Mercenario vagabondo

Rideva, era soddisfatto così. Con la picca in spalla e lo scudo pesante marciava per le campagne e poi si scaccolò il naso. Era giusto che succedesse, lui era un guerriero.

Poi, vide altri soldati. Erano sicuri di sé, con uniformi variopinte e splendenti, e si sentì un po’ ridimensionato.

«Ehilà, amici, sono Goffredo».

Lo guardarono dall’alto in basso. «Ebbene, Goffredo, a noi cosa importa?». Era un capo bastone.

«Sono un mercenario vagabondo, giro di contrada in contrada unendomi al più forte per combattere contro i contadini ribelli, i briganti e i guerrieri nemici. Sono al tuo servizio, o capo bastone». Ruttò, se lo fece scappare, non poté farne a meno.

«Molto bene. Dai, seguici, abbiamo bisogno di te».

Tutta quella trafila di soldati passò davanti a Goffredo, che si sentì sminuito, poi stette loro dietro.

Quei militi non lo degnavano di un’occhiata, parlavano fra loro di villaggi messi a ferro e a fuoco e pozzi inquinati. Era sempre la solita solfa: rovine, saccheggi, morte, ma a Goffredo piaceva, era il suo spazio vitale. Non ci fosse stata la guerra, cosa mai avrebbe potuto fare? Al massimo il lenone in qualche città, ma il richiamo del sangue e della violenza lo avrebbe inseguito dappertutto.

Quell’unità di soldati dalle uniformi perfette giunse in prossimità di un villaggio e da lì che erano bravi soldati obbedienti si trasformarono in belve. Istigati dagli ufficiali corsero fra le case incendiandole, tutti i maschi furono uccisi sul posto, le donne violentate e poi uccise, il sangue tracimò e fu bello a vedersi.

Goffredo fremeva per unirsi alla festa, ma il capo bastone lo tratteneva.

Dopo che la festa finì, i soldati si ritirarono sistemandosi le brache. Nell’aria si respirava odore di bruciato oltre che quello del sangue.

«Molto bene, Goffredo, ho bisogno di te».

«Agli ordini, o capo bastone». Era emozionato. Cosa gli avrebbe fatto fare?

«Prendi quell’ascia da guerra».

Ripose scudo pesante e picca. «Agli ordini». Ridacchiò.

«Questi uomini non hanno voluto obbedire all’ordine di mettere al sacco questo villaggio di contadini rivoltosi. Spicca loro la testa».

Goffredo rimase immobile. Non fu sicuro di aver capito. Aveva davanti quei ragazzini che tremavano e piangevano e poi capì: doveva fare il boia, non usare picca e scudo.

L’avrebbe fatto.

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. I tuoi racconti sono delle finestre su tempi distanti, su mondi diversi, che offrono una visuale davvero nitida delle luci e delle ombre. Potenzialmente, ciascuno dei tuoi racconti potrebbe (se si restasse alla finestra più a lungo) svilupparsi all’infinito