No, no

Noi ventilatori abbiamo una sola espressione, anzi due: o guardiamo inebetiti fisso davanti a noi oppure, più spesso capita così, diciamo sempre di no con la testa, ininterrottamente e di fronte a qualsiasi evento e sempre con la stessa intensità, la stessa gravitá, come privi di una qualsivoglia scala morale.

Cade la cenere della sigaretta per terra? Lentamente non approviamo.

Butti per sbaglio la carta nella plastica? Lentamente non approviamo.

Arrivi all’orgasmo prima di tua moglie? Lentamente non approviamo.

Forse è per questo che dopo un paio di mesi ci riportano in cantina, sottraendoci dai comodi salotti, dalle intriganti camere da letto, dagli scaffali dei megastore e dalle vetrine dei negozi sotto casa, addirittura dalle promozioni di Amazon.

Chi potrebbe sopportare a lungo tale eterna, impassibile e monotona espressione di continuo giudizio negativo?

Una volta ho provato a parlarne coi miei ma papà non ha fatto altro per tutto il tempo che scuotere la testa mentre mamma dal canto suo trovava di gran lunga più interessante non distogliere lo sguardo da una macchia sulla parete, così alla fine ho sculettato all’indietro per due o tre millimetri passando da velocità I a velocità III e ho cambiato discorso senza più tornarci sopra.

Eppure, a tal proposito, durante l’ultima reclusione invernale in soffitta, approfittando della vicinanza di uno scatolone di vecchi libri e alla spiccata attitudine di noi ventilatori al saper sfogliare le pagine, ho letto una cosa che mi ha fatto riflettere a lungo.

In “Reparto C”, di Solzenicyn, l’ autore dà una spiegazione sul perchè i superiori siano soliti guardare i sottoposti con austerità, severità e costante rimprovero, pur non sapendo magari nulla di specifico di quel particolare dipendente.

Se il malcapitato ha difatti davvero commesso qualche negligenza nell’espletamento delle sue mansioni, quello sguardo di rimprovero sta a significare: stai attento, so cosa hai fatto, poni rimedio e non farlo mai più. Allo stesso modo, anche in mancanza di errori più o meno volontari, il sottoposto si chiederà: ma cosa ho fatto? Perchè mi guarda così? E l’unica reazione possibile in lui sarà quella di porre ancora maggiore attenzione nel suo lavoro, premiando quindi a prescindere e in ogni caso l’atteggiamento inquisitorio del sopra citato dirigente.

Cosa volete che vi dica, sono così semplici questi esseri umani, e ora che ho notato la presenza di svariate mosche in soffitta, preludio all’arrivo della bella stagione, devo affrettarmi a terminare quel Bignami di fisica e matematica; la collana degli Adelphi mi ha sì insegnato qualcosa sugli uomini ma credo di aver capito di essere più portato per la scienza e la tecnologia, immagino sia una questione di DNA, non so, per quanto gli uomini rimangono comunque dei soggetti interessanti.

Nel frattempo, per rilassarmi tra una lettura e l’altra, continuo ad insegnare a giocare a scacchi al ragnetto dell’angolo vicino alla finestrella. E’ senz’altro un ottimo allievo e del resto non avevo dubbi riguardo la sua adattabilità agli schemi essendo per genetica un fine architetto ma, ed è su questo che stiamo lavorando duro, tende un po’ troppo a catturare qualsiasi altro pezzo gli capiti a tiro con l’aggravante di esserne poi oltremodo geloso, tanto che siamo ancora fermi all’analisi dei difetti nelle aperture della difesa siciliana.

In tutto questo, ovviamente, tendo sempre l’orecchio al piano di sotto. Purtroppo il mio proprietario è un uomo solo e questo mi rattrista molto perchè in casa c’è una tale deprimente mancanza d’amore, per altro compensata da una tale quantità di polvere, così dannosa per la nostra pelle e i nostri semplici ingranaggi.

Per una volta le previsioni sono state rispettate, lo avevano detto che avrebbe fatto molto caldo, erano anni che il mio proprietario non si affrettava in questo modo a farmi uscire da qui e non vorrei ora apparire un sentimentale o peggio ancora un pervertito, eppure vi assicuro che la luce nei suoi occhi andava ben al di là dell’ affetto, era senza dubbio l’espressione di una voglia di piacere corporeo.

Oggi è da bollino giallo, è il classico giorno in cui i telegiornali aprono con le immagini dei turisti che fanno il bagno nelle più famose fontane pubbliche di Roma o di Milano. Il mio proprietario è uscito da poco e allora, approfittando del tipico piedino non allineato di cui tutti noi ventilatori siamo muniti, ho dondolato fino alla finestra, poi mi sono affacciato.

Non succede mai niente d’Estate. Stanno tutti fermi. Guardo lentamente da destra verso sinistra e da sinistra verso destra; nel momento in cui cambio direzione, cosa che accade due volte in un ciclo completo, posso fissare lo sguardo per un secondo di più, peccato sia tutto sfocato come ci fosse davanti una invisibile fiamma di metano.

Mi vengono in mente tutti gli impiegati seduti alle loro scrivanie con il proprio ventilatorino USB comprato a dieci euro on line o dai cinesi. Mi viene in mente Alper Dostal, l’artista austriaco che ha riprodotto i quadri più famosi dei più grandi pittori nell’atto di sciogliersi, di liquefarsi, immaginate il “Guernica” di Picasso come fiumi e laghi prosciugati dalla siccità, la “Notte stellata” di Van Gogh rappresentare l’artico con i suoi ghiacci ormai liquidi.

Chissà se non sarà proprio così che finiranno gli uomini, disciolti per il tramite di un qualche effetto da loro stessi provocato eppure, anche in quel frangente, ancora ostinati alla ricerca di una qualsiasi forma di energia in grado di alimentarci per dare loro sollievo, dimenticando che anche noi ventilatori siamo ottusi quanto ostinati e senza alcuna pretesa morale proseguiremo a guardarli fissi privi di emozione e, soprattutto, continuando a dire no, no, non va bene, non va bene, non va affatto bene.

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