
Lo stalker
La tendina semitrasparente cela parzialmente ciò che sta all’esterno della finestra e ciò che sta dalla parte interna. Permette di vedere le luci della strada e le ombre che queste creano dalle forme degli alberi vicini. Ogni tanto si sente lo stridere di un freno e le gomme delle automobili sull’asfalto creano un flusso ininterrotto di suono bianco, quasi ci fosse un fiume che scorre.
Spostando un po’ quel velo bianco, orlato di merletti, che ricopre l’unico accesso al mondo esterno, si può vedere la strada buia, con qualche chiazza d’olio stantio e pozzanghere d’acqua qua e là. Un clacson rimbomba nel vicinato. Ma se guardi meglio, vicino al cestino rosso, sì accanto a quella volvo blu parcheggiata perfettamente in linea con lo stallo, sembra ci sia un viso. Un uomo dai capelli scuri, dal volto crucciato, pare proprio che guardi te. Fisso, immobile, seduto sul muretto in pietra della villetta di fronte, guarda la tua stanza, ti vede dietro la tendina che ti nascondi, sa che lo vedi, sa benissimo che lo stai guardando e probabilmente ti guarda a sua volta proprio per questo. Un intenso scambio di sguardi per niente piacevoli continua per un po’, perché in realtà tu non ti capaciti di quest’esperienza, cosa sta facendo quell’uomo?
Istintivamente, ti ritrai. La curiosità mista alla paura è una pessima combinazione. L’unica cosa che speri è che attraverso quel merletto si possa intravedere qualcosa, vorresti sapere soltanto se quell’uomo è ancora lì, se fissa ancora la tua finestra.
Scosti leggermente parte di quella bianca difesa e lo vedi. Lui è ancora lì, sembra quasi finto. Inizi a pensare se magari non si sia sentito male o se non abbia la mente così sovrappensiero da non rendersi conto di cosa stia facendo. Poi, però, sposta i capelli con la mano, in verità li sistema per bene, mette la giacca a posto e si riposiziona esattamente nella stessa posizione: fisso davanti a te, sguardo intensamente versato sulla tua finestra e su di te.
Impossibile. La gente passa accanto a lui e non fa una piega, probabilmente lo sto vedendo solo io. O solo tu.
È arrivata l’ora di fare una mossa. Scendi giù, vuoi incontrarlo.
Metti il cappotto, le scarpe da ginnastica, vuoi essere comodo perciò scendi in tuta. Se si deve fare a botte, che sia. Chiudi la porta di casa con violenza, ormai non ti importa più nulla di niente, sbatti anche il cancellino dell’ingresso. La gente intorno è un po’ impaurita, da te. Ti guardano tutti perché sembri agitato, in preda ad un’ira violenta insostenibile. Corri da lui e gli ti pari davanti.
Lo fissi come faceva lui con te, con sfrontatezza vorresti beffeggiarlo, ma taci. Lui, impassibile.
Cosa ne sarà valso questo gesto?
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