La rossa di Viale Cimitero

La mia amica Gio’, dopo il matrimonio era rimasta incinta e aveva deciso di lasciare subito il lavoro, per dedicarsi al bambino che aspettava con ansia. L’idea di diventare mamma a tempo pieno la entusiasmava; anche perché il lavoro di cassiera al centro commerciale era diventato troppo snervante. Il bambino era nato in coppia con una gemella vispa e cicciotella. Accudire due bambini richiedeva tanto impegno,  giorno e notte. Uno dormiva e l’altra piangeva. Certe volte piangevano in coro: un duetto eccezionale, con un do di petto da tenori, per fame, mal di pancia, pannolino bagnato… E poi i dentini, il morbillo, la febbre alta… La cicciotella era insaziabile. Il latte che succhiava dal seno materno non le bastava mai: mordeva i capezzoli che finivano per sanguinare. Gio’ era stravolta. 

Prima di sposarsi aveva i capelli sempre perfettamente piastrati, puliti, ordinati. Lo smalto sulle unghie, allungate con quelle finte, era sempre lucido e impeccabile. Profumava di bagnoschiuma alla vaniglia o di sapone di Marsiglia, degli indumenti freschi di bucato. Dopo il parto i capelli erano sempre mosci o elettrizzati e scarmigliati,  tenuti su con la pinza; oppure legati da un elastico, a coda di cavallo, con qualche ciocca sempre fuori posto. Le unghie erano cortissime, un po’ rosicchiate. Qualche volta odorava di latte rigurgitato e persino di cane bagnato. Oltre i gemelli c’era anche Bimbo, un cane pastore fonnese più  grosso di lei, che le saltava addosso coprendola di peli e leccandole la faccia, sporca di omogenizzato.

Io la chiamavo spesso e qualche volta le proponevo di andare al parco giochi; oppure al giardinetto dietro casa nostra, a prendere un gelato al chioschetto. Gio’ rifiutava sempre. Se ne stava tutto il giorno in pigiama e pantofole, trascinando stancamente le due teste degli ippopotamo di peluche, attaccate alle punte delle babbucce. Quando i pigiami erano tutti da lavare, allora indossava una tuta da ginnastica color grigio topo che le dava un aspetto ancora più mesto. La spesa la faceva Carlo, suo marito, che lavorava lontano, usciva alle cinque del mattino e tornava tardi ogni sera, stanco e un po’ assonnato. Si addormentava sul divano dopo tre minuti davanti alla TV. Solo il sabato e la domenica stava in casa anche lui, con Gio’ e i bambini. Collaborava in tanti modi: passava l’aspirapolvere, stendeva il bucato e cucinava cibo in abbondanza da mettere anche nel freezer. Ogni sabato pomeriggio tosava il prato del loro giardino, innaffiava i fiori, rastrellava gli aghi di pino e portava i sacchi pieni all’isola ecologica.

Carlo è stato sempre una persona disponibile con tutti: amici, parenti, conoscenti e persino con gli sconosciuti, anziani, che incontrava per strada.  Un sabato mattina era uscito per comprare il pane dietro l’angolo ed era tornato dopo  un’ora, per aiutare una vecchina ad attraversare la strada, comprare la frutta dalla bancarella e accompagnarla a casa, tenendo in mano le sue buste.

Nei confronti di Gio’ era stato sempre premuroso, comprensivo e collaborante. Uno dei pochi esemplari di maschi  adulti che non trascuravano mai un compleanno, un anniversario o un San Valentino, senza un fiore o un dolce  o un piccolo, modesto gioiello.

Il giorno che i gemelli avevano compiuto cinque anni, nel bel mezzo della festicciola, con tanti invitati, era uscito di casa con la sua Panda grigia ed era tornato dopo alcune ore.

Da quel giorno, ogni sabato, riponeva il tosaerba in garage e, lavato e profumato, indossava pantaloni e camicia ben stirati con le sue stesse mani di fata. Usciva di casa, dicendo a Gio’ che stava andando a fare due passi. Tornava dopo due ore esatte, con la faccia felice e soddisfatta di chi ha ricevuto un grosso aumento di stipendio o una gran bella eredità.

Gio’, con il passare del tempo, era diventata meno apatica, riusciva a concedersi calde docce prolungate con il suo bagnoschiuma preferito alla vaniglia; prima che i gemelli tornassero dalla scuola materna con il minibus. A fine giornata era comunque stanca e soprattutto preoccupata per il comportamento del marito, sempre più strano.

Un pomeriggio mi aveva chiamato al cellulare e mi aveva chiesto se potevo tenerle i bambini. Aveva deciso di seguire il marito, a distanza, per capire dove andasse a finire ogni sabato sera.

Per non essere riconosciuta, nel caso lui si fosse voltato e l’avesse notata in lontananza, si infilava una parrucca, occhiali da sole e mascherina. Per non destare sospetti mostrando la sua corporatura, era riuscita a procurarsi un lungo sari pakistano e un jilbab: una tunica nera abbondante, che la copriva fino alle caviglie. Alternava questi indumenti con un ampio impermeabile maschile grigio e un altro beige, insieme a un cappello che aveva rimediato al mercatino dell’usato.

Il primo sabato l’aveva perso di vista quasi subito: come investigatore, a parte il trench, non era un granché. Forse lui era salito sull’autobus che stava passando in quel momento; oppure si era fatto rimorchiare da qualcuno con la macchina. Poteva essere una donna – aveva pensato Gio’ –  qualcuna con cui aveva un appuntamento.

Il secondo sabato aveva perso le sue tracce in prossimità del bar  Caffè Teomè, tra la lavanderia a gettoni e l’ufficio postale, che a quell’ora era chiuso. Gio’ aveva pensato che il marito fosse entrato al bar e lo aveva aspettato fiduciosa, rincuorandosi, per una attimo. Le dispiaceva, quasi, per aver dubitato della sua fedeltà. Forse Carlo usciva di casa solo per sgranchirsi le gambe e consumare una birretta al bar. Lo aveva aspettato inutilmente, per mezz’ora, nascosta dietro la pensilina dell’autobus. Il bar aveva un’uscita di emergenza; probabilmente era uscito da lì per andare dalla sua amante che lo stava aspettando sul retro.

Il terzo sabato era riuscita a stargli dietro per un tratto molto più lungo. Il percorso era sempre lo stesso: casa, Corso Rossini, Piazza Giuseppe Verdi, Viale Monteverdi… All’incrocio tra Viale Monteverdi e Via Bellini, l’aveva perso di vista un’altra volta.

Il sabato successivo era rimasta appresso a lui fino a raggiungere la periferia, in prossimità del cimitero. La sera, lungo il viale, c’erano le ragazze straniere che si prostituivano. Gio’ era sicura, a quel punto, che suo marito la tradisse. E non aveva alcun dubbio che andasse con qualcuna delle ragazze ferme sul marciapiede, in attesa di clienti. Mentre pensava, in preda all’agitazione, a quella che ormai era diventata una certezza, Carlo era di nuovo svanito nel nulla.

All’ennesimo tentativo aveva scoperto che lui, dopo aver imboccato il Viale Cimitero, aveva varcato il cancello spalancato all’ingresso di un piazzale, interamente recintato da un’inferriata, sul lato opposto a quello del marciapiede dove sostavano le ragazze. Era uno spiazzo enorme, pieno di macchine in vendita e da noleggio.

Gio’ si era nascosta dietro un fuoristrada, vicino all’ingresso, mentre continuava a seguire con lo sguardo i passi frettolosi del marito. Dopo pochi minuti era tornato indietro, passandole vicino senza accorgersi di lei, alla  guida di un’ auto rosso fiammante. 

Gio’ conosceva bene quella macchina: era una Spider che Carlo aveva ereditato da uno zio, appassionato di macchine sportive. Prima che i gemelli nascessero, lei gli aveva chiesto di venderla. Era una macchina poco adatta per un uso famigliare, con due bambini e passeggini da scarrozzare. E poi mantenerla costava troppo; soprattutto per un consumo eccessivo di carburante. Il mutuo della casa, con giardino e cantina, assorbiva gran parte delle loro risorse economiche. A malincuore Carlo l’aveva ceduta a una concessionaria. Il proprietario era morto: tutte le auto erano state rilevate dal fratello che possedeva il parco macchine da  noleggio.

Ogni sabato sera, alle 18 e 30 in punto, Carlo andava a prelevare la tanto amata Spider rossa e faceva un lungo giro, a tutto gas, fino al lungo mare, sentendosi gasato come un pallone pieno di elio, libero di volare, finalmente in alto, nel cielo. Alle 19 e 30 la riconsegnava, puntuale. Quando rientrava   a casa aveva l’espressione pienamente appagata di un uomo che ha appena posseduto la sua bella amante rosso fiammante.

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Discussioni

  1. Un ritratto di vita famigliare delizioso e rincuorante.
    Basta una doccia col tuo bagnoschiuma preferito o un giro in macchina per azzerare lo stress e la stanchezza della giornata.
    Molto bello davvero

    1. Grazie ShanLan. Sono d’accordo con te sul bagnoschiuma che abbia l’aroma che ci piace. E poi, per chi condivide la nostra stessa passione per libri e libriCK, basta – che so – l’ ultimo di Pif “La disperata ricerca d’ amore di un povero idiota” o dedicarci a scrivere e pubblicare su Open, il nostro ultimo – ma non ultimo – racconto, che sia un piccolo svago per noi e per qualcuno che lo leggera`.

  2. La felicità sta nelle piccole cose e soddisfazioni. Mi è piaciuto molto il racconto di questo marito che ritaglia queste ore tutte per sé, senza nuocere a nessuno. A mente libera, il peso e le stanchezze che si accumulano sembrano più leggere da portare. Tutti dovremmo avere un “appuntamento” con noi stessi almeno una volta la settimana.

    1. Se ciascuno di noi si ritagliasse un po` di tempo per se`, per le piccole cose che ci appagano, saremmo tutti piu` sereni, anche chi ci sta vicino. Uomo o donna che sia, un po’ di sano egoismo non guasta; anzi aiuta a curare, o a lenire, le ferite dell’ anima.

  3. Per ispirazione e stile mi ha ricordato la letteratura giapponese odierna, storie molto scorrevoli con un tono ironico e leggero, mi viene in mente il romanzo uscito adesso “I miei giorni alla libreria Morisaki” che ti consiglio se vuoi per potenziare il tuo stile, oltre che per hobby. Se posso permettermi una critica, malgrado la tecnica sia evidente nella scelta delle parole e nella cura del dettaglio, ci si perde un po’ per quanto riguarda il ritmo. Voglio dire che questo brano ha molti passaggi drammatici, che nel singolo paragrafo o momento meriterebbero un’intonazione diversa, perché se così non fosse i passaggi salienti vanno ad appiattirsi nel testo. E’ come un attore di teatro che quando recita, certe frasi le dice con tono basso, altre quasi le urla, altre sono corte e altre lunghe: la varietà di intonazioni potrebbe far volare più in alto questo racconto, che comunque ho apprezzato

    1. Grazie David, faro` tesoro dei tuoi suggerimenti di scrittura e seguiro` il tuo consiglio di lettura. Sei la seconda persona che mi associa ad un genere di narrativa giapponese. Boh! Sara` per le lunghe frequentazioni ai corsi di Ohashiatsu, con meditazioni a iosa in posizione zazen, non sempre comode e piacevoli, soprattutto i primi tempi.😀

    1. Non ti preoccupare per il nome sbagliato.
      Rispondendo alla tua richiesta: sì, mi è piaciuto, ma non ci saprei speculare sopra. Posso dire che la storia funziona ed è spiritosa

  4. Simpaticissimo questo racconto Maria Luisa! Ammetto di aver pensato ad un tradimento, mi è piaciuto molto di più il tuo finale! Suggerimento per Giò, salire sulla spider pure lei assieme al marito e per 1h dimenticare l’esistenza dei gemelli 😂

    1. Grazie Carlo. Avevo in mente Viale Cimitero, dove c’ e` qualcosa di simile a un parco macchine usate. Il tradimento classico mi sembrava un finale troppo scontato. Ho giocato col titolo, alludendo, per usarlo come esca.