Paura

Serie: Legami di sangue


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Il tempo si ferma di fronte ai sussurri della menzogna. Dio ti sta parlando. Ascoltalo...

Diario. Ore 21:00.

Stavo percorrendo a ritroso quelle strade, pentita di non aver portato il libro con me. Non c’era tempo ed io mi persi a osservare le saracinesche dei negozi. Nessuno camminava, l’unica compagnia era rappresentata da dei vecchi lampioni che si susseguivano lungo la stretta stradina su cui mi muovevo a passi svelti. L’auto non era molto distante, ma quando arrivai, appoggiata alla portiera del lato del guidatore, vidi la figura di un uomo: indossava una giacca beige, un pantalone mogano e assomigliava incredibilmente al prete con cui avevo parlato prima.

«Padre, lei.»

«Devi avermi scambiato per qualcun altro, sali, guido io, abbiamo solo un’ora.»

A quel punto smisi di fidarmi di ciò che i miei occhi mi stavano mostrando.

«Non salgo nella mia auto per ordine di uno sconosciuto e tantomeno ho intenzione di lasciargliela guidare.»

Lui sorrise, e riconobbi quel sorriso, mentre mi porgeva un libro. Il mio libro. Lo presi e rimasi incredula. Il libro che stavo leggendo, le spunte sulle pagine erano identiche.

«Come ha fatto a prenderlo?»

Ma non feci in tempo a rivolgergli quella domanda così scontata che una nebbia nera si frappose tra di noi. Io venni scaraventata dall’altro lato della strada, lui e la macchina scomparvero. Sollevandomi mi resi conto di essere di fronte al portone del palazzo in cui abitavo, salii di corsa le scale e aprii la porta del mio appartamento. Cercai con lo sguardo il libro sul tavolo, ma non c’era perché era lì, tra le mie mani, e lo stringevo quasi avessi paura di perderlo. Mi sedetti e senza indugiare ripresi a leggere.

Il sangue… era ovunque. Quell’uomo così gentile giaceva ai miei piedi. L’abito della cerimonia ancora indosso era stato lacerato, strappato. Dalla testa proveniva un sottile rivolo di sangue, il corpo, invece, mostrava i segni di una furia… Guardai le mie mani, erano diventate rosse come il sangue che ci lega, sorella mia. Era stata la mia furia a ucciderlo. Me ne resi conto solo in quel momento. Appoggiai entrambe le mani sulla sua camicia e le lasciai scivolare… per pulirle. Poi mi alzai, e prima che qualcuno potesse accorgersi di ciò che avevo fatto, afferrai il soprabito di quell’uomo, aprii la porta e fuggii…

Era confusa. Quella storia non mi apparteneva, ma non potevo fare ameno di sentirla mia. Ero convinta che mi riguardasse, perché? Mi venne in mente di cercare una data, un riferimento editoriale su quell’edizione. Non trovai il nome di nessun editore, ma, in terza pagina, mi accorsi che sotto il titolo era indicata una data: 1878.

Io e quel libro appartenevamo a due epoche diverse eppure tutto quello che mi stava accadendo non poteva essere un semplice caso. Proseguii nella lettura:

Avevo in tasca il denaro dell’uomo che avevo ucciso, era abbastanza da avermi permesso di comprare un biglietto per le isole Aran. L’oceano quella sera agitato, mosso da grandi onde, ma i marinai non sembravano preoccupati. Erano proprio loro ad accompagnare turisti e visitatori verso quelle piccole isole. Il freddo era pungente, nonostante fossimo nel mese di settembre. Io mi strinsi nel cappotto nero dell’uomo che avevo sposato; era abbastanza ampio da nascondere il mio abito. Mi ritrovai a Inis Oìrtheach, la più piccola delle tre. Il capitano della barca-battello riferì ai passeggeri che in quell’isola abitavano poco più di cento abitanti. Si conoscevano tutti, per lo più famiglie di pescatori e pastori. Ci indicò anche una taverna dove avremmo potuto mangiare e riposare. Eravamo in sette, a parte me. Solo allora osservai gli altri passeggeri. Erano coppie tranne un uomo seduto in disparte, in prossimità del bordo posteriore del battello. Ma non era completamente solo. Insieme a lui c’era un cane nero, di grossa taglia. Io però rimasi colpita da quel viso brunastro. I suoi capelli erano scompigliati e bagnati dagli spruzzi delle onde, ma erano abbastanza lunghi da essere rimasti ordinatamente appoggiati sulle sue spalle. Il viso era liscio ma attraversato dai segni di una barba appena rasata. Assomigliava a una statua e fissava il mare come io fissavo lui. Era adulto, ma non vecchio: non più di quarant’anni. Mi avvicinai anche se lui non sembrò fare caso a me, in quegli occhi riuscivo a scorgere la stessa oscurità di quella sera nonostante fossero chiari come la luna. Non saprei spiegare perché, ma osservare quel volto mi piaceva, mi faceva sentire meno sola, meno persa. Era diventato la mia bussola durante quel viaggio. Andai a sedermi dal lato opposto al suo, per osservarlo senza infastidirlo, senza farmi notare…”

Erano le 21:30. Continuai a leggere. Dopo tutto quello che era accaduto, non volevo fermarmi, volevo capire, dovevo capire…

Quando raggiungemmo il porto, fu proprio quell’uomo a porgermi la mano, per aiutarmi a scendere. E fu allora che ricambiò il mio sguardo, mi osservò senza dire nulla. Quando fu sicuro che i miei piedi fossero ben saldi sopra il basolato che ricopriva la stradina del molo, lasciò andare la mia mano ed io ne rimasi dispiaciuta. Quel tocco caldo e gentile aveva ridato calore al mio cuore infreddolito. Mi accorsi che adesso era il cane a fissarmi, mi spinse il ventre con il muso, come a volere che li seguissi e mi sfuggì un sorriso. Poi assieme al resto del gruppo mi incamminai verso la taverna. La mia vita trovò un nuovo inizio quella sera…”

Serie: Legami di sangue


Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Horror

Discussioni

  1. Ogni volta che leggo un episodio di questa storia rimango con il fiato sospeso, mi concentro per non perdere nessun passaggio. Ho il sospetto che ci siamo più realtà parallele….🧐