
La prima di Sostiene Pereira
A Pisa c’è una piazza che si chiama San Paolo all’Orto.
In questa piazza ci sono ben due strutture dedicate all’arte, la prima è legata al cinema, e l’altra alle arti sceniche, il famoso teatro Verdi. Il cinema si affaccia con sfrontatezza sulla suddetta piazza, mentre il teatro, per natura più scontroso, le offre le spalle, perché l’ingresso è sulla via che porta, fra l’altro, al Tribunale cittadino.
Siamo in un tardo pomeriggio dell’aprile del 1995, e chi scrive era allora uno svogliatissimo studente di Legge, appena uscito da una noiosa lezione di diritto (quel cinema – ironia della sorte – si riciclava, all’epoca, come aula universitaria).
Assieme allo scrivente, Alberto, l’amico d’infanzia e di mille avventure alla Huckleberry Finn, solo con l’Arno al posto del Mississippi. Mentre ci dirigevamo verso il teatro, per raggiungere le nostre macchine, con la testa piena di facezie, ma anche di perplessità verso un tetro futuro da legulei (estortoci dai nostri familiari), iniziammo a vedere un crocchio di persone che convergeva verso il teatro. Incuriositi affrettammo il passo e ci ritrovammo in mezzo a una calca di persone in abito da sera, che si assiepavano, verso l’entrata.
I nostri occhi di cinèfili in erba non credevano a quello che vedevano. Al di là della grata, che circoscrive il patio del teatro, vedemmo in ordine sparso: Diego Abatantuono che colloquiava con Gabriele Salvatores, freschi di Oscar, lo scrittore Tabucchi che fumava una sigaretta in disparte, Nino Frassica in frac che salutava Arbore e un’altra serie di registi e attori e intellettuali da capogiro.
Mentre cercavamo di riprenderci da quello stordimento, giunse una Jaguar bianca da cui scese… Marcello Mastroianni. A quella visione partì una mitragliata di flash dei giornalisti accorsi, fino a quando il divo non fu inghiottito dal teatro.
Alberto ed io avremmo venduto nostra madre a Gheddafi pur di entrare in quel sogno.
Ci passammo in rassegna rapidamente: lui aveva un maglietta bianca con Topolino, io una T-shirt nera coi buchi sotto le ascelle. Completamente fradici di sudore. In pratica, due peones. Avevamo la stessa probabilità che ha un messicano di entrare nell’America trumpiana. Nel frattempo, fra gli invitati, scorsi la mia professoressa d’italiano del liceo, una delle donne più belle di Pisa. Mi vide, si avvicinò alle grate. Era di una procacità solare, in abito lungo. Provai a farfugliare qualcosa che lei tradusse in “Che diavolo succede qua?”
E ci comunicò che quella era la soirée della prima internazionale (anzi, mondiale) del film Sostiene Pereira con protagonista il Marcello nazionale. Poi, scusandosi, sparì dietro Abatantuono e Salvatores che brindavano con cristalli di Boemia.
Presi dallo sconforto, restammo col naso fra le grate del teatro, ad ammirare quel mondo fatato, a noi pivelli fatalmente precluso.
D’un tratto le luci del foyer iniziarono a spegnersi e ad accendersi in modo intermittente.
Il grande evento stava per cominciare.
Una sottile malinconia ci pervase all’istante. Due energumeni, vestiti da pinguini, iniziarono a fare cenno ai ritardatari di appressarsi in teatro. Stavamo per andarcene, quando mi accorsi della presenza di una signora agée che ci osservava, evidentemente da un po’ di tempo. Aveva le stesse fattezze della Fata Madrina della Cenerentola disneyana. Paffuta, i capelli argentati raccolti in uno chignon, e un sorriso naturale che si aprì ancora di più quando i miei occhi si incrociarono ai suoi. Fermai Alberto e gli indicai la signora, la quale ora ci faceva segno di avvicinarci all’entrata. I due buttafuori, vedendoci avvicinare, misero le mani a paletta per fermarci, ma la signora si fiondò come una furia, redarguendoli. Mise le mani sui fianchi e indicandomi disse: “ È mio nipote! Fatelo entrare!”
I bodyguard si guardarono e, persuasi da tanta convinzione, fecero spallucce. La signora ci tirò dentro nella biglietteria, sussurrandoci: “Salite in piccionaia, alla svelta, e non fatevi più vedere in giro!”
A quelle parole iniziai a correre come un disperato, preoccupato che la magia della inattesa benefattrice avesse un termine, trainandomi dietro Alberto semincosciente. Ma prima di intraprendere la scalinata volli togliermi una piccola soddisfazione (ero, pur sempre, giovane e sciocco). Intercettai la mia professoressa davanti al buffet che parlottava con altre personalità dello spettacolo. Tornai indietro, dribblai un tizio che era la copia di Ennio Morricone, e mi palesai davanti a lei con aria trionfale. Una volta accertato che mi avesse visto, e placata la sete di vanagloria, iniziai a correre verso la scalinata, senza dimenticare di cacciarmi in bocca una tartina al salmone, grattata da un vassoio d’argento. Infine raggiungemmo la piccionaia e ci acquattammo guardinghi, sempre col patema d’animo che qualcuno ci cacciasse a calci in culo.
Ciò che accadde, dopo che le luci furono spente su un teatro gremito all’inverosimile, è storia.
Davanti ai nostri occhi increduli partì la proiezione di Sostiene Pereira. Inutile, forse, aggiungere che Mastroianni interpretò Pereira, un vecchio direttore di giornale che esce dall’immobilismo e si offre alla rivoluzione, in un modo eccelso. Finito il film seguì uno scroscio di applausi interminabile. Apparve quindi l’orchestra. Poi entrò sul palco Dulce Pontes, una cantante filiforme e riccia che presentò il direttore d’orchestra, e a quel punto giunse Ennio Morricone in persona. Osservammo quindi il Maestro sollevare la bacchetta, mentre nel teatro cadeva un silenzio sovrumano, e udimmo la cantante riccia sfoderare una voce vellutata e, allo stesso tempo, potente. Riconoscemmo subito la colonna sonora del film che avevamo appena visto. La canzone era infatti A Brisa do Coração, una melodia struggente che ci riempì gli occhi, e il cuore, di lacrime. Seguirono altri applausi che sembrarono non finire più. All’improvviso un occhio di bue si accese sulla platea, mettendo in luce il grande attore. Altri applausi, mentre Mastroianni conquistava la ribalta. Dopo una breve presentazione del regista, Mastroianni prese il microfono, provò a scherzare col pubblico, ma durò poco.
Sopraffatto dall’emozione, iniziò a piangere a dirotto. Qui gli applausi furono così forti che tememmo seriamente che il teatro, in piedi dal 1867, venisse giù. Mastroianni provò a riprendere la parola, ma riuscì solamente a dire: “Scusate, sarà l’età“. E se ne andò fra le ovazioni. Una volta tornati nuovamente in strada, a notte bella inoltrata, provammo a ricercare la nostra Fata Madrina per baciarle le mani e ringraziarla in ginocchio. Ma, defluite tutte le persone, dovemmo arrenderci all’evidenza: di quella dolcissima signora, che aveva regalato a due anonimi studenti la giornata più inattesa della loro vita, non avremmo mai saputo il nome.
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Bellissima storia, e devo ammettere che muoio d’invidia, perché amo “Sostiene Pereira”. Complimenti per lo stile, ironico quanto basta, con un pizzico di romanticismo nostalgico.
Grazie Tiziana, mi piace, è esattamente quello che ho cercato di fare. Mercì.
Divertente!
Bellissima la scena “Una volta accertato che mi avesse visto…” effetto Beep Beep di Willy il Coyote 😅
Da giovani si fanno queste cose. Con l’età – per fortuna – si ricerca altro. Tipo il vostro apprezzamento. Grazie.
Sicuramente, coltiva sempre anche il tuo “bambino interiore”.
p.s. Scrivi davvero bene
Bontà tua.
Ho letto il tuo affascinante resoconto di una serata tanto inaspettata quanto magica, a mio marito che, rapito, mi ha ascoltata fino alla fine. Bravissimo davvero per questa condivisione così commovente. Grazie
Grazie, Cristiana. Molto bella questa cosa che leggi a tuo marito, la trovo così poetica. Bello!
I figli della generazione del sogno, ovvero di un’ utopia mai sbocciata, hanno sempre vissuto in un piano sospeso tra “pacco e realtà”, ammantati da fasci energetici visibili solo a coloro che, come la fata madrina, avevano ancora tracce di arcobaleno nel cuore.
O forse, la voglia di sognare dell’ epoca, acuita da un amico speciale e compare inseparabile, era talmente potente da rendere possibile l’ impossibile, magari creando, per l’ occasione, ologrammi strumentali ai desideri.
O forse ancora, quel compare, figlio iconico di quella generazione, era portatore sano della magia dell’ epoca, e, forse per questo, alla dogana con questa nuova epoca, materialista utilitarista e pragmatica, gli è stato precluso il passaggio….
Grazie Gabriele, sì esatto.
Grazie anche dei preziosi feedback. 🙏🏻
Bello. Sembra tutto vero e si legge con curiosità e con i volti indimenticabili di Marcello Mastroianni e del maestro Ennio Morricone davanti agli occhi. Si potrebbe leggere anche con un pizzico di invidia per chi ha avuto la fortuna di assistere ad un evento così straordinario. Un’occasione simile non capita a tutti. Probabilmente non avrò mai la fortuna di viverne neanche mezza, con qualcuno dei personaggi presenti alla prima di “Sostiene Pereira” ancora viventi.
L’ unico che incontro spesso, a figura intera, cartonata o in qualche poster, é Nino Frassica, per la campagna pubblicitaria della famosa finanziaria, ma é un incontro decisamente meno interessante.
Ciao M. Luisa, innanzitutto grazie del tuo commento, e dell’apprezzamento.
Quello che hai letto è la cronaca (quasi) precisa dell’evento a cui ebbi la fortuna sfacciata di partecipare.
Ora che mi ci fai pensare forse Frassica è l’unico su cui ho dei dubbi ma era per rendere l’idea di come a quell’evento ci fosse tutto il mondo dello spettacolo, o quasi. Grazie!