Prime ore da direttore

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Gustav combatte con lo sbiadimento della sua firma, ma la presenza della cantante crea dei misteriosi equilibri che forgiano le sue pulsioni erotiche con i grovigli della sua calligrafia, poco prima che lo raggiungano sua moglie Lara e il poeta maledetto, interessati da una fastidiosa intimità.

La sua voce, sempre suadente, ricca di pathos e di vibrazioni, mi distrasse. Mi allontanai dal loro sguardo, alquanto infastidito dalla loro intimità, ma pur non guardandoli continuavo a parlare con entrambi, dicendogli che dovevano aggiornarmi nei dettagli sulla situazione della rivista; come direttore era un mio diritto e una mia responsabilità essere messo al corrente delle varie dinamiche e problematiche di rinnovamento che la riguardavano.

«Tu, hai già firmato, Lara? Me lo confermi?» le chiesi.

«Ma certo, direttore. Che domande dell’assurdo che mi fa? Mi ha forse preso per una ragazzina?» mi disse, stringendosi sempre di più al poeta. Quando ripresi a guardarli, la musica e la voce della cantante sbiadirono.

«Dobbiamo assolutamente coordinare i punti salienti e rappresentativi della nuova rivista, i ruoli, gli stili, gli orientamenti, le correnti di avanguardia più estreme» dissi.

«Sono assolutamente d’accordo con te, direttore, ma adesso dobbiamo goderci la serata e solo domani, a mente libera, pensare al resto, come è giusto che sia» disse il poeta, mentre Lara assentiva col capo, facendosi scivolare sul viso un filo scuro di capelli e di angoscia, che la dipinsero, per qualche istante, in una posa stregonesca.

«Noi adesso scendiamo. Volevo solo dirti che…» fece Lara.

«E per il tribunale» si accavallò il poeta «sei riuscito a risolvere, direttore? Hai chiarito almeno la tua posizione, relativa al tuo nuovo incarico? Credo che sia importante che tu lo comunichi per tempo, onde evitare equivoci e fraintendimenti di sorta, proprio come ha fatto Lara con il suo ufficio. Devi riconoscere che stavolta si è mossa in modo esemplare e previdente, molto più di te, perdonami, Gustav» e allora mia moglie si riagganciò alla discussione: 

«Ho chiesto dei lunghi mesi di congedo ermetico. Nessuno dei miei principali ha avuto da ridire, specie quando ho specificato loro le ragioni profondamente artistiche che mi avrebbero allontanato per qualche tempo dal loro ufficio soleggiato. Non hanno fatto storie di alcun tipo. Sono stati comprensivi e contenti della splendida opportunità che mi veniva offerta dal poeta, dicendomi che sarebbe stato un vero peccato rinunciarvi, e che nemmeno loro si sarebbero mai perdonati di impedire a una dipendente così valida e sensibile un’esperienza di tale crescita umana, artistica, professionale. Tra l’altro ho avuto la fortuna che la donna che prepara i caffè per i dipendenti dell’ufficio ha una figlioccia naturopata, che ha studiato per anni il fortepiano jazz e che potrebbe sostituirmi per battere a macchina – e non solo – lungo il periodo della mia assenza, pensa, mentre sua madre, guarda caso, sarà parte integrante del nostro gruppo di rinnovamento ermetico. Infine, dulcis in fundo, la cantante che in questo momento si sta esibendo con l’orchestra da ballo, sarà integrata nel gruppo di traduzione – lei non lo sa ancora, però; attenzione a non rovinarle la sorpresa. I suoi versetti in inglese sono stati ritrovati in un cassetto del suo comodino e consegnati al poeta da una cameriera sordomuta di Torino. Sono di un ermetismo cupo, mirabile, spiccatamente lirico, di grande intensità. Lei è un tipino strano, a quanto si vocifera tra gli orchestrali; tra l’altro soffre di crisi d’ansia e ha il vizio di vendere le mutandine sporche sul dark web. A noi questi tipini un po’ fradici e maledetti fanno gola, e anche scena, capisce signor direttore?» mi disse Lara, ostentandomi un lei terrificante, che mi raggelò.

«A patto che tu condividerai tutte le nostre scelte, anche le più singolari, direttore. L’ultima parola resterà la tua, non dimenticarlo» era il poeta che mi parlava, mentre Lara si stava avviando fuori, svincolandosi dal suo abbraccio e ricomponendosi il seno straziato nel vestito di velluto.

«Adesso noi scendiamo. Fatti vivo al più presto, Gustav, e fa’ attenzione che la tua firma da scolaretto non sbiadisca nel nulla, mi raccomando» mi disse Stanislao, con un sorriso sardonico, beffardo.

«Mi sembra la definitiva. Non si è più mossa. Venite a vedere, per favore. Guardate come stacca l’inchiostro sul nitore della carta. Non è solo una mia impressione, vero?» dissi, e allora tornarono entrambi più confidenti e sereni, per controllare la stabilità della mia firma bluastra sul contratto di direzione della rivista. Lara mi diede un bacio da cugina, senza dirmi altro. Quando i due andarono via, rimasi da solo nella camera della stipula, sul ciglio dell’inesistenza. La mia firma era stata impressa alla perfezione e non sbiadiva. Il tutto aveva ripreso un suo ordine e una sua coerenza, così la mia mano, che ormai non tremava più da un pezzo. 

Uscii di nuovo fuori, attraversando i corridoi con l’intenzione di godermi l’inaugurazione della rivista fino all’ultimo istante, ritemprato dall’importanza della mia carica e dai profondi cambiamenti che avrebbe comportato per la mia evoluzione ed esistenza. Ero il direttore, avrei deciso tutto da me, senza dipendere da nessuno, e chissà quanto avrei guadagnato per un progetto che aveva attirato poeti, critici e letterati di mezza Europa, oltre ai sostenitori e agli investitori fanatici, come l’invadente Aris Pechino. E allora chissà, se col tempo… avrei potuto fare anche a meno della mia attività di avvocato, se non trovare un degno sostituto, che quanto meno all’interno del mio studio ottemperasse alle mie assenze o esigenze, proprio come era accaduto alla mia Lara con il suo ufficio e all’attività commerciale di Ariele.

Dopo aver vagato nei corridoi, impegnai le scale verso i piani bassi. Tutti coloro che mi incrociavano facevano un inchino di sottomissione, sussurrandomi: «Signor direttore» in tono fioco, prudente, appena affettuoso, ma sempre con l’aria rispettosa di chi si trovi davanti un’apparizione, un fenomeno mistico e inspiegabile. Mi sentivo un imperatore, mentre le cameriere asiatiche nelle loro minigonne rosa shock mi facevano degli inchini sorprendenti, senza mai spostare la loro attenzione dal vigore del mio viso morbido, ancora stupito. Indisturbato dalle varie visioni e situazioni che si avvicendavano al mio passaggio, mi ritrovai a pochi passi dalla sala dove si esibiva l’orchestra da ballo, che adesso scandiva gli ultimi accordi prima di un altro intervallo. La cantante in abito rosso aveva appena finito e già mi correva incontro. 

«Che bello ritrovarti, Gustav! Voglio che tu mi segua, adesso. Guarda un po’ qui? Ho ritrovato il portachiavi con l’uccellino rosso! Non è meraviglioso?» e mentre mi parlava, col viso congestionato dall’emozione, mi riportava indietro, verso le camere ventilanti del piano riservato agli artisti della musica. Mi fidavo ciecamente di lei, abbandonandomi senza riserve al suo flusso estatico, incantatorio. Era soddisfatta dall’interpretazione delle sue ultime song, e poi, come mi ripeteva, camminandomi accanto, non le sembrava vero di poter cantare indisturbata, senza interferenze, segnali fuorvianti, sguardi minacciosi, risate, sberleffi e giochi di lingua da parte del trombonista Alex. Era tornato tutto in regola come un tempo, e solo grazie a me.

«Forse perché… sono a tutti gli effetti il direttore responsabile della nuova rivista. D’ora in poi cambieranno molte cose, mi sa» le dissi.

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


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Discussioni

  1. Un episodio più rilassato, se così si può dire. Gustav sembra essere entrato a proprio agio, dopo aver preso il ruolo di direttore, rispetto alla confusione iniziale. Sul finale sembra anche prendere sicurezza, come se l’incarico gli desse un nuovo potere.

    1. Il mutamento repentino di ruolo, di funzione, va a intaccare alcuni ingranaggi all’interno della personalità di Gustav, che sembrano ridefinirlo in una costituzione più armonica e composta, con un migliore controllo sulle sue azioni, almeno in apparenza. Potrebbe rappresentare davvero un passo in avanti, o solo la nuova fase di una deriva allucinatoria? È una domanda che mi pongo di continuo. Forse aperta a più risposte – o a nessuna.

    1. Ciao, Lino. Ti ringrazio molto delle tue suggestioni, sempre così preziose e stimolanti. Lo stadio ipnotico di cui parli è proprio parte della prospettiva di Gustav, quindi del suo punto di vista, spesso traumatizzato, che cerca di sopravvivere ai continui nubifragi che si abbattono sul suo percorso. Sono contento che questo flusso magmatico, estenuante, abbia incontrato le tue frequenze. Un saluto e a presto.