacchiera di ombre e luci.

Fu il generale a muovere per primo: scelse un pedone. Sembrava non aver timore del suo avversario e avanzò di due caselle.

«Non hai paura di me?» rispose l’altro uomo dopo aver osservato la sua mossa.

«No, i miei occhi sono così scuri perché sono abituati a vedere l’oscurità che li circonda. Se avessi paura avrei già perso.»

L’altro uomo lo guardò e poi sorrise: «Eppure dietro la tua sicurezza vedo tanta incertezza» disse spostando uno dei suoi pedoni in avanti di due caselle. Come a volerlo imitare, come a volerlo provocare.

Il generale abbassò lo sguardo e toccò una delle medaglie che portava appuntate al petto: un lembo di stoffa che riproduceva la bandiera italiana e i suoi colori, verde, bianco e rosso, a cui era fissata una moneta d’oro con sopra incisa la figura di un leone.

Passò due dita sopra il leone e lo accarezzò con fiera tristezza.

«Non commettere un errore così ingenuo: non scambiare il dolore per incertezza. Ho visto morire troppi uomini e nella maggior parte dei casi avrei voluto esserci io al loro posto. Ma il loro sacrificio mi ha reso un avversario risoluto e difficile da spaventare. Ho un obiettivo e voglio raggiungerlo ⸺ spiegò ⸺ Tu, piuttosto, non provi alcun pentimento per ciò che hai fatto? Se perdi questa partita ti ritroverai da solo, di fronte a Dio.» continuò il generale.

«Pentimento? Dio? Non esiste nulla oltre la morte, non esiste ragione oltre la vita. Io voglio vincere perché voglio vivere e godere del potere e del rispetto che ho conquistato.»

«Sei un vanesio. Nessuno ti rispetta, la gente obbedisce ai tuoi ordini perché ti teme. E non potrai portare nulla con te. Al contrario ciò che sei, rimarrà.»

«Parli come un prete» disse, l’uomo, muovendo uno dei due cavalli e portandolo di fronte alla torre dell’avversario.»

Entrambi risero.

«A proposito di preti, perché hai scelto i pezzi bianchi? Non sarà che, in fondo, anche tu desideri un po’ di luce?» osservò, il generale, avanzando con la torre fino a ingoiare l’alfiere avversario.

«Vedi? Hai appena fatto la mossa sbagliata. Tu hai scelto la linea dritta, retta, ma quando finalmente riesci a catturare il nemico, ti accorgi che alle spalle ha un pezzo più grosso del tuo» disse mangiando la torre nera con la sua regina.

«Scacco.»

Il generale lo fissò.

«Sai perché ho scelto il bianco?» disse l’uomo.

Il generale rimase in silenzio, attendendo che proseguisse.

«Perché mentre tu ti affanni e lasci morire i tuoi giovani soldati tra le strade della città, io godo della protezione di chi sta al potere. Tu sei il soldatino nelle loro mani, quello che muovono proprio come uno di questi pezzi sulla scacchiera. Fanno finta che gli importi qualcosa di te, del tuo sacrificio, ma poi vengono a chiedere favori a me promettendomi in cambio scappatoie. E sai perché? Perché loro sono come me, vogliono il potere e pur di mantenerlo sono disposti a tutto. Anche a lasciar morire un generale e i suoi soldati.»

Un moto di rabbia colorò lo sguardo del generale che subito si ricompose pensando a mettere al sicuro il re nero.

«Io non lavoro per chi sta al potere, io lavoro per la mia patria.»

«Ma per quanto tu possa sforzarti, non potrai mai salvare il re, se la regina bianca è corrotta e trama contro il re e il suo popolo.»

Il generale sbatté il pugno destro sul tavolo.

«Un giorno, chi ha sbagliato dovrà rendere conto dei propri errori e le mele marce cadranno tutte, una per una.»

«Ne sei così certo? Scacco matto ⸺ disse posizionando la regina bianca di fronte al re ⸺ Come vedi il furbo vince sempre.»

Spinse con l’indice il re nero facendolo cadere di traverso sulla scacchiera e lo guardò trionfante.

Il generale sospirò.

L’altro uomo raccolse i pezzi della scacchiera, li ripose all’interno di una piccola custodia e si alzò.

«Come ci si sente ad essere stato sconfitto da un criminale qualunque, generale?»

Il generale rimase seduto, ma sollevò il viso e gli sorrise.

«Non ho perso, ho solo fatto in modo che il bianco vincesse. Perché, anche se la regina è corrotta, il cuore del re, del popolo, rimarrà sempre pulito.»

Il criminale lo guardò con disappunto.

«La partita l’ho comunque vinta io, le tue parole hanno poco senso.»

«Oggi tu hai vinto una battaglia grazie alla regina bianca, ma domani sarà il re bianco a schiacciare tutti i criminali come te e lo farà senza guardare al colore che indosseranno. Perché ci saranno divise come la mia ad aiutarlo. Noi siamo leoni, voi siete pecore con la pistola. Ricordalo quando correrai a piangere tirando le vesti alla regina bianca per chiederle di farti uscire da questo posto.

E adesso, se permetti, sono atteso» disse abbandonando il suo interlocutore all’interno della cella che lo custodiva.

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Discussioni

  1. Una bella idea quella di rappresentare il confronto tra figure antitetiche attraverso una partita a scacchi, ma difficile. Benché sia solo un eccipiente, credo ci volesse maggior cura; con riferimento al gioco, apri dicendo: “fu il generale a muovere per primo”, ma a scacchi la prima mossa sta a chi ha i pezzi bianchi e più avanti nel racconto (la scelta dei pezzi è pure enfatizzata…) si legge che i bianchi li aveva l’avversario. Inoltre, per cucire meglio addosso all’avversario la figura del criminale sarebbe stato intrigante contraddistinguerlo con mosse tipiche di chi è spregiudicato, ma con gli scacchi è arduo (pochi hanno una conoscenza tale da apprezzarlo), forse più adatto un gioco di carte come il poker, meno nobile, forse, ma più calzante con la malavita (si può barare…). E’ solamente un mio punto di vista, ovviamente. Ti ringrazio per lettura che è in ogni caso stimolante

    1. Ti ringrazio per questo commento. Sono osservazioni sacrosante che accolgo con piacere. Come avrai capito non sono un esperto giocatore di schacchi e di conseguenza nemmeno i due protagonisti possono esserlo, era facile che commettessi errori anche banali, ci giochiccio ma con la stessa preparazione di un bambino non esperto. Grazie a te posso riflettere meglio su questo tipo di aspetti. Un lettore preparato si aspetta che chi scrive non commetta di questi errori, io in realtà nemmeno ci avevo fatto caso proprio per mancanza di conoscenze. Anche l’idea del poker non è male, però gli scacchi come gioco tra forze opposte mi intrigava di più anche perché qui il criminale non bara ma segue le regole dell’ “antistato” che poi coincide con lo “stato”. La qualità delle mosse purtroppo dipende dalla mia poca conoscenza. Questo commento mi sta invogliando a essere più preciso prima di avventurarmi in narrative che richiedono conoscenze specifiche. E di questo ti ringrazio.

  2. La scelta di giocare una partita a scacchi è il fulcro della storia, con tutto il simbolismo che si può rintracciare dietro questo “gioco”.
    Ma soprattutto un bellissimo dialogo che lascia molto spazio alla nostra interpretazione tanto da dover essere letto più di una volta, e delinea un codice che in alcuni contesti è fondamentale, come quello legato alla mafia.

    1. Infatti all’interno della partita si nasconde un secondo racconto. E se si guarda al racconto sencondo quest’altra sprospettiva bisogna riuscire a leggere anche le “mosse” per comprenderne il messaggio nascosto. Ti ringrazio per avere letto e mi fa piacere tu abbia colto questo aspetto.

  3. Avevo proprio voglia di leggere qualcosa che mi trascinasse dentro la storia.
    Una narrativa densa e simbolica, dove ogni dettaglio, gesto, mossa sulla scacchiera, costruisce un conflitto che va ben oltre la semplice partita. Gli scacchi qui non sono solo uno sfondo: sono il linguaggio segreto dello scontro, la grammatica di un duello che è prima di tutto filosofico.
    Mi ha colpito la potenza di questa contrapposizione: due uomini, due visioni del mondo, due modi di intendere il potere e il sacrificio. E quel colpo di scena finale, con l’immagine dei “leoni contro pecore con la pistola”, che ribalta ogni cliché sulla forza e ci ricorda dove si nasconde, davvero, il coraggio.
    Una partita che diventa metafora di una guerra più grande. Mi sono sentito come un testimone silenzioso a quel tavolo, mentre il destino dei due personaggi si decideva tra una mossa e l’altra. Complimenti, bellissimo!

    1. Di solito non pubblico racconti di narrativa qui, ma questo racconto mi piaceva e volevo condividerlo. L’ho scritto in un momento in cui ragionavo sulle contrapposizioni tra Stato e criminalità organizzata. Alla fine mi sono deciso e ho optato per la pubblicazione. In fondo le trame oscure e di luce delle nostre anime si nutrono di questo dualismo e mi sembrava interessante pubblicarlo in uno spazio come questo. Grazie per il tuo commento, hai colto gli elementi più importanti. Spesso il senso di un racconto si raccoglie in due o tre frasi che da sole significano più dell’intero testo e come hai ben capito la partita a scacchi nasconde un secondo racconto, una battaglia segreta tra ciò che i due protagonisti rappresentano. Mi fa anche piacere che tu lo abbia gradito. Ci rileggiamo al prossimo scritto. A presto!

  4. Anche se non ho ancora avuto il piacere di guardare il flm, il tuo racconto mi ha fatto pensare a “Il settimo sigillo”. Per gran parte del racconto ho pensato che il criminale fosse in realtà la morte in persona. Bella tutta la dissertazione, mi sono perso un pochino nella morale finale.

    1. La trame è volutamente vaga per dare modo a ciascuno di contestualizzarla. Il dialogo rappresenta uno scontro immaginario tra un generale delle forze armate italiane e un criminale. Ti spiego cosa rappresenta per me la partita a scacchi: la regina bianca è la politica che vuole apparire pura e candida, ma che protegge il criminale, e attraverso il criminale esercita la sua fame di potere, mentre il generale è lì che combatte e difende lo stato, il re nero. Il re del generale alle fine soccombe, ma il generale sa che altri soldati dopo di lui continueranno a lottare e i popolo, rappresentato dal re nero, chiederà e troverà giustizia: è la ragione per la quale continua a combattere. Il re bianco è l’antistato, anche qui il colore scelto non è un caso: l’antistato partecipa alle cerimonie, si cmmuove e versa lacrime ipocrite, ma è il vero nemico che il generale combatte. Alla fine il generale lascia la cella e l'”ospite”che la occupa, perché la mafia è destinata a fare i conti con se stessa e la sua spavalderia, schiava com’è di quella parte dello stato corrotto che quando non ne ha più bisogno la lascia marcire tra le maglie della giustizia.

  5. Un racconto molto particolare. I dialoghi si perdono piacevolmente in interessanti considerazioni. Ad un certo punto ho avuto l’impressione che fosse un monologo. Una partita a scacchi contro la propria coscienza. Bello il finale.

    1. Quando l’ho scritto pensavo al generale Dalla Chiesa; allo scontro stato-mafia. La partita a scacchi è una partita “complessa”: va decifrata per comprenderne il reale significato. Ma qualunque significato le venga attribuito ha un valore perché dipende dalla sensibilità di ciascuno di noi e da cosa quella partita suscita a livello emotivo. Ognuno di noi coglierà un riferimento a qualcosa, non ho volutodare indicazioni precise per lasciare il lettore libero di “interpretare” questa partita. Anche il finale ha la sua chiave di lettura che cambierà da persona a persona. Grazie per avere letto, mi ha fatto molto paicere.