Ombra & Silenzio

La notte del terzo giorno, gli offrirono il trono.

I sacerdoti lo attesero nella sala del Sole Alto, tra colonne d’oro e tappeti che odoravano di sandalo e sangue.

Non entrò. I piedi nudi sulla sabbia.

Guardava l’ombra delle torce danzare sulle mura.

“È solo una sedia” pensò.

Aveva sedici anni quando gli dissero che sarebbe diventato il šarru kiššatim.

Non si stupì.

Era il più giovane a saper leggere le stelle senza tavole. A decifrare le viscere degli animali come testi.

Gli anziani parlavano di lui come di una promessa.

Lui ascoltava in silenzio. Ogni parola lo avvolgeva come un laccio di seta. Troppo fine per spezzarlo. Troppo stretto per respirare.

Gli parlavano di gloria, ma lui vedeva solo una gabbia.

Quel giorno la città era muta.

Nessun mercato, nessun tamburo. Solo le fiaccole e le voci basse dei dignitari che lo attendevano all’interno.

Ogni cosa era stata predisposta. La tunica bianca. L’unzione con l’olio sacro. Il nome nuovo inciso su tavolette d’argilla già cotte.

Un vecchio, il Gran Maestro degli Scribi, uscì dalla sala.

Camminò lentamente. La schiena curva dal sapere e dagli anni.

Si sedette accanto a lui, sulla sabbia.

“Sai, anche io da giovane guardavo le stelle come oracoli. Poi ho imparato a leggerle come ordini.”

Il vecchio sorrise, ma i suoi occhi rimasero vuoti.

Lui non rispose.

Guardava la sabbia. La piccola cicatrice sulla mano destra, lasciata da un fuoco rituale.

Quel giorno, anni prima, aveva pronunciato il giuramento degli iniziati.

“Servire la luce, non l’ombra. Mostrare, non celare.”

Ma il fuoco gli aveva lasciato una linea storta. Un segno che non guariva.

L’anziano parlò ancora.

“Ti temono perché non sorridi mai. Ma perché temere un re che non mostra gioia?”

Distolse lo sguardo. Quella domanda non era per lui. Ma per l’oscurità che si stendeva oltre le mura.

Quando il sole tornò, se ne andò senza dire addio. Lasciò dietro di sé la veste cerimoniale ancora piegata.

Un segno inciso nella polvere davanti alla sala. Un cerchio tracciato con l’anulare, tagliato da una linea.

Nessuno sapeva cosa significasse.

Alcuni dissero che raffigurava il simbolo di un ciclo interrotto. Altri, il marchio di chi vede ciò che gli altri non vogliono.

Nessuno osò cancellarlo.

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Camminò finché le strade sparirono.

I pastori lo fissavano come si guarda una minaccia, o una rivelazione.

Dormiva tra colonne spezzate, parlava con gli sciacalli.

Toccava la terra in cerca di nomi che nessuno più ricordava.

A volte si fermava in mezzo al nulla, dove il vento portava via ogni traccia.

In quei momenti, il cielo sembrava più vicino, gravido di segni che nessun altro vedeva.

Una notte sognò un uccello d’ombra posarsi sulla sua spalla.

Non cantava. Non batteva le ali.

Gli sussurrò senza voce.

“Ricorda ciò che non ti è mai stato detto.”

Al risveglio trovò una pietra annerita accanto al fuoco spento.

La tenne con sé.

Cominciò a vedere disegni nel vento, leggi nella polvere.

Trovò una porta scavata nella roccia, senza simboli. Una fenditura nera nel cuore di una collina.

Dentro non c’era luce. Solo l’odore dell’incenso.

Entrò.

La porta si richiuse da sola, come se lo aspettasse.

Rimase in quel luogo tre giorni.

Vedeva volti. Non gli parlavano. Si voltavano appena, poi svanivano.

Un bambino senza occhi. Una donna che stringeva una chiave spezzata.

Non sapeva chi fossero. Ma ogni volto lasciava una crepa. Non sul corpo, ma nel pensiero. Una fessura, sottile, che faceva entrare il buio.

Quando tornò alla luce, il sole non gli fece più socchiudere gli occhi.

Non cercava più direzioni. Le ignorava.

Camminava come se vedesse ogni cosa già accaduta.

Non parlava, ma ascoltava ogni gesto. Anche il silenzio sembrava rispondergli.

Qualcosa si era rotto. Ma qualcosa, in quella rottura, aveva trovato la sua forma.

Nessuno sa cosa accadde in quei tre giorni.

Lui non lo raccontò mai.

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Tornò alla città da cui era fuggito.

Si fermò ai margini.

Rimase in piedi per ore sotto la stessa torre da cui un tempo suonavano le convocazioni del popolo.

Davanti alla casa del Gran Maestro, disegnò un secondo segno nella polvere. Un cerchio incompleto, aperto verso l’alto.

Poi, lo cancellò con il piede.

Nessuno lo vide.

Nessuno doveva.

Quella stessa notte, il Gran Maestro si dimise dal suo ruolo.

Disse di aver sognato un occhio che lo guardava dall’interno, e di non essere più capace di scrivere.

Nomi nuovi cominciarono a circolare tra i mercanti, nei templi.

L’uomo delle ombre. Colui che ascolta. Il figlio della fenditura.

Tra le rovine di un osservatorio dimenticato, una figura accende ogni sera una sola torcia.

Resta in silenzio. Guarda le stelle muoversi.

Qualcuno dice che scriva sulle pietre, ma le onde del deserto cancellano ogni segno.

Qualcuno, una volta, giurò di averlo visto parlare con un bambino che non c’era.

Gli tendeva la mano, ma il vento la portava via.

Nessuno conosce il suo vero nome.

Quando il vento cambia, qualcosa sussurra un nome antico tra le colonne spezzate.

Non lo si sente con le orecchie.

Lo si sente dentro di sé.

Da allora, nelle notti in cui il vento tace, qualcuno smette di dormire.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

    1. Ciao Cristiana, grazie di cuore per il tuo commento.
      Sono davvero felice che tu abbia provato queste sensazioni: era esattamente ciò che speravo di trasmettere. Sapere di esserci riuscito mi fa davvero piacere.
      Grazie ancora!

  1. Benvenuto Mariano. Ho letto che ti piacciono simbolismo e sistemi iniziatici: sicuramente questo racconto lo conferma. Dopo 3 letture posso solo dirti che forse è troppo criptico per me, non sono riuscito a empatizzare con il protagonista, anche per lo stile così solennemente frammentato. Sicuramente gli altri sapranno apprezzarlo più di me.

    1. Grazie davvero per averlo letto più volte, e per avermi lasciato un pensiero così onesto.
      Capisco bene quello che dici: questo racconto nasce proprio come frammento, come eco distante di qualcosa che si rivelerà altrove, in un contesto più ampio.

      Il protagonista qui è ancora muto, in trasformazione. Ma in realtà è destinato a tornare in un altro progetto, dove la sua storia sarà più chiara, più viva, anche più “umana”.

      A presto, e grazie ancora!