Lo shock

«Sali Francesco, che ti porto da Serena.»

Francesco era indeciso, non sapeva che fare, non gli piaceva prendere decisioni sui due piedi, se non prendeva adesso l’autobus, poi andava a finire che perdeva il treno e restava a Roma come minimo per una notte e lui voleva solo tornare a casa, tornare alla normalità, che qua era tutto un casino e magari fosse stato solo per il traffico.

«Sali sul predellino dietro, che guido io.»

«Ma non sai dove andare e poi non è una cinesata muoversi nel traffico romano.»

Ma Cinzia percepì dallo sguardo duro e irremovibile che gli aveva lanciato Francesco, di lasciar perdere e salì sul sellino dietro dando il casco a Francesco.

«Al Cimitero degli Inglesi, poco lontano da qui, fai la rotonda, giri a destra e poi sempre dritto sino a Porta San Paolo, te ne accorgi subito è una porta-castello coi torrioni.»

«Al cimitero, a fare che cosa?»

«Serena, ci aspetta là, ti deve spiegare alcune cose, vedrai che il cimitero è un bel posto.»

Si infilarono nel traffico e Cinzia si strinse a lui, Francesco sentì che le sue braccia e le sue mani erano pesanti, lo erano davvero o era qualcosa d’altro?

-Oh questa poi, mi sto eccitando, mi fa effetto Cinzia, oh questa poi-

«Gira, no, a destra, no, non di lì, là, sei proprio rinco e failato.»

Francesco, non gli badò, andò avanti, dove non sapeva, ma era veramente rincoglionito, sentiva il suo coso pulsare come se fosse impazzito, manco le prime seghe da ragazzino erano state così forti, vorrebbe prendersi la Pippi, stenderla in mezzo al traffico e baciarla ovunque, mangiarla addirittura o almeno sentire il gusto della sua pelle – Che è ‘sta roba, non mi piace la Pippi è il diavolo per me, non mi piace una ragazza coi manubri alle orecchie, ignorante, vanitosa e scema, razzo ‘sto coso maledetto che s’alza e preme senza che io lo voglia- bofonchiava tra sé, fermandosi poi col motorino davanti a una chiesa.

«Dove siamo finiti.»

«Dove sei finito tu, ti avevo detto a destra, hai girato a sinistra, siamo tornati indietro, siamo dentro al Parco dell’Appia. Questa è la chiesa del “Domine Quo Vadis” e tu invece di Porta San Paolo hai preso quella di San Sebastiano.»

«Quindi sai anche parlare oltre a saper balbettare e a slangare.»

Cinzia lo guardò coi suoi occhi grandi e spalancati, marroni spruzzati di pagliette dorate come le uova di quaglia, aveva ciglia nere lunghissime, aveva il volto da agnello, di una dolcezza incredibile, lo guardava tale e quale un cucciolo di un qualsiasi animale, un gattino, un coniglio o i cuccioli di iena, questi ultimi erano per Francesco il non plus ultra, anche se dal vero non li aveva mai visti.

A Francesco venne in mente una leggenda del suo paese.

A Sant’Olcese, c’era un grande orso che aggrediva le pecore, le mucche e gli animali domestici e gli abitanti erano terrorizzati, pensavano che prima o poi si sarebbe mangiato pure un bambino. Un giorno Olcese un vescovo francese vissuto nel 400 che divenne Santo e che diede il nome al paese, col carro pieno di pietre per costruire la chiesa, si trovò di fronte l’orso che azzannò uno dei due buoi che tiravano il carro e poi si avventò sul Santo, ma Olcese guardò negli occhi l’orso e l’animale si accucciò, scodinzolando come un cane, lasciandosi accarezzare e poi mettendosi da solo al posto del bue che aveva ucciso.

Francesco davanti agli occhi della Pippi, si sentiva come l’orso della leggenda, prima feroce e ingordo di desiderio e ora -ora, cosa, un barboncino, non mi piacciono le ragazze come Cinzia, sono scioccato, sono abituato a cose normali io, prima il colpo di fulmine per Serena, che poi mi volta le spalle e se ne va, poi un’erezione pazzesca, insopportabile, da non capirci niente e ora vorrei abbracciare la Pippi, ma mi fa paura, ho paura di toccarla, già è troppo intenso il guardarla, ora che ci penso non mi avranno messo qualcosa nell’acqua della bottiglietta? Questo non sono io, non sono io-

Francesco era scioccato pensava che era impossibile questo suo smoderato desiderio per la Pippi, non era mezzo perso per Serena?

I minuti passavano e la Pippi era ancora davanti a lui muta con gli occhi fissi nei suoi e fu allora che gli uscirono dalla bocca quelle parole… A thing of beauty is a joy forever.

«Che Cosa hai detto? Non ho capito? Ripetilo per favore in italiano, lentamente, ripetilo lentamente.»

«Cinzia il tuo frasario, sta diventando forbito, ho detto che questa cosa di essermi fermato col motorino davanti alla chiesa del Quo Vadis è un qualcosa di molto bello, una vera gioia… Signore, dove vai? /A Roma, per essere crocifisso una seconda volta. Dove vado con vuoi due?»

«Guido io, andiamo che Serena ci aspetta.»

Francesco salì sul sellino dietro, senza una parola. Molto meglio così, non voleva le sue mani sulla sua pancia, non voleva riprovare l’effetto di prima… stava mentendo a sé stesso.

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Discussioni

  1. Mi piace la corsa in motorino per le vie di Roma o forse dentro la testa di Francesco, dove tutto si costruisce e si demolisce allo stesso tempo, con la velocità dei vent’anni. E che bello quando si perde negli occhi della ragazza e questo perdersi diventa poesia. Brava Paola per come scrivi, perché nel tuo linguaggio c’è la freschezza dell’età

    1. Non sono di Roma ma come dire Roma è Roma come una rosa è una rosa… sono di Ravenna che è stata capitale dell’impero romano per circa 50 anni… quando tutto era ormai finito… grazie per la tua visita