Le Isole di confine

Serie: L'imperatore dei Mari


Le Isole di confine marcavano il limite tra il Vecchio continente e i quattro Nuovi continenti. Erano terre libere, non sottostavano al Governo.

La piccola Nazione era suddivisa in quattro arcipelaghi: Vulcano, Foresta, Argilla e Sospeso.

L’arcipelago Vulcano era costituito da quattro isolotti aperti in un cratere grondante magma; le eruzioni e i terremoti erano frequenti. Tuttavia non interferivano con il normale svolgimento della vita dei pochi abitanti, perlopiù fabbri. Si trovava nel bel mezzo del Canale stretto, striscia d’acqua che separava il Continente del Nord dal Continente dell’Ovest.

Foresta era il più rigoglioso. Alberi centenari, fiori dai mille colori, innumerevoli varietà di animali. Era il più popoloso, i suoi prodotti erano conosciuti e apprezzati in tutto il mondo; erano anche i più cari, per la loro bellezza e bontà. Le tre isole che lo formavano erano posizionate a ovest di Vulcano.

Le quattro isole che formavano Argilla erano invece famose per i loro costruttori, abili nel lavorare i sedimenti di cui erano ricche, come anche qualsiasi altro tipo di materiale. La loro estensione era la più grande fra tutti gli arcipelaghi. La popolazione, nonostante le nascite fossero moltissime, cresceva raramente di numero, perché raggiunta l’età adatta, i giovani uomini lasciavano le loro origini per continuare a rendere grande il nome della loro terra erigendo magnifiche, sontuose, bellissime costruzioni nel resto del mondo. Si trovavano in diagonale tra Foresta e Vulcano.

Il gruppetto di isole era sormontato dall’arcipelago Sospeso. Due abominevoli agglomerati di roccia fluttuavano, ruotando uno intorno all’altro. Le nubi scagliavano costantemente rabbiose saette sul loro suolo, accompagnate da un continuo e scrosciante flusso d’acqua. Luogo inaccessibile, leggendario. Inabitato a quanto si sapesse, di sicuro inesplorato. Nemmeno i quattro Esiliati, scopritori dei Nuovi continenti, furono mai in grado di raggiungerlo.

La differenza tra l’aria calda delle isole e l’aria fredda dell’arcipelago Sospeso creava costantemente dei tornado. Erano il più grande timore di ogni abitante delle Isole di confine. I potenti vortici d’aria erano imprevedibili; nessuna anticipazione, si formavano, devastavano le isole e sparivano esattamente come erano apparsi: nel nulla.

Gli indigeni credevano che i tornado fossero la manifestazione dell’ira degli dèi.

La religione ha tanti seguaci quanti detrattori, come anche molteplici sfaccettature e controparti.

In tutti e quattro i Nuovi continenti si adoravano, ancor prima della colonizzazione, fin dall’alba dei tempi, gli stessi dèi, tuttavia ogni regione era più devota rispetto a un dio, o dea, che a un altro. Ogni città o paese poteva contare sulla guida di un Sacerdote, uomo o donna unti direttamente dagli esseri sovrannaturali, creatori del mondo, con il compito di istruire i popoli, impartendo gli ordini degli dèi, e di insegnare loro il discernimento tra bene e male.

La naturale controparte di Sacerdoti e Sacerdotessa erano gli Atei: uomini e donne dediti al lavoro e alla famiglia, troppo impegnati per ascoltare e seguire le storielle metaforico-allegoriche dei religiosi. Non credevano in nessun dio; la loro unica missione era lavorare i prodotti concessi dalla natura al fine di soddisfare il loro ego e vivere una vita tranquilla, lontana da intemperie, disgrazie e malattie. Erano organizzati in assemblee e si facevano chiamare i Forgiatori: modellatori di materie prime e del loro destino.

All’inizio del tutto, quando si iniziarono a delineare le due fazioni concorrenti, un quartetto di Atei, spinto dall’intolleranza verso la religione e dall’insofferenza al lavoro, si ritirò nelle foreste del Continente del Nord. Lì trovarono un pozzo, non molto profondo, dal quale proveniva un canto sommesso, soave. Era una voce femminile, ammaliante, a tratti seduttrice. I quattro membri del gruppo si sporsero sui bordi: l’acqua brillò di sfumature rosa-arancio, la voce fu ben udibile. Una luce li travolse. I due uomini e le due donne caddero all’indietro; riaperti gli occhi videro una sfera dai contorni frastagliati, colorata come l’arcobaleno, volteggiare in aria; diffondeva calma, amore, sapienza. Quattro piccole bolle si staccarono da essa, penetrarono all’altezza del cuore di ognuno di essi. La voce che prima cantava disse: «Voi mi avete trovata, dunque sarete i miei ambasciatori. I vostri muscoli non conosceranno la fatica del lavoro, la vostra vita non finirà per cause naturali, avete ereditato l’eternità, andate, diffondete la mia bellezza e utilità, insegnate quello che vi è stato infuso. Sarete i quattro Maghi, protettori del mondo. Io sono Magia.»

I quattro Maghi erano ancora in trance quando la sfera sparì. Quella sensazione di benessere e tranquillità gli rese la testa leggera. La calma trasmise loro forza e potenza, chiarezza d’intenti.

Le due Maghe si diressero a est e a sud, un Mago restò nel nord, mentre il quarto s’incamminò verso ovest.

Passarono dieci anni. Magia, lenta, racimolava nuovi seguaci. Non tutti, però, furono in grado di utilizzare al meglio la sua magnifica potenza. I quattro Maghi, dunque, furono rapiti in sogno; la sfera disse: «Grande è l’impegno e la devozione che mostrate. Tuttavia c’è ancora molto da fare. I proseliti non sono numerosi, ciò nonostante, voi tutti, non siete in grado di tenere a bada le pulsioni dei vostri adepti. Molti si sono fatti corrompere dal potere, dalla voglia di prevalere. Loro usano il loro potere in modo inappropriato, nell’oscurità, in gran segreto, vigliacchi ingrati. La loro sete rende il loro potere forte e pericoloso. Con grande dispiacere mi trovo costretta ad annunciarvi la nascita della Magia nera. Voi siete protettori del mondo, cercate e sradicate il male.»

I Maghi intrapresero dunque una caccia a Stregoni e Streghe, nel tentativo di ravvederli. I loro tentativi furono vani, lenti, a tratti troppo misericordiosi e permissivi. Stregoni e Streghe si diedero un’organizzazione: da allora ogni Continente ebbe un Mago reggente così come uno Stregone.

La sfaccettatura della religione comune era costituita da singoli esseri umani, riuniti in piccoli gruppetti, fanatici adoratori di un qualsiasi dio, disseminati per i quattro continenti. Un gruppo di essi aveva sede sulle Isole di confine. Vulcano e Argilla erano atee, Foresta era più religiosa nonostante non disdegnasse il commercio.

La suddivisione mistico-credente degli arcipelaghi non era sufficiente alla gestione di essi, a tal proposito ogni arcipelago era retto da un Governatore. I tre reggenti si riunivano ogni venti giorni in consiglio, scegliendo ogni volta un’isola diversa. Nessuno dominava sugli altri, avevano pari diritti e doveri. Le decisioni venivano prese per votazione. Il triumvirato funzionava in maniera eccelsa.

Poco distante dalla costa di Patajui, l’isola più a nord di Foresta, si ergeva un faraglione. La roccia si apriva nel centro, alla sua base, creando un piccolo passaggio. Due barche a remi erano legate a grossi e arrugginiti anelli piantati nella pietra. Una scala scavata nella roccia saliva avviluppandosi intorno a essa raggiungendo l’estremità ricoperta dal muschio che ospitava una piccolissima abitazione. Al suo interno vivevano i cinque uomini, membri di chissà quale ordine religioso.

A bordo delle loro piccole e fragili barche si accostavano a quelle più grosse, acquistando tutto ciò di cui bisognassero senza dover recarsi in un mercato o bazar. Non sempre, però, trovavano armatori congeniali a quell’idea, costretti, quindi, a navigare fino alla terra ferma.

Durante uno degli sporadici approdi, l’aria divenne all’improvviso elettrica, una leggera brezza fresca sferzò l’aria, le nuvole cominciarono ad ammassarsi, diventando sempre più grige. Una colonna in lontananza, in mezzo al mare, iniziò a prendere forma.

«Tornado! Tornado!» Urlava la gente dell’isola cercando riparo.

I commercianti chiusero alla meno peggio le bancarelle, le imposte delle case furono serrate, uomini, donne e bambini si inginocchiarono in preghiera.

I cinque uomini si lanciarono in una corsa all’ultimo fiato fino al punto di approdo. Saltarono sulle loro barche. Il mare iniziava a essere troppo agitato, non riuscirono a direzionare i loro mezzi.

«Che facciamo, Uno?» Chiese uno di loro rivolgendosi alla loro guida.

«Troviamo un punto libero da impedimenti visivi, uniamo le nostre forze e preghiamo.»

I cinque camminarono lungo la spiaggia aggirando il loro faraglione, chiusero gli occhi, le labbra si muovevano, nessun suono era percettibile, le braccia distese in avanti verso il tornado; piccole ma dense lingue nebbiose scaturirono dalle loro dita, si dirigevano verso la colonna. Poco dopo il gruppetto piantò bene i piedi a terra, sprofondavano nella sabbia, erano collegati alla tromba d’aria.

Un ragazzino, seduto sopra uno scoglio, osservava estasiato quella scena: da un lato il tornado con la sua magnifica potenza, dall’altro gli estremisti religiosi con la loro paziente forza; si alzò e provò a imitarli. Non pronunciò nessuna preghiera, soltanto focalizzò l’obiettivo tra i palmi delle mani, chiuse gli occhi, con un colpo secco incrociò le dita.

Un boato fu l’ultima cose che sentì prima di perdere i sensi.

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Discussioni

  1. Dei quattro arcipelaghi quello che m’incuriosisce di più è Sospeso; però non chiedermi il perché.
    Questa volta hai inventato un intero mondo: idea interessante.

    1. L’idea é quella di abbattere prequel e sequel, iniziare per l’appunto dall’inizio, anche se é impossibile. Tutto é nato ben 12 anni fa ormai, dal mio primo romanzo breve rimasto sempre nel cassetto, e per fortuna perché a rileggerlo lasciava veramente a desiderare, quindi ho deciso dici prendere la storia ma dall’inizio, non mancheranno i colpi di scena, te lo assicuro