L’avvocato

Serie: Er gabbio


La Corte di Cassazione distava qualche centinaio di metri dal punto in cui si trovava l’uomo che indossava l’abito dell’ultimo matrimonio a cui aveva partecipato. Passò di fronte al negozio che gli interessava, ma all’interno, nonostante l’ora fosse più o meno giusta, non scorse nessuna presenza anche se fosse ancora chiuso. “Dannazione!” Tirò dritto ed entrò nel bar tabacchi un paio di civici dopo. 

«Buongiorno, un caffè e un pacco di Garibaldi.»

«Buongiorno a lei» rispose la cassiera, prendendo i sigari. «Un caffè per l’avvocato» disse al banconista, avendo notato il fascicolo che fuoriusciva dalla tasca della borsa in cuoio The Bridge.

Prese il resto e sorrise, più che altro per la riuscita del ‘travestimento’ che per il titolo ricevuto. Bevuto il caffè, tanto per perdere qualche altro secondo, spulciò l’agenda e poi l’ora. “E che cazzo! In questi giorni solo una volta è arrivato alle sette e quaranta, e sono già e quarantatré.” Si diresse verso l’uscita con il sigaro tra le labbra. «Avvocato, la borsa!» La voce della cassiera lo fece bloccare. “Il capo me lo aveva detto che se gliel’avessi persa, avrei dovuto ripagargliela.” Alzò una mano e sorrise alla donna per ringraziarla. Non poteva rimanere fermo lì fuori, come un bambacione. Attraversò la strada e acquistò ‘Il Messaggero’ nell’edicola sul marciapiede di fronte e, con gli occhi celati dalle lenti scure, un po’ facendo finta di leggere e un po’ tenendo d’occhio il negozio del parrucchiere, attese. 

***

Pepito, in attesa che anche Mario fosse pronto, si fece un altro tiro. Petto in fuori e pupille dilatate, si spruzzò un bel po’ di profumo e si guardò per l’ultima volta allo specchio, soddisfatto. Tirò su col naso per far scendere gli ultimi residui rimasti, percependo così l’amaro in gola. “Mi sta proprio bene questo nuovo taglio alla Beatles” pensò, scostandosi il ciuffo con la mano. Una volta giù salutò l’amico, guardò l’ora e, anche se non avesse preso appuntamenti mattutini con nessun cliente, non avrebbe fatto in tempo per prendere un cappuccino, avrebbe aspettato l’arrivo di sua sorella.

***

Le 07:47 e l’ispettore Chiavari ritenne che non poteva rimanere ancora impalato lì, accanto al chiosco dell’edicola. Ma neanche poteva arrendersi, così torno al bar. 

«Potrebbe darmi un accendino?»

«Certo avvocato, che colore?»

«Qualsiasi, tranne rosa o fucsia.» La cassiera sorrise. «Mi scusi, lei conosce Pepito?»

«Certo, è il mio parrucchiere e ha le mani fatate, ma è solo per signore.» 

«Infatti non è per me» rispose, pensando che la cassiera avrebbe anche potuto evitare quella precisazione, soprattutto vista la pelata. «Dovrei prendere un appuntamento per la mia compagna e, sapendo che lui solitamente viene presto al lavoro, sono passato prima di andare in udienza, ma non è ancora arrivato.»

«In effetti sarebbe già dovuto passare da qui per fare colazione, magari arriverà all’orario di apertura. Al limite può chiamare più tardi in negozio.»

«Farò così, grazie.» Non appena uscì dal bar voltò lo sguardo a sinistra, vide il biondino entrare nel negozio e l’ispettore affrettò il passo. Bussò e mentre provò ad aprire la porta a vetro prima che il ragazzo scomparisse dietro un angolo all’interno del negozio, ma la porta era chiusa e quello fece segno di aspettare un attimo.

“E chi diavolo è questo!” Appese la giacca e andò alla porta. «Buongiorno» disse accennando un sorriso cordiale, ma rimanendo sull’uscio, non facendo entrare lo sconosciuto. «Anche se sono appena arrivato, il locale apre tra mezz’ora, ma non credo sia qui per un’acconciatura, cosa le serviva?»

«Buongiorno» rispose porgendogli la destra. «Sono l’avvocato Mancini, un mio cliente, suo amico, mi ha detto che potrebbe aiutarmi.»

«Io a lei? Mi sembra un po’ strano. E chi sarebbe questo amico?»

«Rodrigo.»

Aggrottò la fronte. «Venga, si accomodi.» Chiuse la porta a chiave e Pepito condusse l’ospite in una stanzetta appartata. «Senta, credo di sapere dove andrà a parare il discorso, quindi dovrò perquisirla e dovrà spegnere il suo telefono, altrimenti sa dov’è la porta.» L’avvocato, sorpreso ma non troppo, acconsentì. «Comunque non vedo Rodrigo già da un po’, e non lo sento da più di una settimana, dov’è?»

«Questo non posso dirglielo, fa parte del segreto professionale. Mi capisce, vero?»

«In un certo senso… Mi dica, in che cosa potrei aiutarla?»

«Ho un po’ di amici, tra colleghi e clienti, che fanno uso di cocaina; e senza troppi sforzi potrei riuscirne a piazzarne un etto in una settimana, come prova. Poi, se il prodotto risponderà bene e il prezzo sarà buono, potrei aumentare le forniture.» Il giovane, vista la tensione provocata dalla coca sniffata prima di uscire, si sistemò il ciuffo con la mano tremante. «Rodrigo mi ha detto che può aiutarmi, allora?» lo incalzò Chiavari.

«Beh, mi sa che Rodrigo le ha detto una cazzata.» La proposta non era male: la quantità non era bassa ma neanche eccessiva, e il fatto che lo sconosciuto avesse fatto riferimento al prezzo oltre che alla qualità, rendeva il tutto plausibile. Ma non poteva esporsi subito con uno sconosciuto, ci rifletté un attimo su e chiese: «Come mai lui non può aiutarla?»

Sorrise. «Se non lo sente da un po’, non immagina il perché? Al momento si è nascosto e si è messo a riposo.»

Eccome se lo immaginava, infatti aveva dovuto trovare un’altro fornitore e gli affari non stavano andando bene come prima. Comunque, qualcosa ancora non gli tornava: Rodrigo non trattava mai con i clienti a cui necessitava meno di un chilo di coca, quelli li aveva sempre passati a lui, dopo un incontro o una telefonata. «Strano però, il nostro amico non mi ha mai parlato di lei.»

«La cosa non mi meraviglia, visto che ci conosciamo da pochi giorni. È stato lui a contattarmi per chiedermi qualche consiglio. E, una volta venuto a conoscenza dei suoi problemi, io gli ho confidato le mie necessità.»

«Capisco, ma potrebbe mettermi in contatto con lui? Veda, senza il suo aiuto per me sarà difficile procurarle certe quantità.»

Chiavari aveva già previsto delle obiezioni simili, così rispose: «Il mio cliente non si fida più dei telefoni, e fino a oggi ci siamo solo incontrati una sola volta, ma se dovessi comunicargli qualcosa c’è una certa trafila da eseguire, poi lui mi contatterebbe, e non nell’immediato» precisò.  Pepito fece una smorfia di disaccordo. «Comunque proverò a contattarlo e, domani, mentre verrò a ritirare il mio etto, le comunicherò quello che mi ha riferito e troveremo sicuramente una soluzione.» 

«Veda, avvocato, questo non è un buon momento e cento grammi, per domani, non saprei proprio come procurarglieli.»

L’ispettore era pronto anche a questo e, strategicamente, rispose: «Io ne ho bisogno domani, perché non posso fare brutta figura con i miei amici, magari non potrò accontentare proprio tutti, ma almeno mezzo etto deve procurarmelo. Altrimenti andrò dal mio solito fornitore e non avrò più bisogno di contattare Rodrigo per lei. Quando più in là lo incontrerò, gli dirò semplicemente che lei non ha potuto aiutarmi e amici come prima.»

Pepito doveva parlare con Rodrigo al più presto e, visto che non riusciva a rintracciarlo, poteva avvalersi solo della persona che aveva di fronte.

«Va bene, comincerò a darmi da fare e lei farà lo stesso, in modo da mettermi in contatto con il nostro amico. Domattina venga di nuovo qui, alle sette e trentacinque. Ah, e non si faccia mai vedere durante l’orario di apertura: mia sorella non deve mai vederla.»

Una volta accordati anche sul prezzo, Pepito disse:

«Un’ultima cosa, può darmi un suo bigliettino da visita? Sa, visto che dovrò procurarmi la merce, se non dovessi riuscirci l’avviserei.»

L’avvocato infilò la mano nella tasca interna della giacca. «Oh, devo averli lasciati nell’altra giacca, le do il mio numero di cellulare, ma mi raccomando: non si sbilanci mai nel linguaggio.»

***

Il mattino seguente l’assistente Gargiulo già alle 07:15 si trovava in via Cola di Rienzo. L’ispettore Chiavari arrivò al bar tabacchi alle 07:30 e il suo subalterno gli fece segno che era tutto sotto controllo. Subito dopo l’incontro arrivò la squadra cinofila insieme a quella che aveva seguito Pepito per un buon tratto, appena era uscito da casa.

***

Dopo aver trascorso ventitré settimane in cella, a Nico urgeva scopare. “A costo de annà a mignotte! O se appena uscito non avrò li sordi, me tromberò Angelina alla faccia de Alvaro!” Alcuni detenuti, anche se solitamente erano quelli che stavano dentro da anni, si accontentavano di andare con altri detenuti, anche se spesso mancava il consenso di uno dei due. Nico invece preferiva, come in quel momento, farsi una sega. Proprio sul più bello, udì il cancello più vicino aprirsi e poi dei passi. Si pulì e fece scorrere l’acqua nel cesso.

«A Nico, tirati su li pantaloni che c’hai compagnia!» gli disse una delle guardie sghignazzando, un attimo prima che in tre si presentassero di fronte la cella.

Grazie alle lezioni di Krav Maga, durante tutta la reclusione a Nico era stato concesso di rimanere solo in cella, nonostante er gabbio fosse strapieno.

«E pe’ l’ultimi tre giorni, non potevo rimane’ ancora da solo?»

«A Nico, tu sei bbono; se a questo lo mannamo con artri, je fanno subito er culo!» disse l’altro, mentre tolse le manette al nuovo arrivato.

«Piacere, io sono Pepito, ma se vuoi puoi chiamarmi Pepi.»

 «Ma, pe’ caso sei frocio?»

 

Serie: Er gabbio


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Ecco che c’è un nuovo ingresso e la battuta finale la dice lunga su che personaggio sarà! Chissà cosa combineranno insieme! Complimenti per la trama mi sta prendendo?

    1. Qualche contrasto deve per forza esserci, no? Non è che Nico è proprio omofobo, ma nun je piace frequenta’ posti co’ li froci… Ahahahaha

  2. Grazie anche, mbare Peppe. Commenti come il tuo mi gratificano molto e devo ammettere che se non fosse stato per “l’ispettore” Chiavari non me la sarei cavata così… Nico oltre che bbono è anche sfortunato e intelligente, però avrà bisogno dell’aiuto di Pepito…

  3. Ciao Ivan. Finalmente ritorno a leggere, gli impegni che mi hanno costretto lontano da Open iniziano a diminuire. 🙂 Concordo con quanto detto da Tony, Nico è “spertu”… quando si tratta di battute poi! Mi piace come stai dosando il dialetto romano, si vede che ci stai studiando su. Bravo. Proseguo subito subito! 🙂

    1. Tony, il mio intento è stato anche quello di far sorridere il lettore, oltre a farlo appassionare alla serie. Se ci sono riuscito sono davvero felice, grazie!

  4. Ciao Ivan 😀
    Indipendentemente dalle cattive abitudini (sono una babbiona, l’unico stimolante che uso sono le incazzature e la caffeina e per rilassarmi guardo gli anime in tv), Pepito mi sta simpatico ;D

    1. Ciao Micol, grazie sempre per la tua presenza. Sono felice che Pepito già ti piace, posso anticiparti che lui sarà la mente, e Nico il braccio.