
La pastiglia rossa
Serie: Pillole Rosse
- Episodio 1: La pastiglia rossa
- Episodio 2: Ora vedo tutto
- Episodio 3: Il taglio
STAGIONE 1
4 – La pastiglia rossa
Passi nel corridoio.
Pesanti.
Lenti.
Non Caruso.
Diversi.
La porta si apre.
La direttrice.
Dietro, un uomo in camice.
Il medico.
Rebecca nell’ombra.
La direttrice si avvicina al letto.
«Spogliati.»
Abbasso lo sguardo.
Tiro via la camicia da notte.
La pelle nuda.
Sempre nuda.
«Sdraiati.»
Il letto è freddo.
La luce al neon illumina tutto.
Nessuna ombra.
Il medico indossa guanti azzurri.
Si china.
Mi tocca.
«Apri la bocca.»
Apro.
Il guanto preme sulla lingua.
Lattice, plastica, odore di ospedale.
«Tirala fuori.»
Obbedisco.
Il dito mi schiaccia la lingua.
La tira giù.
Sento il sapore del guanto.
Le mani scivolano sul corpo.
Le dita chiudono intorno ai seni.
Stringono.
Forte.
Troppo forte.
Un gemito esce dalla gola.
Non lo trattengo.
Rebecca ride.
«Allarga le gambe.»
La voce della direttrice è piatta.
Non ammette rifiuti.
Obbedisco.
Le dita del medico entrano.
Esplorano.
Premono.
Cercano.
Poi si fermano.
Si ritirano.
Il medico le guarda.
Una patina bianca.
La annusa.
«Va lavata meglio.»
Rebecca ride.
«Ci penso io.»
Il medico annuisce.
«Usate il sapone, ogni tanto.»
Si infila una mano nel camice.
Estrae un flacone di plastica.
Lo apre.
Il tappo scatta.
L’odore è dolce.
Falso.
Tira fuori una pillola.
Rossa.
«Apri la bocca.»
Apro.
«Solleva la lingua.»
Sollevo.
La pastiglia scivola sotto.
«Abbassa la lingua. Non ingoiarla. Falla sciogliere.»
Il sapore si espande.
Zucchero, veleno, un liquido che cola.
Il medico aspetta.
Controlla.
«Bene. Domani ne prenderai un’altra.»
Il sapore è ancora lì.
Dolce.
Appiccicoso.
Vivo.
Le parole mi escono di bocca.
«Ancora.»
Il medico alza lo sguardo.
Sorride appena.
«Ne vuoi un’altra?»
Annuisco.
«Domani, Mina. Domani, se fai la brava.»
La porta si chiude.
Buio.
Silenzio.
La pastiglia rossa pulsa sotto la lingua.
Un seme piantato.
5 – Che spreco
Buio.
Respiro nel buio.
Le lenzuola sono umide.
La pelle incollata al materasso.
Fili invisibili mi tengono ferma.
I polsi legati.
Le caviglie strette.
Sempre.
Maria dorme accanto.
Sento il suo respiro.
Lento.
Irregolare.
La porta si apre.
L’aria cambia.
Caruso entra.
Allegro.
Sempre allegro.
Si avvicina al letto.
Troppo vicino.
«La medicina la diamo a Maria stasera.»
Sento il rumore dei pantaloni che scivolano a terra.
Un suono familiare.
Caruso si sposta.
Va da Maria.
Lei non si muove.
La bocca semiaperta.
Il fiato pesante.
«Apri.»
Maria non risponde.
Non può rispondere.
Caruso inclina la testa.
Sorride.
Il materasso si abbassa.
Peso.
Calore.
Un movimento lento, pesante.
Maria emette un suono soffocato.
Un gorgoglio.
Un rantolo.
Il letto trema.
Colpi.
Un ritmo sordo.
Maria si contorce.
Un sussulto.
Poi il rumore.
Liquido.
Denso.
Viscoso.
Maria tossisce.
Si piega su se stessa.
Vomita.
L’odore è acre.
Riempie la stanza.
Caruso si ferma.
Guarda.
Ride piano.
«Che spreco.»
Si pulisce con il lenzuolo.
Si riveste.
Il letto ancora sporco.
Maria ancora lì.
La porta si chiude.
Di nuovo buio.
Maria geme piano.
Si contrae.
Respira ancora.
Io no.
Io ascolto.
Io capisco.
Gli occhi aperti nel buio.
La testa limpida.
Io vedo.
6 – Otto giorni
Otto giorni.
Otto pastiglie rosse.
Adesso capisco tutto.
Caruso arriva sempre alla stessa ora.
L’odore prima della voce.
Mi scioglie le cinghie.
Mi gira.
Mi usa.
Entra dentro di me.
Subito.
Senza attesa.
Pochi secondi.
Movimenti inefficaci.
Moscio.
Precoce.
Spinge a vuoto.
Cerca qualcosa che non c’è.
Suda.
Respira forte.
Fa versi inutili.
Si svuota.
Si tira su.
Si sistema.
Si pulisce.
Un animale che ha finito di mangiare.
Un cane che si scrolla l’acqua dal pelo.
Si riveste.
Soddisfatto di niente.
Non mi guarda.
Non serve.
Io sì.
Io osservo.
Rebecca entra più tardi.
Il tubo in mano.
L’acqua gelata.
Più forte di ieri.
Più forte ogni giorno.
Mi guarda mentre lo fa.
Lo fa durare.
Io so il perché.
Ho sentito la loro discussione.
«Ti piace troppo.»
Caruso ride.
«Non è niente.»
«Io sì? Io sono niente?»
«Sei gelosa?»
Silenzio.
La porta che sbatte.
Io capisco.
Rebecca è gelosa.
Non di me.
Di lui.
Il veleno rosso funziona.
La mente è una macchina.
Registra.
Archivia.
Aspetta.
7 – Giocare con i demoni
Parlo.
Poche parole.
Quelle giuste.
Mi siedo sul letto.
La schiena dritta.
Il medico mi osserva.
Cartella in mano.
Mi chiede come mi sento.
Rispondo.
«Bene.»
Mi chiede il giorno della settimana.
Rispondo.
«Giovedì.»
Mi chiede di contare fino a dieci.
Lo faccio.
Piano.
Con qualche esitazione.
Non troppo grande.
Il medico annuisce.
Appunta qualcosa.
Non mi guarda davvero.
Non vuole vedere.
Io sì.
Io vedo tutto.
Lui è rassegnato.
Sa di lavorare in un posto sbagliato.
La direttrice è cattiva.
Non per necessità.
Per scelta.
Rebecca è gelosa.
Di me.
Di lui.
Di tutto.
Caruso è impotente.
Ride per nascondere.
Ho sentito il medico parlare.
Dieci giorni.
Forse trenta.
Dipende dal risultato.
Io ne voglio trenta.
Voglio crescere ancora.
Allora sorrido.
Un piccolo sorriso, innocuo.
Abbasso lo sguardo.
Rispondo con esitazione.
Giusto abbastanza per tenerli curiosi.
Giusto abbastanza per farli continuare.
La direttrice mi studia.
Non si fida.
Il medico mi misura la pressione.
I battiti sono regolari.
Rebecca stringe i pugni.
Vorrebbe farmi male.
Caruso sbadiglia.
Vuole la notte.
Io voglio tutto.
E aspetterò.
8 – Salvo, amore mio
Mi alzo.
Poi crollo.
Il corpo si affloscia sul pavimento.
Le braccia molli.
La testa pesante.
Respiro forte.
Sbatto le palpebre.
«Non sta bene.»
Voci sopra di me.
Il medico.
Mani che mi sollevano.
Mi portano in infermeria.
Lenzuola bianche.
Luce troppo forte.
Sento Rebecca vicino a me.
Aspetto.
Poi inizio a delirare.
«Salvo…»
L’aria cambia.
Un fremito.
Una scossa.
Solo Rebecca lo chiama così.
Solo lei.
Mi agito sul lettino.
La voce più morbida.
Più calda.
«Salvo, amore mio…»
Una pausa.
Un battito nel vuoto.
«Salvo, prendimi…»
Un silenzio teso.
Rebecca è immobile.
Io lo sento.
«Salvo, amore mio… scopami.»
Il suo respiro si spezza.
Non è il mio.
«Come sei duro…»
Le mani di qualcuno mi fermano.
Non importa.
«Salvo, voglio sentire tutto…»
Rebecca ansima piano.
Non parla.
Mi stringono i polsi.
Mi legano.
9 – Effetto collaterale
Infermeria.
Odore di alcool, lenzuola stantie, carne trattenuta troppo a lungo.
Mi lasciano libera.
Un errore.
La porta si apre.
Lui entra.
Camice spiegazzato.
Sudore sulla fronte.
Mani nervose.
Occhi che scappano.
Io lo fisso.
Mi lecco le labbra.
«Dottore…»
Il respiro gli si ferma.
Solo un istante.
Mi sollevo piano.
Ginocchia strette.
Mani incerte.
«Mi porti via.»
Deglutisce.
Fa finta di non capire.
«Caruso mi violenta ogni sera.»
Sento il tremito nella sua mascella.
Non è indignazione.
È altro.
Mi porto una mano alla gola.
Sfioro la pelle.
Mi scopro le clavicole.
«È sporco. Puzza. È impotente.»
Un tic alla tempia.
Un battito più veloce.
Lo osservo.
Aspetto.
Lui non si muove.
Ma il suo corpo sì.
Mi inclino.
La mia mano sfiora la stoffa del camice.
Sento la rigidità sotto.
Non resiste.
«Farò tutto quello che vuole.»
Le dita scivolano sulla sua cintura.
Lo sento contrarsi.
«Sarò la sua amante.»
La stoffa si tende.
«Sarò la sua schiava.»
La sua bocca si apre.
Le narici fremono.
Non parla.
Ma ormai è dentro.
Io lo vedo.
Afferra il cellulare.
Mani sudate.
Nervose.
«Sì… sì, ho un problema con una paziente.»
Una voce attutita dall’altro capo.
Ma io sento tutto.
Effetto collaterale, dicono.
Il medico ripete.
«Forse un sovradosaggio. Forse meglio portarla via.»
Rimane in ascolto.
«Sì. Domani mattina la trasferiamo da voi.»
Chiudo gli occhi.
Fingo di dormire.
Silenzio.
Attesa.
Poi passi.
Lenti.
Un’ombra si china.
Lo sento vicino.
Le dita esitano.
Afferrano la camicia da notte.
La sollevano piano.
Apro leggermente gli occhi.
La sua bocca si apre appena.
Respiro caldo.
Mi tocca.
Senza guanti.
Non come il medico.
Come un uomo.
Gemo.
Fingo.
«Dottore…»
Un sussulto.
La sua mano trema.
Socchiudo le labbra.
Le inumidisco con la lingua.
«Ho sete.»
Il desiderio lo divora.
Lo riduce in cenere.
Il tessuto si abbassa.
Lo sento avanzare.
Il buio si riempie di un altro odore.
Caldo.
Salato.
Scivola sulla lingua.
Come una medicina.
Deglutisco.
Schiudo le labbra.
Sorrido appena.
«Grazie, dottore.»
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Il medico, la direttrice…Sto ancora cercando di capire 🤔 Dove si trovano queste ragazzine? È un ospedale psichiatrico? Un orfanotrofio? O forse sono state rapite? Comunque, se il tuo obiettivo è angosciare il lettore, ci sei riuscito! 😅 Interessante questa tecnica di narrazione.
A proposito di pastiglie rosse, questo sabato abbiamo festeggiato il Carnevale (dove abito io lo si festeggia una settimana dopo) e una tale era travestita da Morpheus e mi aveva chiesto se volevo una pastiglia rossa o una blu