La tigre e il coniglio

L’amore mi è sempre apparso un qualcosa di tanto astratto quanto vivo solo tra le pagine di un romanzo. Qualcosa che può esistere unicamente nelle mente delle persone e nei loro sogni più reconditi. A casa mia ne ho viste rare e minime forme, talmente sbriciolate da iniziare a credere, con gli anni in più sulle spalle, di averlo semplicemente traslato dalla TV alla mia misera realtà. Credo di non aver mai visto i miei genitori scambiarsi un’effusione, una carezza. Sono cresciuta con la convinzione che l’amore, quello per cui si è uccisa Giulietta e che fece impazzire Ofelia, non esista. Questo mi ha portata ad approcciarmi alle persona con la certezza di non dare e non ricevere nulla, creare un’armatura che si modelli perfettamente al mio corpo e cammini al posto mio, come Agilulfo. L’armatura ha preso vita, col tempo, fino a che è andata via per la sua strada rivelandomi che mi stavo proteggendo dal nulla. Un qualcosa che non esiste, non può farti alcun male. Ne scrivevo, ne leggevo, ne creavo a mia volte per inserirlo in infinite righe, ma si limitava a restare un concetto astratto. Ho letto un racconto, su un sito, che parlava di un profondo e vero amore. Quelle parole mi sono entrare dentro, fino a deviare i miei pensieri per portarli sempre a quei personaggi con i quali avevo instaurato un mero rapporto mentale. La rileggevo, più volte, fino a domandarmi chi si celasse dietro quell’anonima forma d’arte. Mi sono domandata spesso se fosse opportuno imporre la mia presenza, la mia curiosità, ad un perfetto sconosciuto. Non potevo sapere chi ci sarebbe stato al di là dei personaggi che avevo tanto adorato, ma poi mi sono detta che non avevo nulla da perdere. Dunque scrissi una mail e la inviai, senza la certezza, ma con la speranza, che sarebbe tornata indietro una risposta. Con mia enorme sorpresa, passarono solo tre minuti e quarantasette secondi. Dietro una pagina virtuale bianca, si celava una ragazza più o meno mia coetanea. Le ho posto tutte le mie domande, le ho fatto i miei più sentiti complimenti ed è stato un attimo. Ci siamo ascoltate e confrontate su troppe cose, su troppe maschere che entrambe portavamo inconsapevolmente. Lei scriveva bene per messaggio quanto nelle sue storie, mi rapì subito il suo modo di approcciarsi a qualsiasi discorso. Mi piaceva come riusciva a mettermi in difficoltà e come poteva far spuntare tra le labbra un sorriso sincero. Le mail divennero molteplici, più lunghe.

Parlammo tutta la notte, ed il giorno seguente e quello dopo ancora. Finché i giorni divennero mesi. Lei mi raccontava dell’università, del suo piccolo paese a soli novanta chilometri da me e dove scoprii aver passato l’infanzia, della famiglia e della brusca fine del suo rapporto. Io l’ascoltavo, sono sempre stata una buona ascoltatrice. Era piacevole che mi parlasse un po’ di tutto e che io facessi lo stesso. Eravamo diventate l’una la costante giornaliera dell’altra, senza pretese o obblighi. Da quel giorno, da quella mail di risposta, non passò un solo giorno senza che un messaggio apparisse sui nostri cellulari. Avevamo imparato a conoscerci, a cogliere le sfaccettature caratteriali l’una dell’altra. Lei era una tigre, forte, fiera e pronta a mostrare i denti contro chi la minacciava. Io, tutto ciò che poteva sintetizzarsi nel suo perfetto contrario. Un coniglio.

Passarono tre mesi, circa novanta giorni in cui ci eravamo dette tutto. Mancava solo l’ultimo passo. Non avevamo la benché minima idea di che faccia avessimo. Quando decidemmo il giorno ero in ansia, temevo di deludere in qualche modo le sue aspettative o di non essere come credeva. Non avevo mai provato qualcosa di simile, non avevo mai sentito quel formicolio allo stomaco ogni qual volta leggevo sullo schermo il suo nome seguito dall’emoticon di una tigre. Quel giorno arrivò troppo in fretta. Giunsi alla stazione almeno quaranta minuti prima del suo treno, per esser certa di attenderla al giusto binario. Controllai il cellulare un numero indefinito di volte, per seguire il suo percorso fin nella mia città. Mi disse come era vestita, in modo che potessi riconoscerla ed io feci lo stesso. Attesi un tempo illimitato, ma quando vidi le luci del treno entrare verso il binario, sentii il cuore rifugiarsi sotto la suola delle scarpe trascinandosi dietro tutto ciò che poteva esserci nello stomaco. Il coniglio prendeva possesso di me. Il treno rallentò, fino a frenare. Le porte si aprirono e i primi passeggeri poggiarono i piedi sull’asfalto. La cercai, mi aveva parlato di una t-shirt blu con una stampa di Minnie e gonna di jeans. Scrutai tra gli sguardi dei passanti, analizzai i loro abiti e le loro fattezze. La folla scemò, ma di lei non vi era traccia. Cominciai a credere di essere stata presa in giro, che non si sarebbe presentata nessuno all’appuntamento. Avvertii distintamente la delusione scorrermi sotto la pelle e non riuscii a capacitarmi del perché, dopotutto l’amore non esiste, mi ripetevo.

Poi la vidi. Era lei, sapevo che lo era. Mi venne incontro sorridendo, grossi occhiali da sole calati sul viso. Il cuore mi saltò fuori dal petto, batté come un matto e non voleva saperne di rallentare il ritmo. Arrivò di fronte a me, mi tese la mano ed io la strinsi. Si alzò gli occhiali mostrandomi un paio di profondi occhi verdi che mi bruciarono l’anima. Mi ci persi in quegli occhi, affogai in quel prato.

L’amore mi è sempre apparso un qualcosa di tanto astratto quanto vivo solo tra le pagine di un romanzo. Qualcosa che può esistere unicamente nelle mente delle persone e nei loro sogni più reconditi, ma mi sbagliavo. Nel momento in cui sono inciampata con fare goffo e imbranato in quel verde, ho capito che l’amore esiste.

Ho capito che il mio amore era lei, che avevo sperimentato ciò che uccise Giulietta ed Ofelia. Lei, la tigre, aveva cacciato il coniglio con eleganza e una bellezza indescrivibile. Lei, che continua a farmi battere il cuore e a farlo rifugiare sotto la suola delle scarpe.

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Discussioni

    1. Grazie mille. Sono alle prime armi con questo tipo di narrazione, non mi sono mai cimentata in racconti brevi. E’ dunque per me davvero bello avere dei complimenti.
      Ancora grazie,
      S.