
L’amore di una madre e il dovere di un figlio
Serie: Tre anni in Nigeria
- Episodio 1: Mai fermarsi
- Episodio 2: Benvenuti in Nigeria
- Episodio 3: Comprendere
- Episodio 4: Coccodrilli e libellule
- Episodio 5: Il club degli Alleati
- Episodio 6: Famiglia unita
- Episodio 7: Nuovo anno, nuovo mondo
- Episodio 8: Gomma alla liquirizia
- Episodio 9: L’amore di una madre e il dovere di un figlio
- Episodio 10: Cuore tricolore
STAGIONE 1
Dopo sette mesi, due settimane e tre giorni siamo di nuovo in Italia, precisamente in Trentino, a casa di papà. Siamo stati un paio di giorni a Napoli, dalla famiglia di mamma e adesso festeggiamo Pasqua nella piccola baita in montagna di zia Matilde, la sorella di papà. Ho maledettamente freddo. Qui siamo a fine marzo ed è ancora pieno inverno. Mio cugino Gabriele, tre anni più grande, è a mezze maniche mentre io sono davanti al camino con addosso due magliette, una felpa pesante e il berretto di lana. Zio Claudio, il marito di zia Matilde, viene a ravvivare il fuoco. È simpaticissimo e fa sempre degli scherzi, mi dice di guardare dentro al camino, io ci casco e lui mi frega il berretto di lana. La nonna si mette la pelliccia ed esce fuori sotto lo sguardo severo di zia e papà. La nonna esce per fumare. Con le sue collane di grosse pietre e i grandi anelli colorati si mette prima ad osservare i fianchi delle montagne marroni e con gli alberi ancora spogli e infine osserva con aria bonaria me e Gabriele che tagliamo la legna per il fuoco. Almeno mi riscaldo.
Le cose in Nigeria sono più tranquille ora, i fratelli Abdullah sono tornati più socievoli e li invitiamo spesso con noi. Si sono pure mezzo scusati con Amber che ha finto di considerarle delle vere scuse, anche se resta fredda con loro. Natasha quando vede me e Harry ha un’espressione che va oltre la felicità. Non ho mai visto un’espressione più radiosa, grata e riconoscente, come se le avessimo salvato i figli. Non so esattamente se la mia impressione fosse giusta, ma un giorno a scuola ci siamo seduti con loro a pranzo e abbiamo insistito a parlare e ad invitarli a studiare con noi. All’inizio erano scontrosi e rispondevano a monosillabi, poi piano piano si sono sciolti e hanno addirittura riso ad una barzelletta pessima di Harry. Ma è soprattutto lo sport ad averci aiutato. Giochiamo a basket e a calcio ma non riusciamo mai a terminare una partita perché ogni volta finiamo a farci degli scherzi e a nessuno importa più di vincere.
Entro a portare la legna e mi investe l’odore di fumo del camino che si mischia con quello della polenta, del purè di zia e soprattutto dell’arrosto di nonna che è imbattibile. Negli ultimi giorni siamo stati sballottati da una parte all’altra, eppure mi sono sempre sentito a casa. Lo zio e i suoi scherzi, Gabriele e io che ci sfidiamo in prove di coraggio e la nonna, guardandoci, che si commuove perché le ricordiamo il nonno da giovane. Sembra come se riprendessimo da dove abbiamo interrotto all’ultima visita, come se lo scorrere del tempo e la lontananza non esistessero.
Ho sentito Amber via e-mail, è tornata in America per le vacanze ma sente la mancanza del fratello in Iraq. Vorrei starle vicino per consolarla e dirle che so cosa prova. Anche Chiara è un po’ con la testa per aria, pensa sempre a Jamie.
Approdati a Cagliari si fionda subito al PC per controllare le e-mail. Resteremo a Cagliari ancora qualche giorno dopo le vacanze mentre papà è già ripartito per Abuja. Io preferirei passeggiare in spiaggia ma mamma si è accordata con la vecchia scuola media di Chiara e seguirò per alcuni giorni lì.
Quando arrivo nel cortile d’ingresso, in mezzo a tutti quei ragazzini, mi sembra di essere un alieno. Mi guardano come se fossi un marziano, non avevo realizzato di essere così tanto abbronzato finchè non sono tornato in Italia e zio Claudio, per scherzare, voleva vedere il passaporto per assicurarsi che non mi avessero scambiato con un tunisino ossigenato. Ma quei ragazzi non sono curiosi della mia abbronzatura, piuttosto dei miei vestiti. I primi giorni, appena arrivati, ci siamo accorti che la maggior parte dei miei vestiti invernali mi andava troppo stretta. Anche se non sembra, sono cresciuto. Ci siamo arrangiati prendendo alcune cose nel primo negozio aperto e usando alcune vecchie felpe delle mie sorelle o cugini. Per me vanno più che bene, magari sono un po’ larghi, ma evidentemente per quei ragazzi no. È una cosa nuova. Ad Abuja a scuola ci si veste in mille modi diversi e a nessuno importa, anzi, è anche bello vedere quel mini-mondo fatto di colori e tradizioni diverse. Qui invece sono tutti uguali, stessi jeans, stesse scarpe, stessa maglietta. Tutti firmati e mi guardano come se fossi un fazzoletto sporco gettato nel cestino. Alcune ragazzine sono pesantemente truccate, tirano fuori i cellulari dalle loro borsette di Prada o Armani o chissà quale altra marca a me sconosciuta. I ragazzi hanno un berretto da baseball girato in testa e larghi jeans con il cavallo molto basso, discutono di “pompini” e si mostrano alcuni video pornografici dai cellulari sghignazzando. Nascosto dagli alberi, un gruppetto sta fumando mentre alcuni ragazzi più grandi, con la tuta nera in sella a dei motorini neri si baciano volgarmente con le ragazze. Uno di questi infila la mano sotto la gonna della sua ragazza.
Mi blocco in mezzo a quella giungla, incapace di fare un passo. Osservo il portone della scuola e il respiro diventa affannato. Sento i tamburi nella mia testa, prima piano, poi sempre più forti, mi tappo le orecchie, chiudo gli occhi e i tamburi coprono ogni cosa. Mi giro e scappo tra le risate di tutta questa fauna locale.
Quando mamma mi apre è più arrabbiata che sorpresa.
«Torniamo subito a casa, ti prego» la imploro.
Lei mi guarda come se fossi pazzo.
«Ma è questa casa nostra.»
«Sai cosa intendo, voglio tornare ad Abuja, perché non siamo partiti con papà?»
Mamma resta in silenzio e mi osserva, in cerca di una risposta. In cerca di una risposta che sia una bugia. Non mi piace.
«Te l’ho detto, lui doveva tornare prima, noi possiamo restare un po’ di più con le tue sorelle.»
«Anche io dovevo tornare prima! Ho la scuola e questa settimana c’erano le gare di nuoto. E non hai sempre detto che la scuola viene prima di tutto?»
«La scuola italiana! Tu dopo dovrai continuare in Italia, è questa casa tua!»
Alza la voce mamma.
Di nuovo il respiro si fa affannato, sento caldo, prima volta da quando sono qui, mi sbottono il giubbotto e inizio a camminare frenetico ma sto intuendo cosa sta succedendo.
«Tu non vuoi più tornare? Vuoi che restiamo qui, non è vero?»
Mamma distoglie lo sguardo e resta in silenzio per qualche secondo.
«Ti avremmo fatto finire l’anno scolastico lì, questi giorni dovevano essere una prova per l’anno prossimo» risponde gelidamente.
Le parole mi escono più forti di quanto voglia ma non riesco a controllarmi, tremo e gli occhi si velano di lacrime di rabbia.
«Ma siete impazziti? Non vi è saltato in mente di chiedermelo? Prima mi fate decidere di cambiare completamente vita, e adesso che mi sono abituato, ho degli amici e casa mia si trova là, volete che molli tutto quanto?»
«Lo so, tesoro, calmati, Alex…»
«No, non lo sai! Io ho dei doveri, come te. Non posso prendere e mollare, mi sono impegnato con Tom, Amber, Harry e Roman. Sono un membro degli Alleati ho dei doveri!»
«Siete solo dei bambini…»
Mi fermo a guardarla con tutto l’odio che riesco a provare.
«Tu resta, io voglio andare da papà.»
Colpita e affondata.
Resta muta e immobile, ferita, dopo queste parole e io vado in camera mia sbattendo la porta con rabbia.
Non esco da là per tutto il giorno, mamma prova a parlarmi dalla porta ma non replico, adesso fa anche lei l’offesa. La sento parlare al telefono con papà. In serata apre la porta e ciao ciao rispetto della privacy. Si siede vicino a me.
«Dopodomani abbiamo il volo per Abuja, se lo vuoi.»
Dentro urlo di gioia, ma resto con le mani incrociate, ancora offeso.
«E tu?» chiedo con la voce incrinata, sto per piangere ma voglio resistere e fare il duro.
«Vengo con te, mica ti faccio viaggiare da solo.»
«No dico…dopo resti o torni qui?»
Mi giro perché delle stramaledette lacrime iniziano a rigarmi il viso.
«Oh, cucciolo» mi abbraccia mamma, «ma certo che resto, posso mai stare lontana da te?»
Sprofondo il viso nel suo petto e finalmente libero tutte le mie lacrime.
«Chi è il mio figlio maschio preferito?»
La guardo sornione.
«Non specificare, sappiamo tutti che sono il tuo preferito.»
Mamma finge sorpresa.
«Non per molto! Aspetta che torniamo a casa e vedi come ti faccio rigare dritto» e mi riabbraccia.
«Era davvero così terribile la scuola?» mi chiede.
«Oh mamma, non hai idea di quanto siano stupidi e superficiali i ragazzi qui.»
Mi stringe più forte.
«Sono fortunata ad avere un figlio come te.»
Quando stiamo per atterrare ad Abuja vedo di nuovo le luci nel buio dall’oblò.
Non ho paura come otto mesi fa, sono a casa.
Serie: Tre anni in Nigeria
- Episodio 1: Mai fermarsi
- Episodio 2: Benvenuti in Nigeria
- Episodio 3: Comprendere
- Episodio 4: Coccodrilli e libellule
- Episodio 5: Il club degli Alleati
- Episodio 6: Famiglia unita
- Episodio 7: Nuovo anno, nuovo mondo
- Episodio 8: Gomma alla liquirizia
- Episodio 9: L’amore di una madre e il dovere di un figlio
- Episodio 10: Cuore tricolore
Mi sembra una serie molto bella e interessante e vorrei leggerla, ma purtroppo l’ordine degli episodi si è sballato per problemi del sito: mi potresti dire l’ordine corretto?
Certamente, grazie! L’ordine corretto lo trovi se cerchi direttamente tra i miei librick, per fare prima, comunque te li scrivo qui:
1) Mai fermarsi
2) Benvenuti in Nigeria
3) Comprendere
4) Coccodrilli e libellule
5) Il club degli Alleati
6) Famiglia unita
7) Nuovo anno, nuovo mondo
8) Gomma alla liquirizia
9) L’amore di una madre e il dovere di un figlio
10) Cuore tricolore
Anche qui, sono stata assalita da una marea di ricordi. Ho girato parecchio prima di tornare a vivere nei luoghi della mia infanzia, l’ultima esperienza all’estero è stata di sei anni in Spagna. Io e mio marito siamo rientrati prima che nostra figlia iniziasse le primarie ed è stato un disastro: a scuola si è “bloccata”, trasformata in una bimba solitaria mentre prima era estroversa. La fisicità è molto diversa secondo il paese in cui cresci ed era abituata al contatto; viviamo nella pedemontana veneta, qui il carattere della gente è molto più freddo. Ora è praticamente una tua coetanea, vent’anni, ma ancora porta quella rottura dentro
Capisco perfettamente tua figlia, certi traumi restano sempre. Passare dalla Spagna al Veneto è un bello shock culturale.
Ciao Carlo, sicuramente il mio capitolo preferito, finora! Mi sono emozionata e immedesimata. Si comincia con un quadro famigliare allegro e con una nonna che è uno spettacolo, ma qualcosa è dietro l’angolo. E poi arriva il colpo e non è possibile non mettersi nei panni del protagonista e non sentire ciò che lui sente. Mi ha commosso molto anche la madre, divisa fra due mondi e combattuta. L’amore però poi la spunta! Veramente bellissimo! Grazie
Grazie a te Cristiana! Davvero felice di averti trasmesso emozioni, penso sia la prima cosa che vorremmo avere dal lettore quando scriviamo no? Quindi mi fa molto piacere sentirtelo dire. L’amore, quello vero, vince sempre 😉
“Dopo”
Ciao Carlo, come ti dicevo in pubblico questo episodio mi piace. Se me lo permetti, alcuni commenti stilistici. La parte iniziale, dove sposti il focus dalla casa di montagna alla Nigeria poi a Cagliari è un po’ disorientante, ci lavorerei sopra. Ancora, forse toglierei alcuni aggettivi per rendere tutto il testo più scorrevole, certe volte hi l’impressione che la lettura ‘si intoppi ‘. Bella la parte degli adolescenti stupidotti, davvero bella. Un abbraccio
Ma assolutamente Nyam! Ogni critica è positiva, grazie. Hai pienamente ragione. L’ho scritto anche in precedenti commenti, lo voglio assolutamente riprendere perché per stare all’interno dello spazio disponibile ho dovuto accorciare molte parte e sintetizzare molti episodi. Anche proprio di storia narrativa non c’è più la scuola o il confronto con i gemelli (gli antagonisti della storia) ma anche episodi reali come le gite alla moschea o al villaggio meriterebbero molto più spazio. Capisco perfettamente la sensazione che “si intoppi” la lettura qua e là, hai ragione e sono il primo a non essere soddisfatto. Per rendere giustizia avrei dovuto usare come minimo il doppio dello spazio, magari fare solo il primo anno in tre stagioni invece ho deciso di fare ogni stagione un anno. Anche i dialoghi li ho dovuti mettere al minimo per non occupare troppo spazio, in alcuni episodi mi sa non ci sono manco veri e propri dialoghi. Assolutamente lo devo riprendere e sviluppare per bene, intanto grazie delle tue osservazioni!
Caro Carlo, in questo periodo passo raramente da qui, sono spesso in viaggio per lavoro (anche a Lagos, di recente), e il tempo è sempre tiranno. Ma non volevo perdermi questo tuo racconto. Tutta la serie mi è piaciuta, in particolare questo ultimo episodio, dove rendi bene questo spaesamento che chi viaggia prova sempre spostandosi dai Sud del mondo al Nord, se ha buone orecchie, buoni occhi ed un cuore aperto.
La descrizione degli adolescenti nel cortile della scuola è fatta molto bene, e fa male nella sua crudezza, perché mette chi legge davanti alla fatuità del nostro quotidiano. Un abbraccio
Ciao Nyam! Che fossi una donna molto impegnata lo avevo ampiamente immaginato quindi grazie per aver trovato del tempo per leggere la mia serie ❤ sono davvero felice che ti sia piaciuta, soprattutto perché ci sei stata in Nigeria (Lagos è un’altra bella città…confusionaria diciamo, a cui ho dedicato 3 episodi della seconda stagione). Viviamo i tempi che viviamo, nel bene e nel male, ma io sono un tipo positivo, voglio vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e, pur con tanti esempi negativi ho visto tanti bravi ragazzi/e. A proposito di grave ragazze, salutami la tua musa ispiratrice dalla chioma ramata!
“«Oh mamma, non hai idea di quanto siano stupidi e superficiali i ragazzi qui.»”
Sì, hai ragione
Vabbè ci sono anche molto esempi positivi dai, grazie Kenji!
Quadro realista ma sconfortante degli adolescenti. Un cocktail di pornografia, mancanza di valori, riconoscimento del proprio io solo nel branco, una gioventù smartphone-dipendente. Distanti anni luce da noi che viviamo in un’altra galassia. Racconto che scorre fino al limite insuperabile delle 1500 parole che potresti superare agevolmente senza annoiare. Speriamo in un futuro meno distopico almeno per i nostri giovani.
Grazie Fabius, le 1500 parole questa volta sono un limite molto difficile da non superare, in un futuro magari riprendo tutta la serie e la sviluppo per bene per rendere maggior giustizia, chissà. Sulla gioventù bruciata guarda, il quadro descritto è molto simile a quello che vedevo nel cortile della mia scuola medie, ormai 15 anni orsono e rispecchia abbastanza fedelmente una classica scuola media/primi anni superiore di quegli anni, sentendo alcuni miei amici. Sono anche anni particolari, sono abbastanza positivo dai, con la pandemia si sono visti comportamenti negativi ma anche molti comportamenti positivi sia con la mia generazione degli anni ’90 che con quella del dopo 2000. La dipendenza da social e smartphone è però qualcosa che mi inquieta non poco, e lo dice uno a cui non è mai importato avere Facebook Instagram o altri social. A presto!
Ciao Carlo, questo e` l’ episodio della serie che mi ha preso di piu`; forse perche` mi intenerisco facilmente e “cuore di mamma” / non mamma, batte spesso per i bravi figlioli altrui. Nipoti diretti, acquisiti o virtuali. Un aspetto che ho apprezzato in modo particolare e` l’ aver messo in evidenza il problema del bullismo e dei falsi valori basati sull’immagine di questa nostra societa` sempre piu` povera di valori morali autentici. La bellezza del nostro Paese l’ ho intravista nel quadretto famigliare intorno al focolare. Il camino fa parte dei ricordi piu` belli della mia infanzia e della mia adolescenza, accanto a mia madre o a mia nonna.
Bravo Carlo e grazie per avermi fatto respirare quell’atmosfera.
Grazie Maria Luisa! Io sono stato molto fortunato e il bullismo vero non l’ho mai vissuto, ho potuto tranquillamente seguire le mie passioni poco comuni e fregarmene di adeguarmi alla moda senza alcuna ripercussione, anzi, proprio per il mio rifiuto di adeguarmi alla moda del momento ho ricevuto ammirazione e interesse da parte dei miei coetanei, forse anche perchè ho sempre avuto un carattere amichevole con tutti e molto forte, ma non è stato così per altri, anzi. Miei due amici molto cari, quelli dell’Eurovision, loro sì che hanno subito bullismo e/o emarginazione, forse anche perchè più introversi e più facilmente “vittime” del branco. Non so quanto sia cambiato, ormai sono passati 15 anni da quando ho frequentato le medie, ma all’epoca sì, si era tutti omologati ad un certo stile. Ma alla fine, da quello che ho visto, ci sono tanti bravi/e ragazzi/e con i classici valori della nostra cultura, molti più di quanto si direbbe guardando la cronaca. Fanno meno rumore ma si fanno sentire con i loro gesti e le loro azioni. Si sono visti molto durante la pandemia e anche con l’attuale guerra. Necessità fa virtù, no? E sì, un fuoco in un camino batte qualunque TV e/o videogioco, non c’è storia!