Re padre

“Mio re, i nemici sono alle porte. Abbiamo contato anche numerosi dirigibili carichi di truppe.”
“Va bene.”
“Dobbiamo scortarla in un posto sicuro.”
“No.”
“Ma…”
“La città è stata evacuata?”
“Sissignore.”
“Bene.”
Il re si alzò dal trono nella sala vuota, con lui soltanto la guardia che lo aveva avvisato dell’attacco imminente, dall’esterno si poteva sentire il rimbombare della sirena di evacuazione.
“Dammi la tua arma di riserva, soldato.”
“Sì…”
La guardia, dubbiosa, porse il suo pugnale al re.
“Puoi accompagnarmi alla sala degli oracoli?”
“Certo, da questa parte.”

“Difendiamo le nostre case. Non c’è bisogno che vi riempia la testa di cazzate: i nemici sono molti più di noi, ci soverchiano di cinque ad uno. Chiedo ad ognuno di voi di ricordare che ogni vita che spezzerete sarà per difendere i vostri cari.”, il comandante Jolwe sollevò la spada in aria. “Accogliete gli ahura con un calcio sui denti! Questa è la nostra casa!”
Un grido carico di paura si levò in aria percorrendo l’intera città.

“Siamo pronti.”
“Ricordate: dobbiamo colpire il re prima che avvisi la figlia, mandate i dirigibili.”
“Mio signore…”
“Arrivano!”, fu l’ultima parola pronunciata prima del clangore delle lame.
Le baliste puntarono ai dirigibili, ma non furono sufficienti.
Sulle mura si disposero gli arcieri e scoccarono contro gli assalitori che avanzavano rapidamente e decisi, in pochi minuti furono alle mura, protetti dalla magia contro gli attacchi dei difensori.
“Stregoni!”
Jolwe maledisse la decisione del re di evacuare tutti i maghi, anche quelli appartenenti all’esercito.
“Dobbiamo cavarcela da soli!”
Nel mezzo della città i dirigibili vomitarono le prime truppe nemiche dirette al castello, era impossibile sorvolare l’area sulla fortezza per via di una barriera protettiva. Si combatteva per le strade. Jolwe aveva fatto appostare numerosi posti di blocco.

“È tempo di svelare gli ahura.”
“Sì, mio signore.”
L’ululato fece rabbrividire i combattenti di entrambe le fazioni. Gli ahura non appartenevano a quel piano d’esistenza.
“Nervi saldi!”, gridò Jolwe.

“Mio re?”
“Come ti chiami?”
“Loisjuw, signore.”
“Sai di chi è quel verso?”
“Sono gli ahura, signore.”
“Stanno venendo qui. Dobbiamo sbrigarci.”
La guardia e il re accelerarono il passo. La sala degli oracoli era nella torre più alta del castello dove anche la copertura della magia veniva meno.

“Pronti!”, ordinò Jolwe.
Gli ahura erano fatti di carne dalle sembianze grottesche, usciti direttamente dagli incubi più terribili degli umani.
Alcuni demoni furono colpiti da fendenti precisi e caddero in pozze di sangue nero, altri avanzarono superando anche i posti di blocco con facilità, si muovevano con balzi enormi, più veloci di qualsiasi essere umano, feroci e spietati.

“Ci siamo quasi.”, disse il re alla guardia quando questa, alle sue spalle, percepì una presenza.
Si
voltò, ma non fu abbastanza rapido, un artiglio lo penetrò da parte a parte facendogli sputare sangue. Il re pugnalò l’occhio del nemico, il mostro rotolò giù per le scale, ancora vivo.
Era l’unica creatura giunto fin a là.

Jolwe vedeva i suoi uomini morire sotto i colpi terribili del nemico e degli ahura, alcuni di questi divoravano la carne dei soldati nemici per trarne maggiore forza.
“Ripiegata!”, urlò.
Fu ferito da una freccia e cadde all’indietro.

Il re corse veloce sulle scale, aveva quasi raggiunto la sala, chiudeva le porte alle sue spalle per proteggersi, ma poteva sentire il demone che le distruggeva per arrivare a lui.
Raggiunse la sala dell’oracolo. Con questa poteva comunicare telepaticamente con una persona a sua scelta.
Si
avvicinò all’ampolla che avrebbe permesso il collegamento psichico, l’ahura era proprio dietro di lui.

Jolwe vide il generale nemico che camminava lentamente mentre i suoi uomini sulle mura venivano massacrati senza pietà.
Il generale si avvicinò al comandante con fare altezzoso, gli mise uno stivale sulla ferita sanguinante.
“Avete perso.”, disse quello guardandosi attorno.
Jolwe gli sputò addosso.
“Patetico.”
Lo sgozzò con una spada formatasi dal nulla nel palmo della sua mano.
Negli ultimi rantoli di vita Jolwe lo riconobbe e, negli inferi, arrivò con negli occhi l’immagine dello Ksatriya che lo aveva ucciso.

L’essere deforme tagliò a metà il re, non più veloce del pensiero dell’uomo.

“Figlia mia… il tuo popolo ha bisogno di te. Mi dispiace, ma la mia ora è giunta. I nemici hanno conquistato la nostra capitale, Fortezza della Mano. La popolazione era al sicuro e il nostro esercito ha difeso la città fino alla fine. Ti prego di perdonare la mia assenza. Ti affido un compito di fondamentale importanza.
Siamo prossimi alla fine del mondo, il Kali Yuga è vicino, gli ahura saranno inquieti, il mondo diventerà un posto molto più pericoloso. Nelle tue mani è il futuro del nostro regno: unisci le casate da sempre nostre alleate e conduci un esercito a Fortezza della Mano e liberala dai nemici che l’hanno assediata. Se vogliamo sopravvivere al Kali Yuga dobbiamo concludere al più presto questa guerra, altrimenti gli ahura trarranno nutrimento dall’odio e dal sangue che ci spinge a combattere gli uni contro gli altri.
I nostri nemici sono guidati da Wolel, uno Ksatriya rinnegato, che intende apportare il dominio ahura sul mondo: devi sconfiggerlo per riportare la pace. Siede lui adesso sul trono che un tempo era mio e che spetta a te.
Sei forte, intelligente, saggia e buona come lo era tua madre. Il dolore della sua scomparsa ci allontanò e ci rese sconosciuti, ma ti ho sempre voluta bene. Sei parte di me. Prego gli dei che possano tenermi al tuo fianco durante questo viaggio. Sei la mia luce e la mia gioia.
Sei la speranza dell’intero creato.”

Miraria spalancò gli occhi pregni di lacrime.
“Padre.”

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