Polvere di stalle

Betta, con la jeep di Mary, aveva fatto il giro dell’asino parecchie volte, prima di arrivare al Don Carlos.Tra lavori in corso, strade con divieto d’accesso e ZTL, avevano girato a vuoto per quasi un’ora. Giglio ci teneva a fare bella figura, offrendo la cena alle tre donne in un ristorante di prim’ordine, a cinque stelle. La rossa e avvenente conducente, gli aveva smosso qualcosa, dal basso ventre fino alla punta dei capelli, dal primo istante che aveva incrociato il suo sguardo. Non si era mai trovato, a distanza così ravvicinata, con una coscia lunga dai capelli ramati più sottili dei fili di rame che avvolgeva di solito alla Ama Rott e f.lli. I suoi occhi erano grandi e così belli da potersi tuffare, per un attimo, in uno splendido mare azzurro. Il lettore vorace, amante dei versi, era il suo amico Pancrazio ma, in quel momento, anche Giglio avrebbe potuto capire l’ indole dei poeti; persino uno come D’ Annunzio o Leopardi, nelle parole A Silvia. Per la sosia di “Jessica Rabbit” più slanciata e soprattutto più vera, sarebbe stato disposto a suonare e a cantare Serenata Rap di Lorenzo Giovanotti, con la sua chitarra, che strimpellava a malapena, e ancora peggio, ogni tanto, cercava di cantare.

Appena giunti al ristorante si erano resi conto di essere capitati nell’unico giorno di chiusura settimanale. A un incrocio, poco più avanti, c’era un altro locale: solo pizzeria, Da Dino. Il locale era al completo: avrebbero dovuto aspettare che si liberasse qualche tavolo. Sembravano tutti in attesa dell’antipasto.

«Ajò, facciamo un girino qui vicino…»

«E poi torniamo qui da Dino» avevano proposto Susi e Gi’.

«Che ne dite se, dopo cena, andiamo al mare?» aveva osato Giglio, iniziando a farsi un film con la pantera rossa, nella speranza che “da cosa nasce cosa”.

«Là, ta bellu lugori*.» aveva continuato, facendo il romantico, per fare colpo sulla ragazza che gli ricordava una foto  di “Milva”, “la pantera di Goro” da giovane. La famosa cantante che tanto era piaciuta a suo padre, in un altro secolo.

«Eja, eja, facciamo le orine», aveva esultato Susi, che doveva recuperare una vita intera priva di vita.

Betta, l’unica con la testa sulle spalle, aveva fretta di tornare al paese. Aveva promesso a Mary che non sarebbero tornate molto tardi e non molto presto all’alba.

«Cerchiamo un altro posto per un trancio di pizza, una coca e via», aveva proposto Gi’, dopo le occhiatacce di Betta.

Davanti all’ingresso di una pizzeria al taglio c’era una lunga fila di turisti, residenti e compagnia bella di clienti vari. Un’ora almeno di attesa; quindi avevano deciso di passare oltre.

«Kebab?» aveva osato Pancrazio, rompendo, con un fil di voce, il silenzio della sua grande timidezza.

«Macchè babbu e fillu e Spritu Santu» l’aveva zittito, subito, il suo amico Giglio.

«Che ne dite di un panino?» era stata la proposta di Betta, che sperava di concludere in fretta, quell’incontro con i due ragazzi.

«E cosa siamo, paninari?» aveva replicato il suo nuovo ammiratore, sperando di strapparle un sorriso; mentre a lei sembrava, di volta, in volta, meno divertente e più cretino.

Dopo aver vagato a caso, tra vicoli, piazze e stradine, avevano notato l’insegna di una trattoria. Il menu esposto sembrava insolito ed economico. Non erano le solite pietanze della cucina tipica sarda. All’interno la sala era addobbata con briglie, speroni, frustini, selle di cuoio e antichi quadri con cavalli. La cassa vicino all’ingresso, era sopra un tavolo a ferro di cavallo. La maggior parte dei posti erano ancora liberi.

Il cameriere, vedendo la curiosità sulle loro facce, aveva spiegato che, in un lontano passato, in quel luogo c’era la tenuta di un conte. Un uomo con la passione dei cavalli da corsa. In quel punto dove avevano costruito il locale, c’erano le stalle.

La storia della trattoria rendeva tutto più chiaro, anche il menu.

MEZZE PENNE ALL’INFURIATA

PAGLIA E FIENO

SALTIMBOCCA DEL FANTINO

VELLUTATA DI ORZO E AVENA

ALETTE DI PEGASO ALLA GALLURESE

BOCCONCINI DI VARENNE IN AGRODOLCE

STRACCETTI DI RONZINO

SPIEDINI DI ORAZIO

GRAN PREMIUM

FALABELLA IN SALMÌ

BIADA VERDE O MISTA

TRONCHETTO ZUCCHERINO

Le mezze penne erano più arrabbiate di Furia, cavallo del west, imbizzarrito. La carne era troppo dura anche per Pancrazio, abile e tenace masticatore, che aveva rinunciato a consumare la sua Gran Premium.

Prima di passare al dolce, Susi e Gi’, nonostante la delusione, erano in vena di battute. Il vino della casa, bianco e frizzante, per i loro palati poco esigenti, non era male. Avevano gradito e replicato più volte il brindisi a quell’incontro imprevisto e allegro, ma non per tutte.

«Dal ristorante Don Carlos, a cinque stelle, fino a questa trattoria, lunga è la scia.» era stato il primo commento di Susi.

E Gi’: «Dalla polvere di stelle a quella delle stalle.»

«Con qualche filo di ragno, sopra le selle di cuoio appese al muro» aveva infierito Susi.

In quel momento il cellulare di Giglio aveva emesso un suono di notifica. Dopo aver letto il messaggio, era scattato in piedi, per spostarsi dal tavolo, col telefono in mano.

Qualche minuto dopo anche il cellulare di Pancrazio aveva iniziato a vibrare e pure lui si era alzato per andare in direzione della toilette.

«Che c’è? Perché mi hai fatto venire qui?»

«Hanno avvisato quelli. La macchina non li serve più. Abbiamo appuntamento tra mezz’ora in piazza Mercato, tra via Padova e via Dettori. Ci tocca controllare su Gugle Mappasa.»

«E quelle là?»

«A quelle diciamo che tuo zio ci sta aspettando fuori, vicino all’incrocio. E tanti saluti.»

«E dopo non torniamo?»

«Pancra’, va be’ che ti chiami come il giglio bianco di mare, ma… o sei troppo candido o il sole ti ha turrrato* il cervello. Non l’ hai ancora capito chi sono Ginetta e Susetta?»

«Uhm… si, ora mi ricordo. Ma il conto… lo paghi tu?»

«Eja, che già lo pago io. Al cameriere lo domandiamo il dolce; così quelle se ne restano ferme a indrucciarsi*

«Vuoi dargli lo zuccherino come si fa con i cavalli?»

«A marolla*.Tanto, già mi sembrano un po’ “equine”, pure loro.»

«Equine?»

«Eja, equine. Già mi hai capito. Ajò, Pancrazio; presto che è tardi.»

 * turrato: tostato/ torrefatto

*Là ta bellu lugori: Guarda che bel chiaro di luna

*indrucciarsi: addolcirsi

*A marolla: Per forza 

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Discussioni

  1. Mi piace che tu abbia introdotto quella giusta dose di “piccantino” scendendo desideri di colore rosso rame nella testa del povero ‘cretino’ 😅. Come andrà a finire? Ho l’impressione che tu abbia sciolto le briglie e la lettura galoppa, veloce e piacevolissima. Brava Maria Luisa. Un abbraccio

    1. Ciao Cristiana, grazie. Sai trovare sempre le parole giuste per darmi la spinta ad andare avanti, in questo percorso un po’ tortuoso, ad ostacoli, con dossi e fossi in cui si puo` cadere. Per non scivolare nel melenso e non sprofondare nell`amaro di una storia troppo triste, un po’ di pepe o di peperoncino ogni tanto, spero possa dare gusto e piu` sprint a questa storia un po’ strampalata.

    1. Ciao Kenji, ci speravo. Ho studiato un po` per elaborare il menu “equino”, con un certo orrore per alcuni piatti a base di carne di cavallo. Per una vegetariana, che solo raramente mangia pesce o pollo, non e` l’ ideale.

  2. Dopo la pausa musicale qui si torna allo stile “prova a prendermi”. Sempre curioso di sapere cosa succederà e dove andranno i nostri personaggi in questo gioco “guardie e ladri” veramente spassoso, condito con l’itagliano correggiuto e il mix di sardo che rende assolutamente realistici i personaggi e fa strappare mille sorrisi! Alla prossima

    1. Ciao Carlo, mi piace molto questo tuo commento, in piena sintonia con il genere di questi miei racconti semiseri. L’ “itagliano correggiuto”, me lo segno; caso mai dovesse servire nei dialoghi di Giglio o di Peppino, il cugino di Gi’.
      Per i diritti d’autore ci metteremo d’ accordo: meta` di quello che ci fa vedere Open, col binocolo, in un luogo molto lontano e in un tempo improbabile.
      Grazie Carlo e buon ferragosto.
      PS: Se non hai piu` pubblicato avrai sicuramente le tue buone ragioni. Io, comunque, ogni volta controllo, sperando di trovarti con un’ altra bella storia, ispirata da qualcosa di altrettanto bello nella tua vita.