Le farfalle

Serie: Er gabbio


Prima di uscire di casa per incontrare Martina, ricordando i consigli di Pepi, Nico si rase la barba; e ci riuscì per un pelo perché ormai dai rubinetti usciva solo un filo d’acqua. Cercò nell’armadio qualcosa che non fosse una tuta da ginnastica e trovò un paio di jeans e una camicia bianca che sperò andassero bene.

Lasciata la stazione della metro, percorrendo via Cola di Rienzo, Nico si fermò per visionare i nomi sulla tastiera del citofono al civico prima dello storico bar Castroni: Martina De Santis abitava proprio lì. Anche se non l’aveva mai vista e né le aveva parlato, lui sentiva qualcosa dentro di sé… forse era un senso protettivo nei confronti di lei perché presto Romolo sarebbe uscito di prigione; o probabilmente era così preso da quella sorta di sfida che si era proposto, e voleva dimostrare che adesso fosse in grado di conversare in italiano e capace di corteggiare una donna anche dai gusti raffinati. 

***

Erano trascorsi più di cinque anni da quando Nico non aveva più provato un sentimento simile all’amore. Molte delle sue allieve, sia le più carine che quelle meno, da sempre avevano dimostrato una sorta di venerazione verso di lui, quindi per Nico era sempre stato facile rimediare qualche incontro al di fuori della palestra. Quando però aveva creduto di essersi innamorato di una sua allieva, gli incontri post allenamento con le altre si erano interrotti ma, nonostante questo, a causa dell’eccessiva gelosia di lei la storia d’amore non era durata più di un anno. Nico poi aveva capito che, oltre a qualche appuntamento frugale, avere una relazione con qualcuna delle sue allieve non giovava al lavoro e, conoscendo solo Angelina al di fuori del gruppo, non aveva avuto più l’opportunità di intraprendere una storia seria con una ragazza.

***

Arrivato di fronte al negozio restò meravigliato dall’eleganza che intravide all’interno e, prima di entrare, tossì come per schiarirsi la voce e poi aprì la porta a vetro. «Buongiorno» disse, avvicinandosi timidamente di qualche passo alla piccola e graziosa morettina impegnata a fare lo shampoo a una cliente tutta ingioiellata. «Mi chiamo Nico e sono un amico di Pepi, cercavo sua sorella Martina, è qui?»

«Buongiorno signor Nico, Martina è momentaneamente impegnata. Se attende un attimo, vado di là ad avvisarla.»

«Grazie.»

«Di niente, si accomodi pure nella saletta d’attesa, faccio subito» disse sorridendo, senza staccargli gli occhi di dosso.

Nico si sedette su un divanetto in pelle candido come la neve, e poi prese una delle riviste ‘Vogue’ dal tavolinetto in vetro e cominciò a sfogliarla fingendosi interessato.

Appena finito di sciacquare i capelli alla cliente, prima di cominciare a farle l’acconciatura, la ragazza andò dalla titolare. «Martina, scusami: c’è di là un amico di tuo fratello che vorrebbe parlarti; ha detto di chiamarsi Nico.»

«Ma come di là?» chiese inorridita ma a bassa voce, sapendo che l’ospite in questione fosse un avanzo di galera. «Non lo hai fatto aspettare fuori?» sbuffò, visto che era risaputo che preferiva non avere uomini nel suo negozio, soprattutto quelli di un certo stile.

«E perché? Certo, non indossa un completo firmato, ma è tanto caruccio… Sai, a me è sembrato un giocatore di rugby; e raramente mi sbaglio. Comunque Pepi ha sempre buon gusto nel scegliersi gli amichetti…»

«Giulia, ma che dici!» esclamò alzando solo un po’ il tono di voce e sorridendo appena, sapendo che questa volta la sua dipendente non ci aveva azzeccato per niente. Ultimò di fare la manicure alla cliente e poi l’accompagnò dall’altra parte per farla pagare. Dalla sagoma che vide dietro i vetri traslucidi, c’era da dire che, vista la stazza, Giulia avrebbe anche potuto avere ragione… “Chissà se è davvero caruccio?”

Con quegli occhi blu come il mare, i capelli lisci e lunghi, dello stesso colore del miele e il viso leggermente spruzzato di lentiggini, appena la vide spuntare a Nico cadde la rivista dalle mani ed ebbe bisogno un attimo prima di riprendersi e dire: «Buongiorno Martina, spero che con la mia visita non ti abbia creato disturbo.»

«Beh, di solito qui non riceviamo uomini, ma voglio troppo bene a mio fratello per potergli negare un favore così piccolo.» Lui non se la prese e sorrise imbarazzato, lei lo scrutò dalla testa ai piedi: forse ai capelli, nei giorni precedenti, ci aveva messo mani suo fratello e il taglio era apprezzabile, la camicia lasciata sbottonata in alto metteva in mostra un petto possente ma villoso e la cosa non le piacque tanto, infine le scarpe Adidas secondo i suoi canoni lo rendevano troppo kitsch. Giudizio finale: “Non va bene” sentenziò.  

Nico non era ancora sicuro se la sua presenza fosse del tutto sgradita, così le chiese: «Posso offrirti un caffè, magari al bar qui accanto?»

«Tra un po’ arriverà un’altra cliente e non voglio allontanarmi» rispose, per evitare di farsi vedere in giro con uno come lui. «Però ho la macchinetta del caffè. Andiamo di là, così ti darò le chiavi.»

L’ufficio che lei utilizzava per ricevere i rappresentanti era piccolo, di buon gusto ed essenziale: su una scrivania dal piano in vetro vi erano la tastiera e lo schermo di un computer, qualche catalogo e delle fatture; in una parete era appeso un quadro raffigurante una donna stilizzata e senza veli; infine su un mobiletto blindato ma rivestito in legno wengé, che nascondeva il DVR dell’impianto di videosorveglianza, c’era la macchinetta del caffè. Nico si sedette su una delle due sedie e disse: «Per me amaro, grazie.»

Qualche istante dopo, porgendogli il bicchierino, disse: «Senti, non mi va che mio fratello frequenti gente come te.» Nico aggrottò la fronte. «Sapevo già che facesse uso di cocaina e la cosa non mi è mai piaciuta, ma d’altronde io sono la più piccola, lui è un testone e non mi ha mai dato retta. Però se vorrà mettersi anche a spacciare non glielo permetterò, altrimenti dovrà andarsene via da qui.»

Nico, che sapeva già che Martina fosse all’oscuro dei traffici del fratello, rispose: «Comprendo il tuo ragionamento, ma perché mi stai dicendo questo?»

«Come perché? Tu sei stato arrestato per spaccio e…»

«Scusa se ti interrompo, Martina. La mia, più che un’attività di spaccio, è stata una bravata. Avevo perso il lavoro e mi è venuta la pessima idea di coltivare qualche pianta di marijuana in casa mia. E con la cocaina nun c’ho mai avuto niente a che fa’!» disse, non riuscendo più a mantenere un certo linguaggio. «Capisco i tuoi timori, ma puoi stare serena che non sarò io a far compiere a tuo fratello qualche scemenza.» Lei scrutò i suoi occhi castani e volle credergli. «E poi, perché pensi certe cose su tuo fratello, la polizia è andata a casa sua, giusto?»

«Sì, qualche ora dopo l’arresto.»

«E non hanno trovato niente che potesse far incriminare Pepi per spaccio.»

«Sì, ma…»

«E so anche che l’ispettore Chiavari ha sequestrato i video del negozio e non ha trovato niente…»

«Certo, perché Pepi, appena la mattina presto arrivava qui, disattivava le videocamere. Ma io lo so che qui riceveva qualcuno che…»

«Che gli vendeva la coca, Marti’» disse per coprire l’amico. 

Lei sospirò, non era del tutto convinta ma sperò che fosse così. Porse le chiavi dell’appartamento di Pepito a Nico e disse: «Mi ha detto che puoi prenderti anche il suo scooterone, se ti serve.»

«Grazie.»

«Comunque non riesco ancora a capire come mai uno diffidente come Pepi, possa fidarsi di uno che conosce appena.»

«Me lo sarei chiesto anch’io, al posto tuo. Vedi, se non fosse stato per me, ar gabbio a tuo fratello Romolo je avrebbe fatto er culo» disse, non riuscendo a trovare parole più incisive.

Lei non fece neanche caso al linguaggio, si rabbuiò al solo pensiero di Romolo. «Allora anch’io ti sono grata.»

«Purtroppo fra non molto te lo ritroverai tra i piedi, ma non dovrai più preoccupartene: ci penserò io a tenerlo a bada.» Gli occhi di lei trasmisero sia speranza che timore. «Dai, è inutile preoccuparsene adesso. Piuttosto, quando uscirà Pepi?»

«Ho sentito ieri il suo avvocato, e mi ha detto che dopodomani dovrebbero esserci buone possibilità.»

“E te pareva…” pensò, riferendosi alla sua solita sfortuna. «Beh, son contento per lui: alla fine sarà rimasto dentro solo sei giorni; gli è andata bene.»

«Già, non vedo l’ora che ritorni. Anche perché lui è insostituibile e il negozio ne sta risentendo.»

Il bussare alla porta interruppe la discussione: Giulia annunciò a Martina che fosse arrivata la cliente.

«Buon lavoro, allora» le disse Nico prima di andare via. «Magari tra qualche giorno ci rivedremo.»

«Magari…» rispose lei, distogliendo lo sguardo da gli occhi di lui, per non mostrare le proprie emozioni.

Mentre Nico si dirigeva verso la stazione della metro per raggiungere il quartiere Flaminio, il suo stomaco era in subbuglio. “Che siano le farfalle?” si chiese sorridendo appena. Non sapeva darsi una risposta del tutto razionale, era però consapevole che avesse mentito a Martina e la cosa non gli era piaciuta, ma doveva aiutare Pepi in qualche modo e si augurò che, oltre gli sbirri, anche Martina non li avrebbe mai scoperti. Telefonò a Francesco e gli disse di raggiungerlo nel punto concordato: da quel momento in poi Nico non avrebbe più agito come uno sprovveduto.

Serie: Er gabbio


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Discussioni

  1. Uhm… ho la vaga impressione che Nico si vada a ricacciare pesantemente nei guai. Tipo come andare a finire nuovamente in gabbia? Ahahaahh 🙂 Spero di no! Sul fatto di essere un abile “oratore” con tanto di argomentazioni forzate… beh, non ci sono dubbi! 🙂

  2. Ciao Ivan, Nico deve stare attento con questi giri strani, non me lo fare finire in galera di nuovo perché mi sta simpatico! la piccola bugia ci sta, ma lui dovrebbe mettere la testa a posto!

    1. Ciao Tony, esaudirò il tuo desiderio: niente più “gabbio”! Comunque il problema sta proprio lì, perché lui vorrebbe mettere la testa a posto, ma… Pepi ha troppi guai che si porta dietro.

    1. Ciao amico mio, ma la curiosità non era donna? Ahahaha Ormai sono avanti con il lavoro e la serie è giunta al 90%, ma rimarrò fedele e pubblicherò un episodio a settimana: quindi aspetta un altro po’…