Pranzo

Serie: Fame


    STAGIONE 1

  • Episodio 1: Colazione
  • Episodio 2: Merenda
  • Episodio 3: Pranzo

NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Anselmo e la strega hanno catturato il loro primo porcellino.

Il funerale era durato più del previsto. Mentre infilavano la bara nel loculo la madre vi si era gettata sopra e, abbracciando il mogano liscio, aveva ceduto a un pianto senza controllo.

Il marito si era chinato su di lei, l’aveva stretta tra le braccia, le aveva accarezzato la schiena e sussurrato frasi all’orecchio, ma non era servito. Dopo quasi un’ora i responsabili delle pompe funebri l’avevano sollevata per i gomiti e allontanata. Le sue unghie avevano lasciato profondi solchi nel legno.

Il funerale era terminato, amici e parenti aveavno espresso ancora una volta il cordoglio alla famiglia mentre il sole correva nascondersi dietro i tetti.

Anselmo e la strega attesero finché del pianto della madre non rimase che un eco tra i vicoli. Lui aveva in mano un piede di porco, lei spingeva la carriola.

– Infilalo con molta delicatezza sotto la lastra e spingi piano, mi raccomando, romperla è un attimo.

Anselmo armeggiò il piede di porco con la stessa delicatezza che avrebbe usato per cullare un neonato, finché uno schiocco molle non gli fece capire che la lastra si era staccata dalla malta ancora fresca.

La presero assieme e l’appoggiarono con delicatezza a terra, a chiudere la tomba rimaneva solo uno strato di mattoni.

– Con quello vacci pure di forza, tanto poi li ributtiamo dentro.

Sfondato il muro sfilarono la bara e la fecero cadere sulla carriola.

Anselmo ci passò sopra una mano. Era più liscia del vetro e i pomelli d’ottone avevano la forma di piccoli crisantemi. Era molto più bella di quella in cui era tornato suo padre, ma sembrava tagliata a metà.

– Quant’è piccola.

– Un altro vantaggio di mangiare porcellini invece che adulti, e ora forza, rimettiamo su la lastra.

Arrivati alla casa della strega stesero il maialino sul tavolo, anselmo si mise seduto a guardarla lavorare la carne. La strega sfilò i vestiti con cura, per non rovinarli e li getto in una cesta. Spinse il corpo finché la testa non penzolò dal bordo del tavolo e recise la gola da una parte all’altra. Anselmo si alzò dalla sedia per vedere bene, dal taglio sgorgava un sangue nero, viscoso, pieno di grumi.

– Accendi il camino e vai a prendere due secchi d’acqua al pozzo. – Gli disse la strega e lui ubbidì.

Tornò che il maialino era già tagliato a tocchetti. Mentre versava l’acqua nel pentolone gli venne un dubbio.

– Ma non è che rischiamo di avvelenarci anche noi?

– Non ti preoccupare, mia madre non sapeva neanche scrivere il suo nome, ma veniva delle montagne e conosceva le erbe e le piante come fossero sue sorelle, mi ha insegnato quasi tutto quello che sapeva. Basterà cambiare l’acqua a metà cottura e il veleno verrà lavato via.

Appena l’acqua ebbe iniziato a fiorire vi gettò dentro i pezzi di carne assieme a un ciuffo di erbe aromatiche.

Mentre girava il bollito con un mestolo disse – Questa tavola è tanto larga, troppo quando ci si siede solo in due, perché non vai a chiamare i tuoi amici?

Anselmo le sorrise e uscì di corsa.

Tornò con tutta la banda al seguito. Tutti e quattro si pulirono le scarpe prima di entrare e Camillo, che portava un berretto lacero, recuperato tra le macerie, se lo tolse e lo mise in tasca.

Nel frattempo la strega aveva apparecchiato. Una tovaglia ingiallita, con il bordo in pizzo copriva il tavolone, sopra vi erano cinque tazze fumanti di brodo, cinque tovaglioli di panno, cinque cucchiai e cinque tazze di ceramica. Al centro del tavolo aveva postao una caraffa d’acqua fresca.

Bernardo si avvicinò alla strega e da dietro la schiena tirò fuori una pagnotta di pane, gli mancava qualche pezzo perché aveva grattato via la muffa.

– Ho portato questa.

– Grazie – disse lei, e la mise in tavola.

Ognuno prese il proprio posto, la srega capotavola e Anselmo alla sua destra. Il profumo di carne e timo avvolgeva la stanza. I bambini fissavano il cibo, ma per rispetto aspettavano che la strega dicesse qualcosa.

– Beh? Cosa aspettate? Mangiate su.

Si gettarono a testa bassa sul pasto.

Seduto su una panchina del centro Anselmo si tastava il braccio, constatava con piacere che bello strato morbido si era formato attorno all’osso. Erano nel suo parco preferito, quello in cui aveva catturato il primo porcello. Da allora gli aveva sempre portato fortuna, solo lì ne aveva presi almeno altri sei o sette.

Orami si era creato un copione da seguire. Restò vicino alla strega finché il dondolo non si liberò, poi corse a occuparlo e iniziò a fare su e giù da solo. Dopo neanche dieci minuti un porcellino cadde nella sua trappola.

– Posso giocare anch’io?

– Certo, salta su.

Il porcello si divertiva, quando i loro sguardi si incrociavano a mezz’aria Anselmo tirava fuori la lingua, incrociava gli occhi o faceva un’altre faccie buffe, il maialino rideva e Anselmo sentiva già la pancia piena. La fame ormai aveva perso gli artigli, era solo più un docile animaletto che ogni tanto miagolava per ricordargli di mettere qualcosa sotto i denti. Alle spalle del porcellino comparve una donna che lo afferrò per il braccio e lo trascinò via.

– Hai mamma, ma che fai?

– Vieni via.

– Ma che ho fatto?

– Vieni via ho detto

L’altalena dal lato di Anselmo si abbassò e non si rialzò più. La fame iniziò a soffiare scontenta.

Serie: Fame


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Discussioni

  1. Inquietante e, per certi versi, disturbante per il modo crudo con cui hai descritto le scene e i comportamenti di Anselmo, ormai assuefatto alla carne umana.
    Qualche piccolo refuso, che non toglie nulla alla qualità del racconto.