La star maledetta

La lunga notte continuava.

Un tunnel.

Michael si tolse gli occhiali da sole, non aveva voluto che il tassista e il padrone del motel lo guardassero negli occhi, vide che aveva delle occhiaie spaventose.

Tutto è brutto.

Ogni cosa è brutta.

Nulla si salva.

Neppure si preoccupò di svuotare il trolley, dal marsupio prese una bustina di coca, la svuotò su un vassoio che si trovava sul tavolino, arrugginito, e con una carta di credito formò delle righe. Adoperò una banconota da un dollaro – nemmeno cinquecento – a mo’ di cannuccia per tirare su.

Adesso si sentiva meglio.

Subito dopo, no.

Andò al trolley, prese una bottiglia di whisky poi un’altra e un’altra ancora. Erano tutte integre, strano, allora perché sentiva umidità?

Una si era rotta, come poté accorgersi ritirando una mano con un taglio.

Idiota, pensò al tassista che l’aveva accompagnato fin lì. Gli aveva raccomandato di fare attenzione. Se era per questo, l’”idiota” era pure per se stesso. Si detestava.

Si medicò alla bell’e meglio il taglio con un brandello di camicia che aveva preso dalla valigia e strappato a brani, poi barcollando e tracannando whisky da una bottiglia, andò in bagnò.

Riempì la vasca.

Versò un bel po’ di bagnoschiuma, e si ricordò dell’ultima scena che aveva girato. Lui, dai kolossal di Hollywood al porno più infimo e abbietto. Se fosse sopravvissuto a tutto quel che stava facendo, forse sarebbe morto per una malattia venerea.

Quell’ultima volta il preservativo si era rotto e lui aspettava il risultato del test, se era sano o meno.

Nel frattempo tirava su droga, si ubriacava.

Distrutto, si sbarazzò dei vestiti, li appallottolò e li scaraventò in un angolo del bagno. Si gettò nella vasca senza preoccuparsi di far uscire l’acqua.

Non me frega niente, pensò. Di nulla.

Bevve altro whisky, sentì l’impellente bisogno di prendere altra cocaina. L’aveva lasciata nella camera da letto.

Il bisogno diventò sempre più forte, si sentì la nausea, un forte mal di testa come se il cervello gli volesse saltare fuori dal cranio, provò a rialzarsi, ma non ce la fece, le braccia gli formicolavano.

La bottiglia cadde nella vasca, si ruppe, il whisky si mescolò al bagnoschiuma e lui fece attenzione a non tagliarsi sui cocci, ma gli venne un sonno tale che si disse: Dormo un po’, sniffo dopo.

La lunga notte.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Ciao Kenji! Un racconto nero e senza speranza, come piacciono a me, con tanto simbolismo (il tunnel, la notte). Mi ricorda i personaggi del cinema di Aldrich, attori schiacciati dal successo, autodistruttivi (‘Il grande coltello’, su tutti)👏🏻

  2. Storia di una caduta che purtroppo ne ricorda molte reali. Mi viene in mente Pantani per citare un esempio. Bella l’immagine della banconota da un dollaro: funziona anche senza citare l’opzione dei 500. In ogni caso rende l’idea della fine della ricchezza e della notorietà.