“Non chiedetemi l’amicizia: sono psicopatica…”
Quando si dice che uno se la va a cercare. Io e Anna ci siamo conosciuti su Facebook. Sul suo profilo personale aveva pubblicato un’avvertenza che suonava pressappoco così: “Non mandatemi richieste di amicizia, sono psicopatica”. Non domandatemi quali elementi di fascino e di invincibile attrazione possa suscitare una frase così; non domandatemi neppure cosa mi abbia spinto, dopo averla letta, a contattare quasi subito la donna (decisamente avvenente) che mi sconsigliava vivamente di farlo, non saprei cosa rispondere. Sono appena stato dimesso dall’Ospedale Gesù Misericordioso, dove sono stato ricoverato per non so quanto tempo. Mi ha accoltellato al fianco sinistro, la cagna, causando ferite alla milza talmente profonde da richiedere urgentemente un intervento chirurgico. Ho creduto di morire, ma adesso fortunatamente sto meglio e ciò che è successo mi appare così lontano e inverosimile. Ci incontrammo solo dopo poche ore di chat, con Anna. Così, su due piedi ci innamorammo pazzamente e ci amammo sfrenatamente per almeno due mesi. Fatti l’uno per l’altro, avreste detto. Entrambi amanti del tè al bergamotto (con molto limone), entrambi golosi della marmellata di castagne spalmata sul pecorino, tutti e due, soprattutto, nostalgici del giovane Nino D’Angelo di “Un Jeans e una maglietta”. Dicevo prima che furono due mesi di incanto, sessanta giorni di affetto e di coccole, di vicinanza e di condivisione, di profonda complicità e di intesa intellettuale, spirituale, e via dicendo. Certo, io qualche difetto ce l’ho. Perdo le chiavi della macchina ad ogni piè sospinto, per esempio, anche due, tre volte al giorno. Le chiavi della macchina sono l’unica cosa che perdo, non so spiegarmene il motivo. Ordunque, in quei due mesi le persi evidentemente una volta di troppo, quelle benedette chiavi, e proprio quando servivano a lei! D’altro canto, Anna non ha mai perso tempo a spiegarmelo, quanto la cosa la facesse andare in bestia. Avrei dovuto immaginarlo, quel giorno, che le chiavi del pandino non avrei dovuto perderle? Mica quel giorno poteva saltare la palestra, la carogna! Niente potei fare, a parte inizialmente cercare di sfuggire alla sua furia girando intorno alla tavola, a parte implorarla di mettere via il coltello!
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Narrativa
Bravo Giovanni Graziano, o posso continuare a chiamarti “cugino”? Divertente questo racconto, per l’ ironia con cui descrivi la storia. Tragica la realta` della psicosi, per chi ne e` afflitto e per i suoi famigliari che devono gestire una situazione ingestibile. Sugli eccessi immediati di fiducia nei confronti delle amicizie su facebook, (nella realta`), stenderei un velo pietoso. Il tuo racconto merita una riflessione, senza perdere il piacere della lettura.