La strana metamorfosi d’Isabel Smith

Serie: Metamorfosi


Storie di metamorfosi

Un ragno. Isabel Smith fece una smorfia. Tutta colpa degli incubi che la tormentavano. L’animaletto si arrampicò sul tronco di un albero. Lei affrettò il passo. Non poteva arrivare tardi. Andava alla migliore scuola di Londra e doveva essere scelta come reginetta nello spettacolo di chiusura. Un tripudio di rosa, cuori e orsetti. Sorrise, fiera di sé. Erano quelle le cose fatte per lei. Non come nel sogno che la tormentava, dove era una strana ragazzina con gusti discutibili e con una famiglia ancora più discutibile. Cercò di ricordare il nome. Era qualcosa come Tenebre. Isabel fece una smorfia. Lei non era così. Amava il sole, le cose belle. Non le ragnatele, il nero, i castelli diroccato. Il pensiero le procurò un brivido e non fu di semplice dispiacere. Lo ignorò.

Ormai era arrivata. La scuola si ergeva davanti a lei, grigia e con un velo di tristezza. Isabel vide una figura appoggiata al muro. Una sigaretta in bocca, un piede appoggiato contro lo stipite della porta, la gamba che disegnava un triangolo. Jessica. La gotica. A scuola la conosceva tutti e la evitavano. C’era qualcosa di strano nell’aria quando c’era lei. Un sentore pungente, come un coltello. Una lama gelida tra le scapole. Non era piacevole, eppure quel giorno Isabel provò una sensazione positiva, come un bacio brutale che ti scuote tutta. Doveva essere colpa del sogno. Le passò davanti senza guardarla. Come faceva ogni volta.

La prima lezione era biologia. Isabel entrò in aula e vide l’enorme uomo con gli organi esposti che la professoressa portava per spiegare l’anatomia. Normalmente l’odiava. Quel giorno le piacque.

«Isa, ti ho tenuto il posto» la chiamò Albert.

Isabel si fermò. Quel ragazzo sempre vestito di nero di solito le dava un senso di fastidio. Non quel giorno. Si accomodò vicino a lui. Plic, plic, plic. Uno strano rumore. Isabel voltò la testa e le parve di vedere una mano verdastra che batteva le dita contro la finestra. Come uno zombie. Assurdo. Sbatté le palpebre. La mano scomparve. Tutta colpa di quello stupido sogno.

All’uscita dall’aula trovò Claire. 

«Isa, stai benissimo con questo vestito» le sorrise «posso scambiare due parole?»

«Certo» l’abito le sembrò troppo rosa.

«Senti, per il ruolo di reginetta, vorrei candidarmi io.»

«Tu?» Isabel si sforzò di mantenere il sorriso. Le avevano insegnato che l’apparenza era tutto, che bisognava sorridere sempre.

«Non pensi che sarei meglio di te?»

No, non lo pensava. «Devo andare a lettere» la superò, il cuore che le scavava nel petto come un piccolo animale.

Era a metà corridoio quando un brivido le percorse la schiena. Alzò la testa e lo vide. Jules. Era lui. Lo sguardo che vagava ovunque. Le labbra serrate. Quella sorta di diffidenza addosso. Non il ragazzo fatto per lei. Isabel sentì il cuore sobbalzare. Lei non avrebbe mai dovuto guardare uno così. Sua madre non avrebbe approvato. Ancora meno lo avrebbe fatto suo padre. Isabel doveva avere un ragazzo di un altro genere. Il primo della classe. Una promessa del football. Il migliore attore del club di teatro. Un’eccezione insomma, qualcuno che avesse del talento. Jules aveva talento solo nel cacciarsi nei guai. Chissà perché a Isabel la cosa non dispiaceva. Oh, doveva essere impazzita. Forse si stava ammalando. Si sentiva strana in un senso che non avrebbe saputo definire.

«Ciao, Isa.»

La ragazza trasalì, un groppo in gola a soffocarla. Fu consapevole degli occhi di lui su di lei, come pugnali appuntiti. «Ehm, ciao» borbottò. 

«Quel vestito ti sta molto bene.»

La pelle le bruciò. Non era abituata ai complimenti, non dai tipi come Jules. Nella mente le esplose l’immagine di lui che s’inginocchiava e affondava il viso nel suo ventre. Trasalì. Corse via, seguita da una risata.

A mensa c’erano i pancake rosa. Piccoli cuori rossi di zucchero ci brillavano sopra. Il dolce preferito di Isabel. La ragazza allungò una mano per prenderlo. E poi la nausea l’assalì. Un conato che la fece tremare.

«Che ti succede?» cinguettò Claire. Se ne stava al suo fianco, come l’amica che in realtà non era.

«Nulla, non mi va» si guardò intorno. L’attirò una tortina rotonda con un pipistrello sopra e un liquido rosso che gli scivolava intorno. Rosso come il sangue. Isabel sentì un brivido. Quello andava bene. La prese e la posò sul vassoio.

«Come puoi mangiare quella roba?» gemette Claire.

«Sembra buona» le guance di Isabel avvamparono. Appoggiò il vassoio al tavolo più vicino e si sedette.

«Non ti lamentare se ingrassi allora» storse il nasino «e comunque non puoi fare la reginetta, sei troppo, ehm, sgraziata.»

Isabel sentì un formicolio alla punta delle dita. Non sapeva di che cosa si trattasse. Non aveva mai provato qualcosa di simile.

«Io sarò una reginetta migliore, credimi, io… »

«Devo andare in bagno» Isabel si alzò, i capelli biondi che le cadevano sul volto, infastidendola.

«Ora?»

Isabel non rispose. Il formicolio stava peggiorando. Si diresse verso il bagno. Il cuore le schizzò in gola. Spalancò la porta. La gola le si serrò. Si appoggiò al lavandino gelido. Sperava di calmarsi, ma non fu così. Isabel sentii la rabbia pulsarle nelle vene. Si guardò allo specchio. Non vide una principessa. Vide una creatura dagli occhi scuri e dall’animo ancora più nero. Qualcuno aveva lasciato una tinta nera per capelli e un abito dello stesso colore appoggiati lì vicini. Isabel sorrise.

La ragazza che uscì dal bagno aveva lunghi capelli neri e vestiva dello stesso colore. Non sorrideva.

Claire ci mise alcuni istanti a riconoscerla. «Isa, che ti sei… »

Isa la spinse.

«Cosa?» Claire barcollò, recuperò l’equilibrio, le si mise davanti. 

Isabel strizzò gli occhi. «Spostati.»

Claire strinse i pugni. «Come ti permetti?»

Isabel non indugiò. La spinse di nuovo e la superò. Camminò tra i presenti. La nuova Isabel Smith era arrivata. 

«Isa» la chiamò Albert. 

La ragazza si voltò, nessun sorriso a illuminare il volto. «Chiamami Tenebre» proseguì lungo il corridoio. Aveva molte cose da fare. Svoltò vicino all’aula di musica. Sapeva chi avrebbe trovato appoggiato al muro.

Jules la fissò. Questa volta Isabel non abbassò lo sguardo. Andò dritta contro di lui. Il passo sicuro, le mani sui fianchi, la lingua che sfiorava i denti.

«Sei… »

«Vieni qua» gli buttò le braccia al collo e lo baciò.

Jules restò immobile, sorpreso. Isabel lo strinse con forza. «Sei mio» lo spinse contro il muro. Soffocò la sua risposta con un bacio, le dita che frugavano sotto la maglia di lui. La nuova Isabel era arrivata… e le piaceva da impazzire.

Serie: Metamorfosi


Avete messo Mi Piace6 apprezzamentiPubblicato in Young Adult

Discussioni

  1. Beh, amore e tenebre in un racconto che incuriosisce ogni riga sempre di più. Aspetto il proseguo di questa interessante serie. Ho captato tra le righe un tocco di horror che mischiato alla quotidiana originalità adolescenziale e leggera suspance, rendono il tuo racconto molto bello. Apprezzo molto l’ambientazione inglese, ottimo stile. Complimenti.

  2. Mi ha ricordato la – certo più lenta- metamorfosi della Nikita di Luc Besson. E anche Hulk, da un certo punto di vista, considerato che il cambiamento è generato da un furibondo sentimento di rabbia.
    Una corsa dal rosa al nero, dagli orsetti e dai cuoricini al gotico arrogante e sfacciato. Sembra che il vero problema di questa Isabel sia di muoversi da un eccesso all’altro in nome dell’ambizione. È possibile che diventi reginetta, ma è quasi sicuro che diventerà anche qualcos’altro. C ‘è un seguito, no ? Brava, bel personaggio,