
La vita, il bello e il bene
Serie: L'eredità di Giacomo
- Episodio 1: La casa in valle
- Episodio 2: Solo una leggera inquietudine
- Episodio 3: Trasformazioni
- Episodio 4: Non si viaggia mai col fumo in tasca
- Episodio 5: Tasselli al loro posto
- Episodio 6: Il desiderio di sognare
- Episodio 7: Lettera dall’aldilà
- Episodio 8: Bel pippone ti sei tirato
- Episodio 9: Gita nell’aldilà
- Episodio 10: Sbucciare le patate per guadagnarsi il pasto
- Episodio 1: Quattro chiacchiere col morto
- Episodio 2: La vita, il bello e il bene
STAGIONE 1
STAGIONE 2
Giacomo se ne andò lasciandomi solo con i miei pensieri. Guardai l’ora, non erano ancora le nove di mattina e la giornata si prospettava lunga ed ostica. Scesi a fare colazione da Piero e, bevendo il caffè senza profferire parola, sentii il suo sguardo cercare i miei occhi.
«Cos’hai stamattina? Dormito male?» mi chiese.
«No, anzi! È che sto pensando a come occupare la giornata.» risposi evasivo.
Fermò il rumore del cucchiaino nella tazzina, mi guardò, e disse:
«Potresti cominciare a scrivere quel libro di cui mi hai parlato, sei venuto qui per quello, mi hai detto, per evitare le distrazioni della città.»
Lo guardai lasciando che il breve silenzio chiarisse il mio stato d’animo.
«No Piero, ho un certo caos in testa e finché non riesco a fare ordine nei pensieri mi risulta impossibile scrivere una sola frase accettabile.»
«Capisco, ma forse mettere nero su bianco ciò che ti angustia ti aiuterebbe a fare chiarezza. Comunque, ci arriverai da solo, non sta a me dirti cosa devi o non devi fare.» restò assorto un attimo, poi riprese: «C’è un percorso che amo affrontare quando mi gira male e ogni volta ritorno rigenerato, non è lunghissimo ma è faticoso. Se ti va l’idea parti subito e segui le indicazioni per Trivena. Fermati a mangiare al rifugio e goditi il panorama, vedrai che ti farà bene».
Considerai valido il suo consiglio, lo salutai e andai a vestirmi in modo adeguato all’escursione.
Il sentiero non era difficile ma molto ripido e dopo un centinaio di metri ero in affanno così accorciai i passi e ne diminuii la frequenza: il mio respirare ne ebbe rapido giovamento. La fatica del salire appianava i pensieri e ogni refolo di brezza sul mio viso sudato portava un’ondata di ottimismo: sarebbe andato tutto bene, ne sarei uscito migliore, come diceva Jurgen.
Arrivai al rifugio Trivena accaldato e con le gambe dolenti ma l’intima soddisfazione mitigava la stanchezza. La corona di monti che mi circondava sembrava un sorriso di benvenuto e l’aria fresca e luminosa mi diede un godibile senso di benessere.

Un ragazzo molto giovane mi salutò passandomi accanto.
«Dura?» chiese con uno sguardo tra il comprensivo e il canzonatorio.
«Si, ma mi sto abituando» risposi ancora ansimante.
Come un esperto alpinista mi levai la maglietta fradicia indossando immediatamente abiti asciutti, levai gli scarponi e infilai le scarpette leggere, quindi entrai a presentarmi. Un altro giovane mi accolse, era intuibile, vista la somiglianza, che fosse il fratello maggiore di quello che mi aveva salutato all’esterno.
«Buongiorno, prima volta in Trivena?»
«Si, ma spero non sia l’ultima!» risposi enigmatico.
«Bene! È nostra usanza offrire qualcosa a chi arriva per la prima volta, cosa vuoi bere?» mi chiese.
«Ho sete, ma per la birra mi sembra prestino, che dici?»
«Consiglio mio? Misto aranciata e vino, ti disseta e ti restituisce un po’ di energia. Ti fermi a mangiare?» domandò, mentre, dopo il mio cenno di assenso, mi versava da bere.
«Piero me lo ha consigliato e non essendomi portato nulla, tranne la cioccolata, credo sia opportuno.»
«Bravo Piero che ci manda clienti. Però è ancora presto e non mi sembri distrutto dalla fatica, quindi, ti consiglio di salire fino a Redont: in un’ora e mezza sarai di ritorno e troverai il piatto pronto. Salire in Trivena e non vedere la piana di Redont è come arrivare in spiaggia e non mettere i piedi nel mare.» disse convinto.
Mi gustai con calma il ‘misto’ preparato da Samuele, così si chiamava il giovane gestore, e poi mi accinsi a proseguire verso Redont, affascinato già dal nome.
«Posso lasciare la maglietta ad asciugare sulla panca qua fuori?» chiesi.
«No, portala dentro che la mettiamo sopra la stufa, dopo ti servirà calda e asciutta.» rispose Paride, il fratello più giovane.
Così feci. Quindi, rimessi gli scarponi e senza zaino sulle spalle, mi inerpicai sul sentiero che saliva verso le cime.
Dopo un’ora di ascesa mi si aprì davanti agli occhi una visione a dir poco meravigliosa: un’ampia spianata di erba verdissima nella quale una decina di cavalli, per niente intimoriti dal mio arrivo, brucavano quietamente. Un ruscello di acqua limpidissima disegnava una linea sinuosa e netta sul compatto tappeto verde, sullo sfondo, una ragnatela di rivoli e cascatelle movimentavano le imponenti pareti rocciose.

Mi concessi una decina di minuti ubriacandomi di aria pura, silenzio e colori. Mandai un po’ di immagini a Piero e a Graziano, poi, appagato e affamato ridiscesi al rifugio per pranzare. Mangiai con gusto la pasta al sugo di capriolo e i formaggi locali consigliati dai ragazzi, mi permisi due bicchieri di Pinot nero e, infine, un buon caffè. Prima di scendere mi offrirono una deliziosa grappa al mugo, fatta da loro. Li salutai ringraziandoli e assicurando che sarei tornato spesso a trovarli. Mi avviai verso valle veramente ritemprato e i timori per la notte che si avvicinava ridimensionati dalla certezza che l’unica parte vincente non poteva che essere quella che inneggiava alla vita, al bello e al bene. Passai da Piero per confermargli che l’escursione aveva avuto su di me lo stesso effetto che faceva a lui: mi aveva rigenerato e restituito quella fiducia in me stesso che avevo un po’ perso. Ne fu felice ma si rabbuiò quando gli dissi che non mi sarei fermato a cena, dovevo prepararmi per la nottata ma non potevo spiegargli ciò che mi aspettava.
«Sono troppo stanco Piero, mi farò una doccia, ascolterò un po’ di musica mangiando un boccone e poi andrò a dormire presto.»
«Va bene, ma ora vieni con me.» disse trascinandomi in cucina, «questo è un arrosto speciale e le patate al forno della Marisa sono la fine del mondo.» mentre parlava riempiva un contenitore in alluminio e io scuotevo la testa pur essendo più che felice del regalo che mi stava facendo.
«Ma non devi, Piero⸺»
«Zitto! Dar da mangiare agli affamati è la mia missione, quando sarai uno scrittore affermato mi ripagherai facendo pubblicità al mio ristorante.»
Mi liquidò con una pacca sulla schiena e io tornai a casa mia con la cena già pronta e la consapevolezza, confortante, di avere dei buoni amici.
Serie: L'eredità di Giacomo
- Episodio 1: Quattro chiacchiere col morto
- Episodio 2: La vita, il bello e il bene
Un episodio rilassante e piacevole, come una passeggiata nella natura 🌸
Si Arianna, proprio in questi giorni sono nella casa in valle e me la godo assieme alla figlia più giovane che è venuta a passare qualche giorno con me. 🌹
Ciao Giuseppe, mi mancavano molto le avventure di Giacomo e mi chiedevo che fine avesse fatto. Eccolo nuovamente. Lui e la sua storia davvero bizzarra, originale. Un’eredità scomoda e difficile sia da accettare che da comprenderne il reale significato. La stessa sensazione che si prova leggendo.
E poi c’è questo meraviglioso ‘contorno’ all’avventura. I paesaggi montani che sai descrivere così bene, il cibo e l’accoglienza da parte della gente. Hanno il sapore della vita vera 🙂
Questa pagina è un doveroso omaggio alla valle che, merito della mia compagna, mi ha adottato. La casa in valle è il mio angolo di paradiso e i percorsi menzionati li ho fatti decine di volte emozionandomi sempre. Un abbraccio!🌹
Un abbraccio a te ☺️