
L’avventura delle forze speciali
Dopo essere sceso dall’elicottero con un atterraggio d’assalto, Avraham aveva già nostalgia della foto che aveva incollato con il nastro adesivo sotto l’elmetto.
Una foto di Orian Ichaki.
Voleva che fosse la sua ragazza, peccato che lei abitasse a Milano mentre lui era lì, a Gaza, a macellare persone.
Con il Galil in puntamento, si riunì al convoglio che si compattò e si spinse fra gli edifici della città distrutta.
Si combatteva da tempo, sembravano secoli di guerra, invece l’ennesimo conflitto era scoppiato in autunno.
Avraham, che era il secondo scout, vide quello che il primo sembrava non aver notato. Guerriglieri palestinesi con i volti coperti dalle kefiah e gli AK che sembravano le zanne di un mostro. Si trovavano in cima a un edificio diroccato, il quale sembrava stesse per crollare da un momento all’altro.
Seppur il Galil sia un discendente in linea diretta dell’AK, Avraham non si fece scrupoli a sparare contro i palestinesi.
Se fossero miliziani di Hamas o difensori di Abu Mazen, non gli interessava, lui apparteneva alla Sayeret Matkal, non a una qualsiasi unità di fucilieri di Tsahal.
Le pallottole si abbatterono sui palestinesi che non ebbero altra scelta che morire. Vivere non gli era più possibile.
Adesso che erano tutti morti, il commando poteva proseguire, ma Avraham diede una botta allo scout:
«Non hai visto nulla, vero?».
«Io…».
«Piantala con le tue giustificazioni. Riprendiamo la marcia». Suo malgrado, Avraham vide che il resto del plotone esitava.
Dopo il frastuono delle armi con cui avevano ucciso, si sentivano delle urla.
Non avevano ucciso. Non tutti, almeno. C’erano dei feriti.
Feriti che potevano rivelarsi utili, se interrogati.
Il comandante fece un cenno. «Andiamo a recuperarli. E tu, Avraham, sta’ calmo».
Lui rimase zitto.
Si avventurarono nel palazzo, una volta giunti in cima al tetto, Avraham si fece cauto:
«Può esserci una trappola».
Invece no, c’erano cadaveri smembrati dalle raffiche e alcuni feriti che strisciavano e pregavano.
Anche se Avraham non lo voleva, li soccorse. A uno di loro, un tipo molto gracile, strappò la kefiah e rimase colpito accorgendosi che non era neppure un adolescente.
Un bambino.
Siamo venuti qua a uccidere bambini? inorridì al pensiero.
Era difficile che Orian Ichaki decidesse di fidanzarsi con un oscuro membro della Sayeret Matkal che assassinava bambini.
Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Bravo Kenji, mi é piaciuto l’ incipit, ottimo il finale e sempre coinvolgente quando parli di storia attuale.
Ti ringrazio!
Davvero molto attuale la storia che ci hai raccontato e un finale suggestivo suggellato da una domanda legittima. In quanti se la porranno ogni giorno?
Esattamente quel che volevo!
“Un bambino.Siamo venuti qua a uccidere bambini? inorridì al pensiero.Era difficile che Orian Ichaki decidesse di fidanzarsi con un oscuro membro della Sayeret Matkal che assassinava bambini.”
Finale d’effetto potentissimo. Bravo.
Ti ringrazio, a quanto sono bravo a scrivere, ma mi sa che mollerò perché presto non avrò più tempo, né energie, per scrivere!