Notti di stelle (La rupe)

Serie: L'Impero della Stele


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Selene apre i suoi ricordi e Rea viene a conoscenza di una notizia inaspettata.

Arrivato in prossimità della casa, Rea vide Selene che lo aspettava fuori dalla porta. Con un cestino in una mano e l’altra che giocherellava distrattamente con una ciocca di capelli, lo salutò calorosamente con la mano. Quando lo vide avvicinarsi, il suo sorriso si fece più grande, e si avviò verso di lui. Rea rispose con lo stesso calore. Prese il cestino dalle sue mani e insieme si diressero fuori dal villaggio.

Il sole splendeva alto nel cielo, e un venticello fresco rinfrescava l’aria, spezzando la calura del mattino. Camminavano insieme in silenzio, alternando chiacchiere leggere, racconti di vecchie storie e di scene quotidiane.

“Quindi… sei pronto per l’esame?” chiese Selene, lanciando uno sguardo interrogativo verso Rea.

“Devo esserlo,” rispose lui, con aria determinata, ma non senza un filo di agitazione. “Mi sono preparato per anni. Se voglio entrare nelle guardie imperiali e far vivere tranquilla la mia famiglia devo essere uno dei primi, se non il primo. Non posso permettermi di perdere. Selene lo guardò con un sorriso incoraggiante. “Sono sicura che ce la farai. Sei un ragazzo molto forte, Rea. Quando ti metti in testa qualcosa, alla fine ci riesci sempre. Ricordi quando il Signor Merlo si slogò la caviglia durante l’escursione di Jahr e tu lo portasti in spalla fino al villaggio, senza mai farlo scendere? Nessuno pensava che ce l’avresti fatta, eppure ci riuscisti.” Rea sorrise al ricordo, ma subito aggiunse: “Ricordo anche il mal di schiena che mi ha tormentato per tutta la settimana dopo…” “Eccoci, siamo arrivati,” disse Selene, indicando la vecchia rupe in lontananza. “Qui si sta proprio freschi, guarda! la città sembra così lontana, eppure si sente il trambusto fin qui!”

I due si sedettero sulla roccia, iniziando a mangiare i pezzi di pane e carne di maiale. “Immagina vivere lì, nella città. Ci sarebbero sempre cose da fare, non avresti mai il tempo di annoiarti, nemmeno se volessi,” disse Rea, mordendo un pezzo di pane e guardando la città. “Ne sono sicura. Ma io mi trovo bene qui, al villaggio. Le persone sono tutte perbene. Quando vivevamo in città, ricordo che ci trattavano in modo diverso. Mia madre aveva sempre il volto stanco e affranto…” rispose Selene, fissando la città in lontananza, poi aggiunse: “Qui ci trattate come se fossimo anche noi umani.” Rea si girò verso di lei, la faccia un po’ perplessa. “Perché cosa sareste? Io vedo delle persone normalissime, anzi… hai degli occhi bellissimi, a differenza di molte altre ragazze,” disse, per poi bloccarsi appena si accorse che Selene era arrossita completamente. “Come… come anche i tuoi genitori e fratelli, avete tutti degli occhi così belli!” continuò frettolosamente, mentre sferzava un altro paio di morsi al panetto.

“Grazie,” rispose Selene, gli occhi fissi sulla città. “A volte mi sembra di non sentire la differenza… anche se questa c’è. Soprattutto la sera, prima di andare a dormire, quando i pensieri abbondano. Mi chiedo perché noi siamo dovuti mutare mentre altri no. Sai chi era il mio antenato che ebbe in dono la Kina?” domandò, girandosi verso Rea.

“No… non me l’hai mai raccontato, in effetti. Ti hanno detto chi era?” chiese Rea a sua volta.

“Fu il mio bisnonno, Sepi.  Era il secondo genito della casata Khartis.” A sentire quel nome, Rea si girò di scatto, stupito. “Khartis?! Una delle cinque casate madri dei cinque regni? … Ma quindi Selene, tu sei una Nobile! Non me ne avevi mai parlato!” rispose, incredulo. Selene lo guardò per un secondo con uno sguardo sconsolato, poi rivolse di nuovo lo sguardo verso la città, anzi, verso il mare. “Lo eravamo… o meglio, lo siamo stati, fino a che il mio bisnonno assunse la Kina e questa lo andò a mutare, cambiando tutta la sua futura discendenza, tra cui noi. Per editto universale, tutti i mutati dalla Kina sono dichiarati non degni, e i titoli vennero tolti a mio nonno e a tutta la mia famiglia. Ci chiamano Kino, o meglio ‘impuri’… come preferiscono additarci le persone,” concluse, i bellissimi occhi segnati dalla tristezza. Rea la guardò con occhi pieni di comprensione e disapprovazione. Vedeva i suoi occhi lucidi e capiva che dentro di lei c’era un dolore mai completamente espresso. Si girò verso il mare, anche lui riflettendo. Poi, con tono deciso, disse: “Questa è davvero una cazzata. Nessuno sa cosa voglia dire la mutazione della Kina. Paradossalmente, voi siete anche migliori di noi fisicamente: siete più robusti, vedete bene al buio… Per me, è solo il senso di inferiorità degli umani che vi vedono diventare diversi e migliori, e per sentirsi superiori, devono sminuirvi.” Rea parlava con convinzione, le sue parole forti e sincere.

Dopo una pausa, aggiunse: “Ma quindi, non avete più contatti con la famiglia Khartis?” “Finché la cugina di mia madre, mia zia Idyma, era viva, c’era una parvenza di relazione familiare. Ma da quando è morta, sette anni fa, ormai non abbiamo più contatti. A quanto mi ha detto mia madre, il reggente ora è Eliso Khartis, che discende dal fratello del primo reggente, Pater. Non è una discendenza diretta… quella ‘non Kino’ è morta con mia zia Idyma. Ora restiamo solo noi, la discendenza diretta ma considerati‘non degni’.” Rea la guardò con uno sguardo incredulo, cercando di capire. Poi domandò, meravigliato: “Ma quindi… tua madre sarebbe la più diretta ad essere la nuova reggente? Ma essendo Kino, è stata soppiantata?” “Esatto.” rispose Selene con un tono freddo, quasi rassegnato.

Il silenzio calò tra di loro. Entrambi guardavano il mare e la città lontana, persi nei propri pensieri. Rea sbuffò, sbalordito. Non sapeva nulla di quella storia, eppure sentiva che Selene era stata costretta a camminare su un filo sottile, divisa tra la sua eredità nobile mai consumata e il destino che l’aveva obbligata a fuggire dal suo passato, a vivere ai confini dell’impero.

Si intrattennero ancora un po’ sulla rupe, godendosi quel momento di tranquillità, fino al primo pomeriggio. Poi, con passo lento, iniziarono a dirigersi verso il villaggio.

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