L’estate che viene – 4 – Ombre

Serie: L'estate che viene


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Claudio scuote la testa e si guarda attorno, come alla ricerca di una soluzione che non c’è. Poi domanda a Renzo: «Quando hai intenzione di dirglielo?»

Renzo, con i gomiti appoggiati al tavolino e le dita fra i capelli, sembra riprendersi da una sbornia colossale quando alza la testa e risponde:

«Non ce la faccio a dirglielo. Non nelle condizioni in cui è adesso. Non se lo meritano.»

«Non se lo meritano chi? Che stai dicendo?»

«Cla’, Elena t’avrebbe parlato fra poco. Volevamo aspettare, sai, per sicurezza.»

«No…». Claudio si tocca le tempie con pollice e medio.

«Sì. È una cosa bella, Claudio.»

«Non è vero. Dimmi che non è vero. Dimmi che non hai mandato tutto a mignotte mentre avevi una moglie incinta.»

«E secondo te perché l’ho fatto?». Renzo sbotta. Cerca di contenere il tono della voce, ma gli scappa una manata sul tavolo. Le posate tintinnano, cade un cucchiaino a terra. «La conosci un po’ tua sorella? Che non le basta mai un cazzo? Che non s’accontenta di niente? Che si crede che s’è sposata George Clooney? Sai quanti grilli c’ha già in testa per sta bambina?»

«E adesso ci pensi? Non lo sapevi com’era quando vi siete messi assieme? Maledetto il giorno… non ci provare sai? Non t’azzardare ad addossare la responsabilità su di lei». Claudio punta il dito dritto contro la faccia di Renzo, le parole che escono dai denti come sbuffi di vapore da una vecchia locomotiva. «Una femminuccia. Porco Giuda una femminuccia. Ancora non è nata e ha già un padre stronzo che l’ha affogata nella merda.»

«Claudio, mi serve una mano. Non possiamo perdere tutto. Non glielo posso fare, adesso che sta per cambiare tutto.»

«L’hai già fatto, grandissima testa di cazzo. L’hai già fatto. Com’è che non ti entra nella zucca? Poi che cosa ti aspetti da me? Soldi da buttare io non ne ho.»

«Va bene, ok. Però magari potresti chiedere a quegli altri amici tuoi…»

«Renzo, che cazzo stai dicendo? Siete nella merda e chiami me per mettervi in un casino più grande?»

«Che c’è di un casino più grande di questo?»

«Quegli altri amici miei: loro sono un casino più grande. Dai retta Renzo, non ti invischiare. Non ne uscite più. Quelli non sono solo cattivi: sono cattivi e c’hanno pure la testa, che è molto paggio. Non vi lasciano niente, capito? Niente. E tu adesso c’hai una figlia, mia nipote, oltre che una moglie, mia sorella». Sottolinea le parole con un gesto delle dita, a formare due parentesi.

Renzo tira su col naso, si abbandona sulla sedia, disegna delle piccole linee concentriche con la schiuma della birra che è uscita dal collo della bottiglia e si è depositata sul tavolo.

«E allora una mano me la devi dare in un altro modo Cla’. Io devo tirarli fuori sti soldi. Non c’ho un cazzo. Non ho niente da vendermi. Il salone non lo posso toccare, la casa è intestata a Elena, guido una macchina di merda ed è pure in leasing. Non ho scelta.»

«Renzo, mi senti quando parlo? Non ce li ho centomila euro. Come cazzo…»

«Ho capito Cla’. Ho capito. Mi basta che mi dici che mi posso fidare di te. Mi basta che mi dici questo e io ci credo. Che lo fai per Elena e per la bambina.»

«Di che cazzo stai parlando Renzo?»

«Tu ti credi che sono un mentecatto, e magari c’hai pure ragione. Ma io c’ho pensato a sta cosa, c’ho pensato per giorni. T’ho chiamato, t’ho chiesto aiuto, c’ho provato; ma me lo immaginavo che sta storia andava a finire così». Prende il bicchiere e lo porta alle labbra, guarda Claudio di sottecchi, sorseggia con calma, non resterà più niente dopo che lo avrà svuotato. «Non fare quella faccia incazzata Cla’, mica ti sto dando la colpa. Mi ci sono messo da solo in questa situazione. L’ho fatto in buonafede ma sono stato un coglione, c’hai ragione tu. E così ho pensato a un modo per uscirne.»

«Re’, che ti sei messo in testa? Vuoi andare dagli sbirri? Lo sai che vi succede a tutti quanti se parli con loro? Hai presente che pentolone di merda vai a scoperchiare?»

«E secondo te non lo so? No, niente polizia. Me la risolvo da solo.»

«E come? Gli metti una bomba a casa dei Colucci e poi “S’annamo a pija Roma”? come Fierolocchio?». Claudio ride. È una cosa rara, non succede quasi mai.

«No Cla’, te l’ho detto, faccio tutto da solo. Mi serve solo che ti occupi della parte burocratica. Tu sei bravo in ste cose, tua sorella invece… lo sai com’è.»

Il sorriso di Claudio si smorza piano piano, come un raggio di sole che si sposta su un muro, che fino a due secondi prima l’ombra stava lì e adesso sta da un’altra parte e tu te ne accorgi solo a cose fatte.

«Re’, che ti blateri? Una birra e sei già ubriaco?»

«Com’era quella roba del ghepardo di una volta?» sorride, gli occhi sul bicchiere. «No, sono lucidissimo Cla’». Cerca le parole giuste per proseguire. «Voglio dire, gli diamo sempre un sacco di soldi a queste assicurazioni, vogliamo incassare per una volta? Ce la dobbiamo sempre prendere in saccoccia noi?»

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