Profondità

Serie: Famiglie


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Carlo sta per avere un figlio

Ogni tanto, durante i lunghi pomeriggi trascorsi in azienda, mi ritrovavo a scrutare distrattamente oltre le finestre del mio ufficio.

La mia vita sembrava aver preso una direzione stabile. Il lavoro nell’azienda di elettrodomestici era solido, sicuro, ben retribuito, avevo colleghi con cui andavo d’accordo, un capo che stimavo e un progetto che mi impegnava ogni giorno. Eppure, da qualche tempo, una sensazione di insoddisfazione cresceva lentamente dentro di me, ma poi la felicità della vita familiare e le mie tante passioni riuscivano a fugare quella sensazione quando affiorava.

Andavo ancora in montagna, affrontando escursioni anche impegnative, di più giorni, dormendo nei rifugi o portandomi la tenda, E poi c’era la speleologia, che occupava uno spazio crescente nella mia vita da quando all’università avevo frequentato il corso di introduzione. Da anni ormai facevo parte del gruppo speleo del CAI di Ancona, e in quella attività trovavo tanti aspetti coinvolgenti: la pratica sportiva, la vertigine del vuoto, l’apprendimento delle tecniche su corda, il legame con il gruppo e soprattutto l’emozione dell’esplorazione.

Uscivamo regolarmente per escursioni nelle grotte del nostro territorio, spesso con l’obiettivo di scoprire nuovi rami o cavità inesplorate. A volte organizzavamo spedizioni fuori regione, in collaborazione con gruppi di altre parti d’Italia e qualche volta anche all’estero. In quei mesi stavamo organizzando una trasferta nel Carso triestino, e una sera mi recai alla sede del CAI per definire alcuni dettagli del viaggio. Entrai nella sala riunioni, dove gli altri erano già seduti intorno al tavolo, e Paolo Smorlesi, il responsabile del nostro gruppo mi salutò e mi invitò a sedermi.

Quando mi fui accomodato, disse: “Bene ragazzi, siamo tutti. Prima di cominciare con le discussioni sull’organizzazione del viaggio in Carso, volevo presentarvi un nuovo membro del nostro gruppo”.

Indicò il signore seduto al suo fianco: un uomo di mezza età, con capelli lunghi e brizzolati, una barba ben curata, fisico atletico, polo scura e pantaloni sportivi beige che ci sorrise con un’espressione aperta e gioviale.

Paolo continuò: “Si tratta del Professor Stefano Andreucci, di cui sicuramente molti di voi hanno sentito parlare, per le sue spedizioni speleologiche in tante parti del mondo. Stefano è anche un professore di Geofisica ed è originario di Jesi: dopo tanti anni di insegnamento all’Università di Bologna, ora è tornato nelle Marche, perché ha preso una cattedra a Camerino e mi ha chiesto di entrare nel nostro gruppo”.

Rimasi sorpreso: conoscevo Andreucci di fama, ma non mi sarei aspettato di trovarmelo accanto. Sapevo che alternava la speleologia all’attività accademica, conducendo ricerche sui sistemi carsici e sulle falde acquifere.

Andreucci prese la parola: “Buonasera a tutti, ragazzi, Sono davvero contento di entrare nel vostro gruppo, conosco la vostra ottima attività e non vedo l’ora di partecipare, cominciando con questa spedizione nel Carso, in cui non vado ormai da diversi anni”.

Tutti ricambiammo il saluto e ognuno disse qualche parola di benvenuto e quando toccò a me gli dissi: “Ciao Stefano, è un vero piacere averti con noi. Uno speleologo con la tua esperienza non può che arricchire il nostro gruppo. So che hai fatto parte anche del famoso gruppo La Venta!”

Lui sorrise e rispose: “Grazie, Federico, per l’accoglienza. Per quanto riguarda l’attività con La Venta ne vado molto fiero, anche se purtroppo comincio a diventare troppo vecchio per partecipare alle spedizioni che quei pazzi organizzano”.

Ridemmo tutti alla sua ultima battuta e a me piacque il suo modo di fare, semplice e privo di atteggiamenti.

Poi proseguimmo a discutere dei dettagli organizzativi della trasferta e un paio di settimane dopo partimmo di mattina presto verso Trieste.

La spedizione si svolse in giornate fredde, con l’aria tersa che metteva in risalto i colori vividi del Carso. In quei giorni eplorammo una grotta appena trovata e riuscimmo ad arrivare a meno di venti metri da una grotta conosciuta ed eravamo quasi sicuri di trovare un collegamento che avrebbe creato un complesso molto grande. Eravamo perciò tutti molto contenti ed elettrizzati dai risultati della spedizione e l’ultima sera i triestini avevano organizzato una festa in cui prepararono il Gran Pampel, la bevanda tradizionale dei gruppi speleologici e alpinistici di quelle zone. Ci ritrovammo tutti davanti a un fuoco sopra cui era stata messa una pentola in cui fu versato del vino, pezzi di frutta, cannella, fiori di garofano.

Rimanemmo un paio d’ore davanti al fuoco e poi, mentre la festa proseguiva animata dalle chitarre e dalle risate, io mi allontanai un po’, cercando un angolo tranquillo.

Serie: Famiglie


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Discussioni

  1. Una scrittura che scorre fluida, con descrizioni e dialoghi efficaci che fanno percepire la calda atmosfera intorno al fuoco. Il bisogno di movimentare la propria esistenza stabile, da parte del soggetto che parla, insinua il dubbio o la curiosità di come andrà a finire. Alcuni aspetti e caratteristiche dei luoghi, appena accennati, hanno un effetto stimolante, come spunto per immaginare il non detto che, di bello, puó esserci nelle esplorazioni della montagna.

    1. Grazie per il commento Maria Luisa, in realtà nel capitolo completo c’è una lunga descrizione dell’esplorazione speleo che quì ho tagliato per i limiti dei librick. Però non so, forse era giusto lasciarla, solo che avrebbe occupato almeno due episodi

  2. La tua scrittura è lineare e controllata, con un buon equilibrio tra introspezione e descrizione. L’attività speleologica funziona come metafora narrativa dell’esplorazione interiore, mentre l’introduzione di Andreucci segna con naturalezza un passaggio verso una nuova fase del racconto.

    1. Si, infatti il personaggio del professore diventerà fondamentale nella quarta parte. In questa terza parte entra un altro tema, oltre a quello principale della trasformazione dell’amicizia, e cioè quello delle diverse motivazioni per il lavoro, che possono essere utilitaristiche, come avviene per la maggior parte delle persone, o più ideali e intrinseche, e questo viene rappresentato proprio da Andreucci

    1. Grazie, in realtà il capitolo che avevo scritto era molto più lungo e c’era una descrizione dettagliata dell’esplorazione in grotta.
      Visti però i limiti dei librick l’ho tagliata e ho lasciato solo questo intermezzo