L’estate che viene – 1 – Fiducia

Serie: L'estate che viene


Racconto breve in 5 puntate

Claudio appoggia il torso allo schienale della seggiola, siede a braccia conserte. Non ha ancora fatto in tempo a scrollarsi di dosso il freddo della mattina, accumulato sulla sella della motocicletta che da casa lo ha portato dritto in un bar di Tor Sapienza del quale non conosceva nemmeno l’esistenza. Lo ha aperto da poco una famiglia di cinesi, marito e moglie anziani che si esprimono male in italiano, le due figlie invece con una marcata inflessione romana.

Chiude e apre le gambe in una sorta di dondolio, lento e ritmico, e quasi non si cura della persona che gli sta davanti. Prima di sedersi ha ordinato al banco qualcosa che gli ravvivi la temperatura, almeno quella corporea: un bicchiere di latte caldo macchiato caldo. Caldo, non tiepido. Caldo.

Mentre aspetta che glielo portino osserva gli avventori del locale, ma lo fa più per un riflesso indotto che per reale interesse. Poi torna a guardare la testa di capelli castani al lato opposto del tavolino. Quegli occhi azzurri nascosti dietro ad una montatura di metallo leggera, poggiata su un naso dal profilo greco che dà forma ai lineamenti del viso, due labbra tese come l’espressione che ha in volto, che non sanno ancora bene dove andare a pescare le parole e si limitano a dire:

«Non ti levi la giacca?». Per il momento Renzo non trova di meglio.

«Fa freddo qua dentro» risponde Claudio.

«Grazie Cla’ che sei venuto.»

«Non mi ringraziare, l’ho fatto per Elena.»

«Non le hai detto che ci vedevamo, vero?»

«No, non l’ho fatto. Re’, me lo dici perché ci siamo dati appuntamento in sto posto? Non sono neanche le nove e c’ho già mille cazzi da sistemare oggi». La voce di Claudio è sicura, profonda, sovrasta senza sforzi il vociare tutt’attorno così come il rumore della ceramica che collide sui piattini.

Renzo non risponde. Prende tempo, mescola distrattamente il caffè che gli è appena stato servito da una delle figlie dei proprietari, lo sguardo assente che punta fermo oltre il bordo della tazzina.

Assieme al caffè arriva anche il latte. Claudio lo prende direttamente dalla mano della ragazza, lo soppesa un paio di secondi tra le dita e glielo restituisce senza nemmeno assaggiarlo:

«T’avevo detto caldo. Riportamelo caldo.»

La ragazza non fiata, rimette il bicchiere sul vassoio rotondo e sparisce dalla vista di entrambi.

«Perché lo fai?» domanda Claudio dubbioso, perplesso.

Renzo alza gli occhi e sembra ritornare da un viaggio su un altro pianeta.

«Perché faccio cosa?»

«Perché mescoli il caffè, se non ci metti lo zucchero?». Non c’è nessuna trappola, nessun secondo fine, nessun sottinteso in quella domanda. Sincera curiosità.

«Non lo so. È una cosa automatica? Una roba di quando lo zucchero ce lo mettevo?»

Claudio riflette brevemente sulla risposta di Renzo. Prende un respiro ed agita il dito verso un punto imprecisato del locale, come se gli fosse appena venuta in mente una considerazione tenuta a lungo sulla punta della lingua:

«Ci hai fatto caso che ultimamente rispondere ad una domanda usando il tono di un’altra domanda è diventata la normalità? Perché? Non ha nessuno senso.»

«Non so nemmeno questo. Sarà che viviamo in un periodo di incertezze?»

«Sì, sarà quello» risponde Claudio senza convinzione. Si passa il palmo sulla bocca e sulla barba ispida, gusta quel senso di abrasione e quelle vibrazioni che solo un uomo può capire. «Mi sembra comunque una stronzata. Ci stiamo perdendo le regole di base, finiremo a scrivere tutto con le minuscole.»

«Lo facciamo già» risponde Renzo di getto, sicuro. Posa il cucchiaino sul ripiano del tavolo senza curarsi di macchiarlo, e beve in due lunghi sorsi dalla tazzina.

«Mica è vero» risponde Claudio. Fissa Renzo con la testa rivolta leggermente in avanti come a volerlo osservare da una differente angolazione, non aggiunge altro ma tiene il punto, sfidandolo ad argomentare.

«Certo che è vero. Guarda i messaggi che mandiamo col telefono. Ormai li scriviamo tutti in minuscolo. Inizio frase, nomi: non fa più nessuna differenza.»

«La fa eccome. Io non scrivo in quel modo. Prendi uno qualsiasi dei miei messaggi. Prendi quello con cui t’ho risposto: vedrai che è scritto giusto».

«Bella forza, mi hai risposto “Ok”.»

«Ma era scritto con la maiuscola.»

«Perché è inizio frase e c’è il correttore automatico.»

«No, perché ci sto attento, perché…»

La cameriera lo interrompe arrivando da dietro, sul vassoio ha un altro bicchiere colmo, fumante.

«Scusate se vi interrompo» dice con una punta di esitazione, «il suo latte…»

Claudio ripete la scena di prima, prende il bicchiere dal vassoio, lo soppesa e questa volta beve un sorso. Poi posa il bicchiere sul tavolo, senza dire una parola. La ragazza scompare nuovamente.

«Claudio, ho fatto un casino». Renzo si stringe la punta del naso, spazza via un paio di briciole dal tavolo.

«Che hai fatto?» chiede Claudio. Non si scosta di un millimetro, lo guarda e basta, senza coinvolgimento.

«Ho preso una decisione avventata.»

«Sarebbe a dire?»

«Mi sono fidato di uno.»

«Uno chi?»

«Un cliente.»

«All’autonoleggio?»

Renzo sbotta, non dovrebbe ma si lascia scappare un tono infastidito: «Certo, all’autonoleggio. Che altri clienti ci posso avere?».

Claudio mantiene gli occhi sulla bocca serrata di Renzo, non si scompone, la flemma parla per lui e racconta più di quanto non farebbe un ceffone ben dato: «Stai più rilassato e non t’azzardare. Non mi parlare mai a quel modo. Elena sarà pure mia sorella ma sposarla non t’ha fatto diventare mio amico.»

Serie: L'estate che viene


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Discussioni

  1. “Certo che è vero. Guarda i messaggi che mandiamo col telefono. Ormai li scriviamo tutti in minuscolo.”
    Ciao Roberto! Questa cosa è verissima e se ci pensi un attimo fa riflettere tantissimo! Vado avanti con la lettura!!! 👏 👏 👏

  2. Ciao Roberto! Che piacere “leggerti”. Una lunga e dettagliata introduzione che non sai dove ti può portare finché… Bam! Nelle ultime righe ecco il punctum, i dettagli che ti spingono ad andare avanti a leggere. A differenza di Rocco ho trovato scorrevole l’episodio con molti indizi sul carattere dei personaggi. Ma anche io apprezzo molto quando qualcuno mi propone il suo punto di vista. È utilissimo.

  3. Il brano è eccellente. Si percepisce un mondo, un contesto, un passato fra i personaggi. È visivo, dialogico, sporco quanto basta, e con il giusto ritmo narrativo. Ricorda certe atmosfere da Suburra, Romanzo Criminale, ma in chiave più umana e quotidiana.
    Soffre però di un inizio troppo denso, qualche dialogo poco fluido e un personaggio (Renzo) che fatica a emergere accanto a Claudio. Alcuni dettagli risultano ripetuti inutilmente, rallentando il ritmo. Servirebbe più equilibrio tra introspezione e azione.

    1. Ciao Rocco! Sono felice di questo tuo commento. Davvero, non immagini quanto. Intanto perché hai trovato il tempo di leggermi, e il tempo ma ancora di più la voglia non sono mai scontati. E poi soprattutto perché mi hai fatto avere un’opinione sincera e costruttiva. Grazie, grazie ancora.

  4. Ah! Roberto! È sempre, sempre, sempre piacevolissimo leggerti! E ovviamente adesso sono curioso di capire a chi e che tipo di fiducia è stata estorta a Renzo.
    E poi, se proprio devo essere sincero, mi fa un sacco di piacere ritrovarti! 😀