L’uomo che contava i sassi

Dove lavoro c’è un uomo che mi fa venire i brividi. Ho sempre pensato potesse essere un ottimo personaggio per un libro horror ambientato in campagna. Io l’ho soprannominato “l’uomo che conta i sassi” perché è sempre occupato a rastrellare e togliere l’erba in una specifica area del cortile; è così meticoloso che mi da quasi l’idea di star contando tutti i sassolini che la compongono.

Il mattino quando arrivo a lavoro lui è lì fuori, vicino al parcheggio. Lo saluto con un cenno della testa e vado a timbrare il cartellino all’ingresso del mio ufficio. Dentro di me mi ripropongo di essere più gentile del dovuto, così il giorno in cui verrà fuori la sua personalità borderline (perché un giorno succederà), magari sarà più indulgente con “quella che lo salutava sempre”.

L’Uomo che Conta i Sassi non è molto alto, è un po’ spelacchiato e sorride spesso. Credo gli manchi qualche dente. A me sembra a tratti un po’ inquietante, a tratti un po’ ritardato. Sorride ma c’è come un’ombra dietro i suoi occhi che io percepisco.

Si occupa del giardino della villa dove sono insediati gli uffici nei quali lavoro, è uno degli addetti che sono stati assunti attraverso il programma di lavori socialmente utili. Mi chiedo che pena stia espiando, mi piace fantasticarci. Mi dico che non può essere troppo grave se la sua condanna si limita a questo incarico o forse ha ottenuto un’attenuante perché non è molto “in bolla” e in realtà è un pericoloso criminale a piede libero.

Alle volte lo guardo dalla finestra del mio ufficio al primo piano oppure dal cortile della barchessa, quando esco a prendere un po’ d’aria in pausa caffè. Cerco di interpretare i suoi movimenti o le espressioni del viso, in cerca di un indizio. Lui sembra non notarmi e continua imperterrito nel suo lavoro.

In autunno raccoglie le foglie cadute dagli alberi e le porta con una carriola ai cervi che abitano il parco antistante il parcheggio. Non rientrerebbe tra i suoi compiti ma lo fa lo stesso. Loro, che sono guardinghi e sulla difensiva con tutti noi impiegati, di lui sembrano fidarsi, anzi, ormai lo aspettano in attesa del loro spuntino e si lasciano avvicinare. La prima volta che l’ho visto occupato in questa mansione ho pensato che una persona che è così attenta agli animali non possa essere cattiva e che forse l’inquietudine che mi trasmette è solo suggestione o l’effetto di troppe serie crime su Netflix.

E poi un giorno è successo.

L’estate era arrivata da poco, ma un caldo torrido avvolgeva già la tenuta.

Dalla mia scrivania guardo distrattamente fuori dalla finestra, e immediatamente l’Uomo che Conta i Sassi attira la mia attenzione.

“Sembra più frenetico del solito”, ho pensato.

L’area che stava curando con la sua abituale meticolosità non è la stessa di sempre, è più vicino al grande parco retrostante.

Lo vedo e non lo vedo perché è coperto da un grande albero.

Il suo sguardo sembra concentrato su qualcosa di nascosto sotto la terra.

C’è qualcosa nella sua determinazione che mi inquieta.

Il coraggio non è il mio mestiere, ma sento che devo fare qualcosa. Decido di uscire e avvicinarmi con l’intenzione di fare qualche domanda.

Quando arrivo abbastanza vicina, lui alza lo sguardo, mi fissa con un’aria misteriosa e dice con un accento straniero, forse dell’est Europa: “Ci sono segreti sotto la terra, signorina.”

Ha stampato in faccia il suo mezzo sorriso ambiguo e ha un tono da brividi lungo la schiena.

Per un secondo penso che non avevo ancora mai sentito la sua voce e provo a collocare il suo accento.

Spaventata, giro le spalle e mi allontano lentamente senza dire niente.

Nell’allontanarmi giuro a me stessa di aver sentito un flebile miagolio da sottoterra.

Oddio!

Trudy, la gattina tigrata, quella che abbiamo adottato in collettivo tra colleghi e nutriamo a turno.

La nostra Trudy!

Faccio un rapido calcolo mentale e penso che sia da un po’ che non la vedo scorrazzare per il cortile.

Mi gela il sangue nelle vene, nonostante la temperatura torrida all’esterno.

Devo fare qualcosa, e devo farlo subito!

“Quel pazzo, pervertito, seviziatore di animali, io lo sapevo! Me lo sentivo.”

Mi volto e torno a passo veloce verso il grande albero con l’intenzione di tirare fuori Trudy da lì, costi quel che costi.

L’Uomo che Conta i Sassi, nonostante l’apparenza poco sveglia, questa volta deve aver percepito il mio stato d’animo.

Alza la testa e mi guarda dritto negli occhi.

Il suo sguardo è diverso dal solito, è più lucido.

Sembra essere rinsavito all’istante.

Mi dice, questa volta serio, con una “r” un po’ troppo marcata: “Sono qui per proteggere, non per distruggere.”

Non capisco, ma forse non sto nemmeno più ascoltando. Mi avvicino e basta.

Quello che vedo mi lascia senza parole: all’interno del buco c’è Trudy.

Ma assieme a lei ci sono anche cinque piccoli gattini, ancora con gli occhi chiusi, che si muovono a tentoni in cerca del suo latte.

Rimango di sasso, mi sento mortificata.

L’Uomo che Conta i Sassi aveva portato acqua e cibo per la neomamma e stava scavando un buco a terra per offrirle un po’ di rigenerazione nel fresco terriccio smosso e farla sentire più protetta.

Immediatamente cambio faccia, mi stampo un sorriso colpevole e chiedo qualche informazione casuale sull’avvenimento per divagare dalla mia evidente interpretazione distorta dei fatti.

L’Uomo che Conta i Sassi si chiama Marko.

Scopro che con il suo lavoro sta ripagando una sostanziosa multa che ha preso qualche tempo fa a causa di un incidente in auto nel quale è stato coinvolto.

Ha chiesto lui di prestare servizio nel parco circostante alla villa dove lavoro perché ha sempre nutrito una forte passione per la natura e gli animali.  Mi racconta che è cresciuto in una famiglia di contadini nel suo Paese e che si sente più a suo agio a “lavorare con le bestie” che con le persone.

Lo guardo di nuovo, il timore e l’inquietudine sono spariti tutto ad un tratto e quello che rimane forse assomiglia più a qualcosa che ha a che fare con il rispetto e la dignità.

Penso che sia un povero diavolo che si arrabatta per stare al mondo, un po’ forse come tutti noi.

Quando arrivo il mattino adesso lo saluto con un “ciao, Marko” mentre corro a timbrare il cartellino trascinandomi dietro il PC, la borsa frigo per il pranzo, la borsetta personale e qualche volta qualche altro zainetto.

Lui ogni tanto scherza e mi chiede se io stia traslocando in ufficio con tutta quella roba.

Quando non sono in ritardo mi fermo a parlare qualche istante con lui. Mi aggiorna sui cervi che sono appena nati, su quel fungo che ha intaccato i filari di vite o semplicemente commentiamo il meteo della giornata.

“Freddo oggi, eh?” e lui con il suo solito sorriso inafferrabile, che ormai ho imparato a conoscere, mi risponde “Sì, ma è la sua stagione”.

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Discussioni

  1. Ecco, spesso le apparenze ingannano. Mi piace il fatto che sia tutto giocato sulla paura nata dal dubbio dell’ambiguità, sul vedo e non vedo. Ben scritto, con le giuste pause e un giusto ritmo.

  2. Dunque Serena,

    è un esordio il tuo, mi sembra. Almeno qui.

    Ultimamente non leggo molto, te lo confesso, ma mi è piaciuto molto questo piccolo testo che somiglia tanto ai miei dell’inizio. Parlo di un’era che non c’è più… o forse, sto romanzando troppo. Questo, però, è un vezzo che ci possiamo perdonare.

    Ci sono cose che non cambiano mai nello scrivere. Se hai quel ‘graffio’, e secondo me tu ce l’hai, lo saprai far volare un giorno con lo stile raffinato, con un po’ di mestiere.

    Al di là di qualche concordanza verbale da rivedere che mi sento in dovere di segnalarti, il titolo ci fornisce un’impronta importante. Ecco, io credo che tu stia tutta nel titolo. Mi spiego meglio: Marko osserva i sassi ma tu no, tu osservi il prossimo. Questo è il registro, un marchio che, credo, ti caratterizzerà per sempre. E aggiungo: per fortuna. Tanti non riescono a vedere oltre sé stessi, mentre il tuo è uno sguardo trasversale, silenzioso. Un giorno forse saprà essere meno benevolo e farà gelare il sangue e quel giorno sì, sarà il vero salto di qualità. Perché i lettori sono avidi di emozioni vere.

    Mi sembri anche molto tagliata per il “poliziesco”, anche se, lo ammetto, sono mie impressioni personali molto ‘a pelle’. Dire “Noir”, e guarda ti sto parlando di qualcosa che mi piace davvero molto, non dice esattamente ciò che voglio dire. Il poliziesco si snoda vicino a noi, tra i portici di una città come Bologna, lungo il Brenta tra le bellissime ville venete; nelle serate di una folle estate riminese.

    Sarai una brava investigatrice, perché due occhi come i tuoi sono sempre un valore aggiunto…

    Ottimo inizio. In bocca al lupo per una futura crescita, per ampliare questo spazio dove, guardando gli altri, rifletterai te stessa.