La stanza

Apro gli occhi, sono nel mio spazio, una stanza dalle infinite pareti.

Una di esse d’improvviso sparisce, dall’altra parte una stanza come la mia, con al centro un’altra persona.

Ci guardiamo, ci avviciniamo, ma ci separa una barriera. Cerchiamo di parlare, ma il suono non raggiunge l’altro, riusciamo a comunicare solo a gesti.

Vedo dalla sua stanza altre pareti aprirsi, mi dedica meno tempo… lo vedo più felice mentre interagisce con gli altri, inizio a costruire un muro di mattoni. Cerca di fermarmi quando lo nota, ma non dura a lungo, presto torna dagli altri. Più perde interesse in me, più si fa piccolo il portale. Ha smesso da tempo di cercare di fermarmi.

Non riesco a finire la nuova parete, il portale sparisce prima.

L’ultima cosa che vedo dall’altra parte, è che ha trovato qualcuno che riesce ad entrare nella sua stanza… buon per lui.

Passa del tempo, si aprono molte pareti, la maggior parte si chiudono in poco tempo, alcune durano un po’ di più, ma nessuna rimane a lungo.

Nessun portale rimane senza mattoni, non sempre però sono piazzati solo da me.

Passa dell’altro tempo, si apre un portale diverso. Dall’altra parte lei, ci guardiamo, temendo entrambi che la barriera ci tenga separati, ci avviciniamo cautamente, tendiamo la mano l’un verso l’altro, e per la prima volta sento un nuovo tipo di contatto, di vicinanza, di comprensione, e poco dopo, le due stanze iniziano ad unirsi… nonostante ciò, le nostre voci rimangono inascoltate.

Passiamo molto tempo assieme, ma in questo posto nulla sembra essere eterno, pian piano le nostre stanze si dividono. A quel punto non riusciamo più nemmeno a guardarci negli occhi attraverso la barriera, ed entrambi iniziamo a costruire un muro dalla nostra parte della barriera.

Continuano ad aprirsi e chiudersi stanze da entrambi i lati, e questo ci porta a dedicare meno tempo alla costruzione del muro, fino a quando non ci rendiamo conto che la nostra esperienza condivisa ci permette comunque di comprenderci meglio.

Cerchiamo di rimuovere allora i mattoni tra di noi, alcuni vengono via facilmente, altri con qualche difficoltà, ma ve ne sono di inamovibili, oramai permanentemente in posizione.

Passa del tempo, stiamo spesso ad altre pareti, ma quella che condividiamo rimane oramai stabile, sappiamo sempre che, se abbiamo bisogno, l’altra persona è li per noi, nonostante questo, il forte desiderio di riunire le due stanze è però svanito, e forse questo ci da forza.

Mi guardo attorno, innumerevoli pareti sono passate dalla mia stanza, molte spariscono in fretta, alcune solo dopo che il processo di muratura è iniziato, altre solo dopo che la muratura è completa. Rimane una minuscola parte però che rimane, nonostante il muro tra di noi sia stato completato da tempo, dove ogni contatto è oramai impossibile.

Nel tempo ci sono state altre persone con cui ho voluto superare la barriera, ma non mi è mai stato possibile.

Appoggio la schiena alla parete condivisa con lei, cerco di nascondermi dietro i mattoni, per non farle notare la mia tristezza, ma non serve a nulla, in poco tempo è appoggiata dalla sua parte di barriera. Inizio a pensare che questa sarà eterna.

Le sussurro un muto ringraziamento, so che non può sentirmi. In quel momento però mi rendo conto che nemmeno io sono mai riuscito a sentire quello che dico.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Young Adult

Discussioni

  1. Un racconto molto interessante e sicuramente non semplice da condurre. Una lunga metafora dei rapporti fra le persone che tu hai immaginato come pareti di vetro oppure di mattoni, attraverso le quali non sempre vediamo, ascoltiamo, tocchiamo o sentiamo. Pareti che si ergono velocemente e altrettanto velocemente si abbattono, seguendo le nostre inclinazioni. Scritto molto bene, in maniera chiara. Complimenti

  2. Il tuo racconto è molto particolare. Esplora con straordinaria sensibilità le dinamiche dell’incontro e della separazione, utilizzando la metafora delle stanze e dei muri con coerenza narrativa e potenza visiva. La struttura ciclica (aperture, tentativi di connessione, costruzione di barriere) riflette in modo efficace il ritmo discontinuo delle relazioni umane. Complimenti, sei molto bravo!

  3. Un racconto che riesce a trasmettere con forza l’inquietudine, la solitudine e la fatica di comunicare davvero con gli altri. Ho colto l’aspetto psicologico e sociale, ma c’è anche qualcosa di più: la difficoltà di ascoltare se stessi, la tendenza a costruire muri per difendersi e poi restarne prigionieri.
    Mi è piaciuto il modo in cui il testo parla delle relazioni come spazi che si aprono e si chiudono, lasciando però sempre qualche traccia. Il finale è lucidissimo: il vero silenzio non è quello degli altri, ma quello verso noi stessi.
    Un racconto essenziale, vero, che lascia il segno.

    1. Sono grato che sia di tuo gradimento, è un racconto che è rimasto a ribollire e rigirare dentro di me per anni, e credo di averci messo dentro anche più di me di quello che pensavo all’inizio, ammetto che averlo finalmente messo su carta mi ha aiutato anche a ragionare su alcuni aspetti di me che nel quotidiano fatico a toccare, e spero che possa essere d’aiuto ad altri a fare lo stesso, er questo, nonostante non sono solito pubblicare i miei racconti, questo ho deciso di metterlo in nudo

  4. Hai scritto un testo intenso e struggente, quasi kafkiano ma con una vena di umanità profonda, che lo rende più vicino a Italo Calvino (penso a Le città invisibili) o a certe visioni intime di Haruki Murakami. Potrebbe essere il primo capitolo di una storia.

    1. Ti ringrazio delle belle parole, ma devo ammettere che negli ultimi anni ho letto poco e nulla, e quindi non conosco Haruki Murakami, vi è qualche suo titolo in particolare che consiglieresti?
      Per la possibilità di essere un primo capitolo di una storia ammetto invece di non vederla, per me questo è uno spruzzo di una ciclicità continua, e va già a toccare anche elementi del mio vissuto per me importanti, e mi sembrerebbe sminuirne l’importanza se dovessi espandere sugli stessi.

      1. Norwegian Wood (Noruwei no mori, 1987) Il più conosciuto e venduto. Un romanzo intimista, realistico, che ha consacrato Murakami al grande pubblico. Racconta l’amore giovanile, la perdita e la depressione, in un Giappone degli anni ’60. Il titolo è ispirato alla canzone dei Beatles.