
Mia sorella Maryam e una goccia di nardo
Serie: Parole di Dio, voci di uomini
- Episodio 1: La vedova
- Episodio 2: Il pastorello scemo
- Episodio 3: Yochanam contro Legione
- Episodio 4: Tana per Zaccheo
- Episodio 5: Giovane leone
- Episodio 6: Mia sorella Maryam e una goccia di nardo
STAGIONE 1
Mi accorsi che Maryam era entrata dal profumo di nardo che invase la stanza, improvviso e violento, come l’acqua che inonda Wadi Zin, quando piove nel Negheb. L’odore era così forte che dovetti spalancare le tende per far entrare il sole e un po’ di brezza che attenuasse quel profumo pungente nell’aria.
Maryam era in piedi, immobile, con la testa china. I capelli, da cui proveniva tutto l’odore, erano sciolti lungo le spalle, arruffati, completamente intrisi di olio e polvere. Le lacrime le avevano bagnato il viso, ma non era triste. Sembrava esausta, come se quel gesto appena compiuto nella sala accanto, avesse richiesto la stessa energia che occorre ad un corpo per sostenere un’intera giornata di lavoro. Ciò non mi sorprese. La conosco. Quando lei ama è così: un solo gesto la svuota.
Perché deve sempre comportarsi in questo modo? Perché deve rendersi ridicola, vivere ogni cosa con questa sua impulsività che non conosce mai equilibrio e mezze misure? Pensa una cosa e la fa, quasi le straripasse dal petto, quasi fosse l’unica cosa giusta da compiere. Giusta solo perché la sente. Sentire è sempre stato per lei quel diritto che sta al di sopra di ogni legge. E questo è il risultato: una donna in disordine come una bambina, dopo una ragazzata d’amore.
«Hai bisogno di una sistemata» le dissi facendole cenno di accomodarsi sulla panca di legno in mezzo alla stanza. Riempii d’acqua una bassa e larga anfora e l’appoggiai in modo tale che sdraiandosi vi potesse immergere i capelli.
«Ho causato un bel trambusto, vero?» mi chiese.
«Non ti preoccupare. Ne parleranno per un po’ e poi si calmeranno. C’è già abbastanza confusione in questi giorni. Troveranno presto altro di cui parlare» le risposi.
Da quando Jeshua aveva iniziato ad avvicinarsi a Gerusalemme si poteva percepire una strana tensione per le strade, come se qualcosa di atteso e allo stesso tempo pericoloso fosse ormai alle porte. Tutti sapevano che lui era solito stare nella nostra casa quando passava da Betania e questo attirava molti curiosi, sia amichevoli che ostili, soprattutto dopo ciò che era accaduto con Lazzaro.
In questo clima di agitazione mi aspettavo che Maryam combinasse qualcosa di stravagante. Succedeva sempre. Soprattutto se Jeshua era presente. Mai avrei pensato però che accadesse quello che avevo visto dalla fessura della porta: Maryam che unge i piedi Jeshua con tutto quell’olio, in una stanza piena di uomini, per poi usare i suoi capelli per asciugarli. Avrebbero parlato di noi fino a Gerusalemme.
«Non credo abbiano capito perché l’ho fatto» disse Maryam, sdraiata, guardando il soffitto, mentre le lavavo i capelli.
Accadeva sempre così quando faceva qualcosa di strano: dopo un po’ tornava in sé, ci rifletteva e voleva parlarne per trovare conferme, come se cercasse qualcuno che la potesse capire.
Fin da bambina faceva così quando violava il sabato, quando contaminava le stoviglie prima del pasto non lavandole nel modo in cui prescriveva la legge, quando si tratteneva con uno straniero prima di partecipare ai riti nel Tempio. Ognuno di quegli atti lo sentiva giusto, e restava sgomenta quando il mondo attorno a lei non la pensava allo stesso modo.
Ciò, nel tempo, l’ha resa diversa, quasi separata dalla nostra gente. Credo sia per questo che non si è mai sposata. Nostro fratello Lazzaro, muto dalla nascita e di salute fragile non è mai stato nelle condizioni di sposarsi e io decisi di restargli affianco per prendermene cura. Credo che Maryam pensi di essere rimasta per il mio stesso motivo, ma la verità è che nessuno l’ha mai scelta. In molti si innamoravano di lei, ma temevano quel temperamento che appariva in costante contrasto con le leggi della nostra gente, le nostre tradizioni, il nostro stesso modo di credere in Dio. Sapevo che alcuni la chiamavano la goym di Betania, ossia pagana.
«Non ti domandare cosa hanno capito e non badare alla loro reazione» le dissi per rassicurarla. «Penso sia comprensibile un po’ di stupore. Non sono abituati a vedere una donna che fa un gesto così davanti a tutti. Ma non è importante cosa pensano».
«Da quando non sei interessata all’opinione degli altri?» mi domandò con il suo sottile tono di sfida. Lo stesso che usava per provocarmi quando le facevo notare qualcosa che aveva sbagliato.
La guardai sorridendo raccogliendo la sfida: «E tu da quando lo sei?»
Fu in seguito ad una delle sue bravate che da bambini conoscemmo Jeshua. Eravamo a Gerusalemme con nostro padre durante la festa di Pasqua. Quando entrammo nel Tempio Maryam si intrufolò nella parte riservata agli uomini seguendo Lazzaro, che voleva ascoltare gli insegnamenti di Rabbi Hillel. Lo fece non tanto perché fosse interessata anche lei, ma perché in quegli anni era molto protettiva verso nostro fratello e non voleva lasciarlo solo, ciò per lei era ragione sufficiente per giustificare qualunque violazione alle leggi del Tempio.
Fu in quella folla che incontrarono Jeshua, appena dodicenne. L’ospitammo a casa nostra quando abba si accorse che aveva perso i genitori e ci recammo al Tempio tutti i tre giorni successivi in attesa che venissero a cercarlo. Quei tre giorni cambiarono la nostra vita.
«Volevo fare qualcosa» disse Maryam in un sospiro. «Sempre più persone lo criticano, lo aggrediscono. Dicono cose orribili. Non lo capiscono. Volevo sapesse che qualcuno capisce»
«Credo che Jeshua abbia capito» dissi.
«E Tu, Marta? Hai capito perché dovevo farlo?»
Volevo risponderle di no. Non ti capisco Maryam, cara sorella e amica. Nemica di tutte le mie certezze e compagna di tutta una vita. Non capisco come senti il mondo, non capisco come senti Dio. Non capisco da dove sei spuntata, il tuo modo di fare e cosa ci renda veramente sorelle. Ma ho capito che le persone sono misteri da contemplare in punta di piedi. A volte proprio ciò che non comprendiamo di una persona, va accettato come la sua parte più preziosa.
Accarezzai i suoi capelli e dissi:
«Ti ricordi cosa ci diceva sempre mamma? Dio solamente conosce la parte migliore di noi. E lui basta».
Una piccola lacrima mi solleticò sulla guancia.
Sollevai le mani per asciugarmi il viso.
Profumavano di nardo.
Serie: Parole di Dio, voci di uomini
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- Episodio 5: Giovane leone
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«Ti ricordi cosa ci diceva sempre mamma? Dio solamente conosce la parte migliore di noi…».
Forse… non so… ma non ci basta.
Leggere racconti come questo, però aiuta, in certi momenti, a ricordarci che bisognerebbe giudicare meno e rispettare di più le persone, anche quando non riusciamo a capirle.
Capire che “le persone sono misteri da contemplare in punta di piedi” spesso é difficile, talvolta impossibile.
Cara Luisa. Hai colto il cuore di quello che speravo emergesse dal racconto: la fatica di capire gli altri, perfino quelli che ci sono più vicini, e la resa di stare davanti a loro, volendo bene, pur senza capire. Grazie delle tue riflessioni, le trovo sempre stimolanti.
Grazie a te.
É la prima volta che leggo qualcosa di tuo. Sono impressionata! Questo testo è molto bello. Intenso, poetico, ben costruito, e soprattutto capace di evocare emozioni complesse con delicatezza e profondità. Una rilettura del Vangelo che riesce a essere femminile, umana, moderna. La scrittura è elegante, evocativa con immagini potenti. La voce narrante di Marta è credibile, il suo punto di vista misurato e razionale si contrappone perfettamente all’impulsività di Maryam.
Ciao Tiziana. Mi fa molto piacere tu abbia letto questo racconto e grazie per il commento. Temevo di non riuscire a rendere credibile un dialogo tutto al femminile. Le tue parole mi hanno confortato. Grazie