
NAUFRAGHI
Serie: IPERCHERATOSI
- Episodio 1: NAUFRAGHI
- Episodio 2: CORPO CELESTE
STAGIONE 1
Pensò che di quel passo sarebbe impazzito.
Tutta colpa del caldo, del puzzo agliaceo di ozono misto ad ammoniaca e formaldeide, e di quel rosso vivido e uniforme che fin dal loro arrivo non aveva cessato di infiammare il cielo all’orizzonte.
Stefan Novak restò impalato sulla soglia del modulo: il mondo che si estendeva là fuori, a perdita d’occhio, non era altro che un deserto screpolato di argilla bruciata.
«Questo posto è assurdo!» Gli gridò Ishikawa dalla cima di una piccola motta, perfettamente stondata quanto la groppa di un dromedario.
«Come te lo spieghi, Akira!»
L’ometto scese a lunghi passi e lo raggiunse in quel che restava della loro scialuppa.
«Non me lo spiego…» rispose asciugandosi il sudore dalla faccia.
«Andiamo bene! Qui il tecnico sei tu, fino a prova contraria!»
«È inutile che ti scaldi, Stefan! L’idea è stata tua… io ho solo dato l’ok. “Terre rare”, avevi detto, “un lavoretto da niente: dirottiamo il cargo da Radamanto e lo spingiamo fuori dalla fascia di Kuiper”. Tutto bello… non fosse stato per gli sbarramenti!»
«Erano rotte abbandonate… saranno secoli che nessuno controlla più gli scambi transnettuniani!»
«Ecco, bravo… bel modo di progettare un colpo…» lo sfotté Ishikawa dando un’altra occhiata al display del suo Athmoscan.
«Comunque i dati parlano chiaro», continuò, «novecentonovantanove virgola ottantasette millibar di pressione, duecentoundici mila ppm di ossigeno, trentasette gradi Celsius, diciotto per cento di umidità relativa, radiazioni ionizzanti inferiori allo zero uno per cento, azoto al settantotto per cento, ossigeno al ventuno. Il resto sono: argon, anidride carbonica, neon, elio, metano, kripto, idrogeno e monossido di carbonio.
In pratica è come se fossimo sulla Terra!
Peccato che questo sia un asteroide distante almeno dieci miliardi di chilometri dal Sole…»
Novak scosse il grosso cranio rasato.
«È una follia. Senza i caschi e le tute dovremmo essere morti all’istante… e invece guarda! Siamo qui, con la faccia scoperta, a respirare aria… ARIA! E laggiù c’è un tramonto che non finisce mai. Sono quarantasei ore che qualcosa sta tramontando… e non esistono stelle a queste profondità!»
«Il vero problema è che non tocchiamo un goccio d’acqua da quasi due giorni, Stefan. Spero almeno che Santos e Helga tornino con buone notizie».
Novak smontò dal modulo e si accostò allo squarcio che ne rigava la fiancata: un taglio lungo e trasversale, sfrangiato come una ferita slabbrata.
«Quei due sono cane e gatto: sarà un miracolo se non si ammazzeranno fra loro…»
***
Bastardo, pensò Helga senza staccare lo sguardo dal visore termico del suo Warpstorm, carico e puntato verso l’imbocco della costruzione.
«Se non torna entro dieci secondi giuro che lo pianto qui…» mormorò tentando di sgranchire le membra, dopo tutto quel tempo passato distesa sulla terra molle, dall’odore di carogna e uova marce, ad attendere la ricomparsa di Santos.
Dall’altura scorgeva nitidamente la forma bassa e smussata di quella che lui aveva preso a chiamare “fortezza”.
Quell’incosciente si era intrufolato nella struttura passando da una breccia in ciò che sembrava essere una cinta muraria collassata.
In realtà, Helga non capiva se si trattasse di un’opera della natura o se fosse piuttosto il prodotto di ingegneria umana.
A giudicare dalla rudimentalità, avrebbe detto che fosse scavata nella roccia. Forse era il segno di qualche civiltà estinta, oppure solo un’immensa illusione ottica generata dal lavorio di vento e acqua, se mai acqua lì vi fosse stata.
Un fischio famigliare la fece rizzare in piedi: era il segnale concordato per il via libera.
Dalla breccia sbucò il corpo impettito e gagliardo dell’uomo: il fucile posato sulla spalla nuda, l’immancabile ruminio di tabacco marziano, la bandana legata alla testa e la lunga collana di piastrine collezionate in anni e anni di vita da mercenario.
Helga lo raggiunse, sbuffando per il caldo.
Gli chiese se là dentro avesse trovato qualcosa.
Lui rispose con un’alzata di spalle.
«Senti, muñequita: io devo assolutamente riposare. Saranno dodici ore che camminiamo… sono esausto».
L’uomo non aveva tutti i torti: anche lei si sentiva distrutta dall’afa e dalla fatica.
«Sei ore». Gli concesse.
«Tre io e tre tu: uno dorme, l’altro fa la guardia».
«Va bene, capo!» Convenne Santos. «Potremmo anche ritagliarci un po’ di tempo per noi… come ai vecchi tempi…» ridacchiò lui dopo aver sputato un fiotto schiumoso e violaceo.
Grandissimo bastardo, pensò di nuovo Helga scansandolo a forza per introdursi nella fortezza.
***
Ishikawa strizzò gli occhi.
Sentiva i bulbi bruciargli da morire, straziati com’erano dalle luci blu degli obsoleti monitor analogici.
Maledì la sua xerosi, eppure decise comunque di conservare il collirio: anche quello si sarebbe rivelato utile in caso di assenza d’acqua.
Certo, non ingerendolo, ma filtrandolo con l’aerocondensatore.
L’importante era risparmiare abbastanza energia da tener la macchina in funzione fino all’arrivo dei soccorsi.
Ma chi mai si sarebbe avventurato al largo della fascia di Kuiper?
Nessuno di loro aveva il coraggio di ammetterlo, ma l’idea di fuggire attraverso quella regione di asteroidi ghiacciati era stata una vera follia.
E ora eccoli lì, come prevedibile: speronati da un detrito spaziale, reduci da un atterraggio di fortuna su uno di quegli anonimi corpi celesti.
Alla deriva lungo il toroide della frontiera.
«Cosa stai facendo?» Chiese Novak, affacciandosi alla plancia.
«Riguardavo i dati telemetrici rilevati dalla scialuppa poco prima dell’atterraggio…»
«…e …» lo incalzò Stefan.
«…e qualcosa non torna. Stando alle registrazioni, questo pianeta dovrebbe essere privo di atmosfera: zero ossigeno, temperature inferiori a meno duecentosettanta gradi Celsius… e non si spiega nemmeno quel tramonto apparso poco dopo il nostro arrivo…»
«Potrebbe essere un guasto al sistema telemetrico…» suppose Novak.
Ishikawa scosse il capo.
«No: ora i dati combaciano con quelli dell’Athmoscan… è come se…» l’uomo s’interruppe, temendo di dire una follia.
«…Come se il pianeta si fosse “acceso” solo per noi». Concluse Stefan pensoso.
«Senti, Akira… mi è venuta un’idea: la scialuppa è dotata di una carotatrice pneumatica, no? Probabilmente serviva ai minatori per effettuare rilevamenti geognostici. Ecco: potremmo usarla per sondare la composizione del suolo! Chi ci dice che non scorra acqua sotto ai nostri piedi?»
Ishikawa si grattò il mento.
«Tentar non nuoce. Sai, la superficie di questo pianeta è parecchio bizzarra: sembra esserci un livello compatto subito sotto a un primissimo strato friabile. Come se le rocce formassero un’unica materia elastica».
«Mettiamoci al lavoro!» Ordinò Novak con uno schiocco di dita.
Serie: IPERCHERATOSI
- Episodio 1: NAUFRAGHI
- Episodio 2: CORPO CELESTE
Ciao! Mi piace molto il genere fantascienza, ed il tuo racconto mi pare costruiti con grande maestria, lo stacco tra una scena e l’altra, e, i nomi, come letto già dai commenti di Giancarlo, sono fantastici!
Mi piacciono anche moltissimo i dialoghi, complimenti!
Ciao Beatrice! Grazie mille per aver letto questa prima parte del racconto! 🙂
Ciao @ndpautore , io non son un gran lettore di fantascienza ma devo dire che il tuo racconto mi piace molto. Bella la costruzione che salta le scene per poi ritornare, belli i nomi (non mi chiedere perché, mi piacciono e basta 😂) e i dialoghi, che sono la mia passione! Al prossimo episodio.
Molto molto bello, questo racconto. Nel migliore degli stili della fantascienza hard relativamente moderna, che ha sostituito con una vena ironica la prosopopea avventuristica e destrorsa della fantascienza alla Heinlein (che, comunque, mi piaceva tanto da ragazzo, fino a quando alcuni aspetti politici me lo hanno fatto un pochino cadere dal cuore).
Scusa, commenti inutili. Volevo dire che lo stile mi piace tanto e manifesta tanta lettura, e sono molto incuriosito. Bello.
Grazie, Giancarlo! Purtroppo non mastico molta fantascienza (non conosco Heinlein). Mi fa molto piacere, però, sapere che apprezzi il racconto, dato che sicuramente sei molto più ferrato di me nel genere 🙂
“Akira”
… Ok … Ho capito, inutile continuare a commentare tutti i nomi… 😂
In effetti il nome l’ho buttato a caso 🙂 Ma immaginavo che ci sarebbe stato un omonimo da qualche parte…
“Ishikawa”
Ishikawa! 😃 conosco bene questo nome, sono in fan del Maggiore…
Ciao ❣️ ❣️ ❣️
Bella idea