Poveretti i miei genitori

Serie: Come un corvo bianco


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Tutto ciò che leggerete non è frutto dell'immaginazione di una bambina.

Mi chiamo Mary Chiara Malavasi e no, Mary non è il diminutivo di un altro nome e “Chiara” fu un’idea di quel burlone di mio padre. Nacqui a Mirandola, in provincia di Modena, il 14 dicembre 1996 sotto il segno del Sagittario. A tal proposito, quando mia madre era ancora incinta, una sua amica astrologa la mise in guardia (con tanto di “oddio” e mani nei capelli) sulla fiammeggiante follia del centauro con arco e frecce. E aveva ragione.

Ebbene, in quella notte fredda all’1:30 venni al mondo, in sole due ore tra travaglio e parto. Ero parecchio piccina, poco meno di tre chili di nervoso e risentimento verso il mondo intero. Tanto è vero che solo qualche ora dopo, nella nursery, mentre tutti gli altri neonati piangevano o dormivano, io mi guardavo attorno con le sopracciglia aggrottate senza emettere un vagito. Mio padre ci vide lungo: «Questa non promette niente di buono.»

Gli anni successivi trascorsero tra i miei pianti isterici, l’insonnia (quindi anche dei miei genitori) e l’inappetenza. Quelle poche volte che mangiavo, rimettevo tutto esasperando mia madre. L’unico alimento che tolleravo era il latte, e posso scommettere l’osso del collo che almeno una volta ai miei genitori balenò l’idea di scaricarmi in una stalla in mezzo ai vitelli.

Fu durante gli anni delle scuole elementari che iniziò ad emergere l’animo Punk. Sia chiaro, non ero una bambina cattiva o pestifera in senso negativo, eppure manifestavo atteggiamenti ribelli che non erano mai appartenuti a nessun componente della mia famiglia.

Sopra ogni altra cosa, avevo un’avversione per le regole: tornata a casa da scuola non volevo fare i compiti, ma non per compiti in sé, perché ero a casa e mica a scuola. Volevo farmi gli affari miei che il mio lo avevo già fatto la mattina tra i banchi. Questi “affari miei” riguardavano giocare ai videogiochi (passione che ho tutt’oggi) e… scrivere, ma non prima di aver fissato un punto indistinto del soffitto, in catalessi, come il buon vecchio Internet Explorer. Non ho idea di quali pensieri frullassero nel mio testolino all’epoca, sicuramente erano dei gran viaggioni!

Durante una recita di Natale quando Babbo Natale mi domandò cosa volessi trovare sotto l’albero dissi: «Voglio la “Fabbrica dei Mostri” e se non me la porti sei proprio uno stupido!». Immagino che i miei genitori avrebbero voluto prenotare un viaggio di sola andata per Plutone.

Un giorno, una di quelle poche volte che mio padre mi portò al parco, mi slogai un braccio scendendo da una collinetta con lo skateboard (se non mi credete, in solaio da qualche parte, ho conservato il gesso). Però, ehi, ad oggi tra quel manipolo di bambini rimango ancora l’unica che riusciva a stare in piedi dalla cima alla base.

Non ne farei una colpa al mio papà per avermi persa di vista, tanto ero comunque incontrollabile: mi appesi alla basculante di casa rimanendo con i piedi a penzoloni nel vuoto, infilai la testa nelle colonnine del balcone, insultai gratuitamente il vicino di casa dandogli della “faccia di merda” e ne combinai tante altre che dovrei aprire una nuova serie per raccontarle tutte.

Per non parlare della sera in cui tirai una padella in testa a mio cugggino (sì, con tre G). Qualche anno dopo, in campeggio, colpii con un sasso la testa di un ragazzino che si beccò un paio di punti. Ovviamente non ci fu cattiveria in quei gesti, eppure tutt’oggi mi domando come mai fossi così fissata con l’attentare alla vita di parenti e amici. A questo punto è doveroso rassicurarvi che sono una brava persona.

Ed ora che vedo elencata, nero su bianco, questa sfilza di eventi, capisco perché non avevo amici.

Potrei continuare con gli aneddoti, ma c’è un’altra questione da snocciolare: la mia passione per il colore nero. Avete presente il detto “nascere con l’anima nera”? È vero.

Ho sempre odiato i colori, tanto che da un certo punto in poi i miei genitori non sono più riusciti a farmi indossare vestiti colorati; alla vista di maglioncini sgargianti e vestitini mi trasformavo nella bambina del film “l’Esorcista”.

Vi sembra assurdo? Ingenui: ho dormito per due anni sul divano della cucina, perché la mia cameretta con le pareti rosa, le farfalle e i bruchi sulla carta da parati mi faceva cagare.

Non è finita (ormai questi intercalari sembrano dei presagi). Partendo dal presupposto che in famiglia non siamo mai stati particolarmente credenti, sono riuscita a dare il meglio (o peggio) di me pure in chiesa. La questione è che io ero consapevole del mio ateismo e non capivo perché una domenica sì e una no dovessi alzarmi presto per andare a sentire i sermoni del prete. Sta di fatto che, come si dice dalle parti di Modena “a cucci e sburloni”, i miei genitori sono riusciti a farmi completare i sacramenti. Ma a quale prezzo.

Durante la Prima Comunione le mie coetanee misero in testa cerchietti di pizzo, fiorellini, farfalline… io volli le mèche bionde. Addirittura una delle madri domandò alla mia: «Perché la Mary non ha niente in testa?», e mia madre, poveretta: «Eh, non ha volto niente, a lei piace così…»

Anche la Cresima mi obbligarono a fare e io, come già detto, odiavo gli obblighi: litigai con mia madre, ma tornai a casa vittoriosa con il mio vestito a collo alto nero e il giubbottone di lana viola, tipo Mercoledì Addams. Insomma, mal comune mezzo gaudio.

È plausibile che a questo punto pensiate che fossi una piccola teppistella, ma, parola di mamma e papà, posso assicurarvi che ero una bambina di buon cuore, forse anche troppo. E qui mi fermo, perché vige la regola del “massimo mille parole” e questa la voglio rispettate.

Un giorno, non troppo tempo fa, mia madre per scherzare mi disse: «Quando ero incinta feci l’amniocentesi, poi decisi di tenerti lo stesso.» In effetti, ad oggi non faccio fatica a crederle.  

Serie: Come un corvo bianco


Avete messo Mi Piace7 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Che meraviglia Mary! Ho trovato tantissimo in questa bimba di quello che conosco e amo nella ragazza speciale che sei diventata. La tua spontaneità, il coraggio di essere te stessa, sempre e comunque, e quello sguardo da angioletto cje probabmete aveva fregato ancje Babbo Natale, prima di convincerlo a suon di minacce a portarti ciò che volevi! La cosa che più mi è piaciuta è il modogenuino e vero con il quale ti racconti: sei tu, senza filtri, senza inventare nulla, senza false immagini, e dietro alla “peste” cje sei riuscita a farci amare trapela il tuo cuore grande e la tua anima ribelle ma soprattutto sensibile e unica. Io voto per avere una serie autobiografica 😍😍😍

  2. No vabbé, bellissimo leggere la tua storia! Comunque aspetto quella serie (quella in cui racconti tutte le cose che hai combinato) adesso devi scriverla 😅 Nemmeno io ero un angelo, quindi ora sono curiosa.

  3. Ciao Mary, hai tutta la mia ammirazione per questo racconto autobiografico, ironico, genuino e coraggioso. Non capita spesso di leggere racconti di vita vera, svelando situazioni anche delicate, senza nascondersi dietro altri nomi o narrazioni in terza persona. La curiosità di saperne di piú, da lettrice, é ancora piú forte.

  4. Mary Chiara….una bimba seria, malinconica….a tratti inquietante….dotata di grande intelligenza ….

    Mary Chiara….adolescente pungente e acuta….con gusti e interessi strani…..con il suo modo di apparire in nero….è il simbolo della diversità e dell’auto-accettazione sincera…..

    Mary Chiara….fuori dagli schemi…..può sembrare fredda e distante….ma non è affatto così….tutto dipende da quello che vuole o meno mostrare….

    Mary Chiara….mente acuta, pensatrice e stratega….diversa….ma chi è diverso ha un compito, una missione da portare a termine, quella di diventare un essere speciale, un essere unico, tirando fuori le sue doti e la sua personalità senza rimanere imprigionato fra le sbarre del giudizio e del pregiudizio……..

    Mary Chiara…..testarda, determinata e ossessiva…..tutte caratteristiche dei grandi scrittori………

    …..leader carismatica dai tratti narcisisticamente affascinanti……

    ……Mary Chiara….tu sei il tuo capolavoro……….

  5. Che poesia meravigliosa questo affresco della tua vita sono ad ora. Ti auguro con tutto me stesso di avere ancora tante storie da raccontare di te da dover costruire un server apposta per contenerle.

  6. “mi slogai un braccio scendendo da una collinetta con lo skateboard”
    È successo anche a me, solo che la collinetta era la discesa che portava giù dai colli di Zavattarello, in provincia di Pavia, e il braccio slogato era il lato sinistro della faccia, completamente grattugiato, tanto da essere convinto quando mi sono ripreso dal colpo alla testa che sarei rimasto sfigurato per sempre. Quando la mia professoressa di stenografia mi vide, tale professoressa fossati (lo scrivo con la f minuscola appositamente) mi disse: “Ti sta bene, così la prossima volta impari”. È morta da un po’, mi sono sempre chiesto se sia finita in una dimensione di disperazione.

    1. “Ti sta bene, così la prossima volta impari”. È morta da un po’, mi sono sempre chiesto se sia finita in una dimensione di disperazione.” Mi piace, te la posso rubare?

  7. Ma sei la stessa Mary Chiara Malavasi di quell’altra serie là, quella che hai qui su Open? Quella là del terremoto…?
    Ma non è che magari questo pezzo qua lo mettiamo di là, lo allunghiamo un po’, andiamo avanti e indietro nel tempo? Combiniamo quei pasticci che a me piacciono tanto e che poi magari piacciono anche a un certo Tiziano che poi, ancora magari, gli viene in mente di farci un libro?
    Pensaci su, bellezza 😀

  8. È davvero simpatica questa pagina di diario dedicata all’infanzia. Mi fa un grande piacere leggere che, a distanza di una generazione abbondande, c’erano in circolazione ancora dei bambini “normali”, con quella sana iniziativa e dedizione per fare tutto ciò che, una vollta adulti…
    Grazie per la piacevole lettura

    1. Ciao Paolo, grazie a te per essere passato.
      Sai che mentre ho scritto il pezzo ho fatto un ragionamento come il tuo? I bambini nati nei miei anni (e quelli nati massimo due anni dopo) siamo stati gli ultimi ad avere un’infanzia vera. Dopo di noi i parco giochi dove mi sono slogata il braccio si era quasi svuotato, nelle sere d’estate nella piazza di paese c’erano sempre meno genitori con i figli e potrei proseguire con gli esempi.
      Ho letto un articolo che la nostra generazione è quella che soffre di più i cambi generazionali, perchè, appunto, abbiamo vissuto sia il “prima” che il “dopo”. Ed è proprio vero.

  9. O__o! Ma sto leggendo la genesi della mia supereroina! Già ti vedo nella posa accosciata russa sulla testa di un mostruoso gargoyle, sotto la pioggia battente, mentre vigili su una specie di metropoli fumosa… Devo ancora definire il tuo travestimento con tanto di cappuccio della felpa caratteristico che ti fa da maschera e i tuoi poteri potrebbero essere quelli di rendere, per un periodo limitato di tempo, vivi i personaggi o le cose che descrivi su dei fogli di carta, ma anche i tatuaggi che ti sei fatta da sola. 😀 Fatta! La città di Lookinather può dormire sonni tranquilli. Parte la colonna sonora scritta da Zimmer.
    Ah già, ora mi sembra di conoscerti un pochino meglio e comunque di apprezzarti sempre tantissimo.

    1. Ciao Emiliano, ma sai che questa è esattamente il tipo di storia che avrei scritto da bambina? Temo siano perduti per sempre, ma ti prometto che se mai riuscissi a trovare i vecchi quaderni su cui scrivevo questi racconti ti manderò le foto.
      E sono davvero contenta che mi percepisci così. ❤️