Lucciole 

Alla fine giugno era arrivato davvero e con sé aveva portato il caldo, i gelati, lo spray anti-zanzare e le serate fuori con le amiche.


Ed è proprio qui che ha luogo questa storia, in una sera qualsiasi di giugno, dopo che l’afa aveva lasciato il posto a quell’arietta piacevole che ti fa uscire in giardino con una camicia di flanella sulle spalle.

Eravamo sedute tutte e quattro intorno ad un tavolo rettangolare: io e Gloria su due poltroncine l’una di fronte all’altra, mentre Alma e Gaia vicine sulla panca di legno.

«Non lo so. È davvero una situazione di merda.»

Alzai lo sguardo dal telefono e lo poggiai su Alma, ancora incollata al suo. 

Cercai Gloria dall’altra parte del tavolo e la guardai in silenzio come a chiederle “Che sta dicendo?”, ma lei scosse la testa, più confusa di me.

«Di che parli?» fece Gaia.

Restammo in attesa mentre Alma spegneva il telefono e lo sbatteva a testa in giù sul tavolo.

«Quei deficienti che stanno al potere. Che bisogno c’è di bombardare i civili? Non possono risolversela tra loro senza fare tutto sto casino?»

𝑂ℎ, pensai, 𝑝𝑎𝑟𝑙𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑔𝑢𝑒𝑟𝑟𝑎.

Gaia si sistemò nervosamente la giacchetta sulle spalle.

«Lo so, Alma, hai ragione. È una bella situazione di merda.»

Annuii pensierosa, mi avevano proprio tolto le parole di bocca.

 

Poi calò il silenzio, in lontananza si sentiva solo l’ululato stanco di un cane randagio.

«Sapete… io ogni tanto ci penso.» Gloria abbassò la voce. «Se scoppiasse una guerra, dico. Qui, a casa nostra. Cosa dovremmo fare? Dove dovremmo andare? La prima cosa che farei probabilmente sarebbe cercare il mio ragazzo. Però poi verrei anche da voi, no? Per sapere se state bene. Ma se le strade fossero bloccate? Se non ci riuscissi?»

Il suo sguardo si fece cupo. E in quel momento capimmo tutte e quattro che piega stava per prendere la conversazione.

«Ok ok, basta» provai a dire io «Non fasciamoci la testa prima di essercela rotta.»

Alma sbuffò, incrociando le braccia al petto. «Sì, ma di sto passo ce la rompono davvero la testa… Mi fanno davvero incazzare.»

E come darle torto.

Fu Gaia a riprendere il discorso: «Ragazze, ho un’idea.» Un mezzo sorriso le tremava sulle labbra.

«Facciamo finta che sia la nostra ultima notte prima della… fine. E confessiamo qualcosa che avremmo sempre voluto dirci.»

«Come se ci dovessero bombardare da un momento all’altro?» Gloria alzò un sopracciglio perplessa.

L’altra annuì mentre io scossi la testa sconsolata. Non mi sembrava il modo migliore per passare la serata, stavo per obiettare, ma Alma fu più veloce di me.

«Ci sto!»

Poi tutte e tre si voltarono verso di me.

«Che?»

«Chiedi a Chat una domanda da cui partire.»

Sospirai ma obbedii senza ribattere, infilai la mano in tasca e tirai fuori il telefono. In pochi secondi trovai 𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑓𝑜𝑛𝑑𝑒 𝑑𝑎 ‘𝑠𝑒𝑟𝑎 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑐𝑜𝑝𝑝𝑖𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑡𝑒𝑟𝑧𝑎 𝑔𝑢𝑒𝑟𝑟𝑎 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑖𝑎𝑙𝑒’ divise per argomento e tematica.

Le lessi tutte scorrendo velocemente, ma una mi colpì più delle altre.    

Mi schiarii la voce: «Qual è la cosa più importante che ci ha insegnato questa amicizia?»

«Mi piace!» esclamò Gaia emozionata.

«Va bene, inizio io» Gloria fece un bel respiro. «Mi ha insegnato l’importanza della presenza. Non quella rumorosa, ma quella costante. Quella che non ti fa aver paura di cadere, perché sai che ci sarà sempre qualcuno pronto a prenderti al volo.» 

Calò il silenzio. Mi voltai verso Gaia, aveva già gli occhi lucidi, mentre Alma aspirava con foga un tiro della sua sigaretta elettronica, una nube di vapore al gusto di mirtillo ci investì in pieno.

«Ok, ora tocca a me» esordì  schiarendosi la voce.

«Voi mi avete insegnato la diversità. Abbiamo tutte caratteri molto diversi e a volte ci scontriamo per questo, ma ci completiamo anche a vicenda. Ed è questo che conta alla fine.»

𝐷𝑖𝑜 𝑚𝑖𝑜, pensai mentre iniziavo già a sentire gli occhi pizzicare, 𝑒’ 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑎 𝑑𝑎𝑣𝑣𝑒𝑟𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑝𝑒𝑠𝑠𝑖𝑚𝑎 𝑖𝑑𝑒𝑎.

Gaia, infatti, era ormai in una valle di lacrime ma tirò su col naso, si fece forza e prese parola.

«A me avete fatto scoprire la leggerezza. Perché non tutto deve essere sempre pesante e difficile. A volte si può anche… staccare la spina per un attimo.»

Annuimmo, chi sorridendo, chi trattenendo le lacrime. Poi, ancora una volta, gli sguardi si posarono su di me.

Avevano ragione, era il mio turno, ma io rimasi in silenzio. Non è che non sapessi cosa dire, è che non sapevo farlo ad alta voce. Avrei tanto voluto scrivere, ma non potevo. In quel momento dovevo parlare.

«Sofi?» mi chiamò Gloria, riportandomi con i piedi per terra.

𝐷𝑒𝑣𝑜 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑝𝑎𝑟𝑙𝑎𝑟𝑒, mi dissi, facendo un respiro profondo.

«Voi mi avete insegnato… ad essere me stessa.»

Silenzio. Nessuno disse nulla, così ripresi: «Mi avete fatto capire che va bene essere se stessi, a 360°, nel bene e nel male. Che non serve nascondersi o indossare maschere. 

Perché quando incontri qualcuno che ti vuole bene veramente puoi essere semplicemente…te, senza filtri e senza aver paura.»

Di nuovo silenzio.

Gloria si coprì il viso con una mano. Alma scomparve nella sua nuvola di mirtillo mentre Gaia tirò fuori dal nulla un fazzoletto con il quale si soffiò rumorosamente il naso.

Eravamo proprio un bel quadretto ma, soprattutto, eravamo proprio un bel gruppo.

Così bello che nemmeno la terza guerra mondiale lo avrebbe distrutto.

«Va bene dai, per stasera abbiamo dato. Partitina a carte?» esclamai senza pensarci due volte.

Le ragazze annuirono all’unisono, poi Gloria afferrò il mazzo ed iniziò a mescolarlo con energia, come se ne andasse della sua stessa vita.

Così si concluse quella tranquilla serata di giugno, con una partita a scala quaranta.

E mentre Alma distribuiva le carte, il mio sguardo si perse oltre la siepe, verso quella macchia scura di sterpaglie nel giardino del vicino.

Lì, in lontananza, intravidi delle lucciole danzare nel buio. Piccolissime, ma bellissime.

«Ehi? Che hai visto?» Gloria cercò di attirare la mia attenzione.

«Lucciole» risposi io senza pensare.

«Cosa? Dove sono?» fece Gaia, voltandosi di scatto.

Sorrisi.

«Qui.»

Il mio sguardo tornò finalmente su di loro.

«Siete voi le mie lucciole.»

Avete messo Mi Piace7 apprezzamentiPubblicato in Young Adult

Discussioni

  1. Mi è piaciuto molto questo racconto: ha una semplicità solo apparente, perché sotto la superficie scorre qualcosa di profondo e autentico.
    La cosa che mi ha colpito di più è che, mentre leggevo, mi sono ritrovato a pormi le stesse domande delle protagoniste: se succedesse davvero, io cosa farei? Dove andrei? A chi penserei per primo?
    Questo senso di immedesimazione è raro e potente, ed è proprio ciò che rende il racconto così efficace.
    E quel finale con le lucciole… Intimo, luminoso, sincero.

  2. Uno splendido racconto che gioca sulle emozioni del presente e danza su quella linea sottile che divide la realtà dalla fantasia. Scritto molto bene e basato su dialoghi verosimili che mostrano la situazione quasi senza la necessità che l’autore debba intervenire. Davvero un’ottima tecnica e una bellissima storia da raccontare in una calda serata di giugno. Complimenti.

  3. Con lo scrivere si ha modo di valutare e correggere ciò che si vuole dire. In questo modo si evita di offendere o ferire la persona a cui è diretto il nostro pensiero. Quindi sì, io preferisco scrivere ciò che ho da dire, anziché dirlo a parole… Non tutti ne sono capaci e anche quei pochi a volte dicono degli strafalcioni di cui poi si pentono, ma è troppo tardi per rimediare. Le parole hanno un peso uccidono più alla stregua di un’arma… forse ancor più, direi. 🙂

  4. Come da tua tradizione hai trasformato le righe finali in una ciliegina su una torta già sorprendentemente ben riuscita. Le tue narrazioni si mantengono sempre su un piano molto reale e autentico e, sebbene non sia solito né leggere né scrivere testi che usano questa modalità, non posso davvero fare a meno di apprezzarle così come sono. In effetti, ogni volta che pubblichi un librick qui mi dai modo di variare e staccarmi per un attimo da questo mio ordinario in quanto a libri. Te ne sono grato, un saluto! 🙂

  5. “Avrei tanto voluto scrivere, ma non potevo. In quel momento dovevo parlare.”
    Come mi è curiosamente vicina questa frase. A volte il bisogno della forma scritta è più forte di quello della forma parlata.

  6. “«Sapete… io ogni tanto ci penso.» Gloria abbassò la voce. «Se scoppiasse una guerra, dico. Qui, a casa nostra. Cosa dovremmo fare? Dove dovremmo andare? “
    In questo momento è una domanda che si fanno in molti. Purtroppo😔

  7. Letto d’un fiato, mi è piaciuto davvero. Credo che tu abbia gestito piuttosto bene i dialoghi e la caratterizzazione dei personaggi. Unica notazione personale, avrei preferito che il tema (dell’ amicizia) non fosse suggerito da chat gpt, ma da una di loro… Ma è solo l’idealismo di un vecchio boomer scorbutico. Grazie per la lettura

    1. Ti ringrazio Paolo! Per quanto riguarda il cameo di Chat ci ho ragionato fino alla fine se metterlo o meno, perché anche io la penso come te. Ma poi ho deciso di inserirlo quasi a mo’ di provocazione, perché penso sia oggettivamente triste farsi aiutare da un’IA per una cosa del genere ma, per esperienza personale, posso dire che spesso succede sia a me che ai miei coetanei 😅