Resistere

Serie: L'ultimo volo delle aquile


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: L'Ucraina è stata invasa, sconvolgendo le vite di Andrij, Alina, Camille e Luca.

L’esplosione squarciò il silenzio dell’alba. Oltre il fiume, dalle postazioni russe, partirono altri colpi.

«Al riparo!» urlò un sergente ucraino.

Gli uomini pigiarono i loro corpi contro il terreno e pregarono. Il fischio dei proiettili passò sopra le teste, poi il rombo delle esplosioni e la terra che vibrò come in un terremoto.

«Fottuti russi di merda, forza andiamo!» sbraitò il sergente. La squadra ucraina attraversò il bosco che lambiva il fiume per poi sbucare su un ponte che univa le due rive. La parte occupata dall’invasore e quella difesa strenuamente dagli invasi.

«Non sparate, siamo noi!» urlò il sergente quando i soldati dietro i sacchi di sabbia posizionati lungo il ponte si girarono spaventati.

«Rapporto» sbraitò un tenente troppo giovane ma con gli occhi determinati.

«Il 53° regge, i russi non riescono a sfondare. Hanno provato con le barche, ma la corrente è troppo forte, si sono ribaltati. Questo è l’unico ponte lungo la linea di contatto ancora in piedi, Kiev ha promesso copertura aerea.»

Il tenente lo guardò scettico.

«Con quali aerei?»

Il sergente non potè replicare che il sibilo di nuovi colpi in arrivo li costrinse a buttarsi a terra.

«Puntano questo ponte» osservò il tenente.

In lontananza, tra la nebbia del mattino, sagome di blindati nemici apparivano sempre più nitide, come un incubo che si faceva realtà.

«Merda! Abbiamo esplosivo per minare il ponte?»

«Negativo signore.»

Il tenente guardò quella manciata di uomini. Giovani reclute già diventate veterane.

Si strinse l’elmetto e caricò l’M16.

«E allora difenderemo questo cazzo di ponte fino alla morte, slava UkraÏni!»

«Slava UkraÏni!» urlarono gli uomini infondendosi coraggio.

Un Humvee arrivò da sud. Le portiere si aprirono e scesero militari ucraini e un civile.

«Ma che…» disse il tenente.

«Riposo tenente» disse un colonello notando il saluto del comandante di quel manipolo di eroici difensori.

«La situazione?»

«Questo è l’unico ponte in piedi lungo tutto il fronte, i russi non riescono a passare il fiume per via della corrente.»

«Quindi questo ponte è di vitale importanza sia per noi che per loro, ma noi sappiamo che il nemico farà di tutto per prenderlo intatto, siamo in vantaggio.»

«Signore?»

Altri colpi d’artiglieria si fecero più pressanti, uno di essi colpì la riva del fiume alzando terra, sassolini e acqua.

Il civile, vestito interamente di nero, fu il più rapido a rialzarsi. Tornò all’Humvee e prese una scatoletta metallica. La aprì e comparvero un monitor e una tastiera. Si mise l’auricolare e contattò qualcuno. Decisamente non era un civile.

«Qui Bravo, colonne nemiche nei quadranti A7, A8 e pezzi di grosso calibro in B5»

Ripetè le coordinate e chiuse la valigetta.

«Signore, devo procedere con la missione» disse al colonello.

«Certamente, quanti uomini?»

«Me ne bastano quattro, è un mordi e fuggi.»

«Mi offro volontario» disse il tenente. Non sapeva chi fosse, ma quell’uomo in nero sapeva il fatto suo.

«Molto bene» rispose Bravo. «Prenda altri tre uomini, ci vediamo…» guardò l’orologio «…tra cinque minuti al ponte.»

All’ora convenuta, la squadra era pronta.

L’uomo esaminò gli uomini. Tutti giovani, tutti con gli occhi feroci e arrabbiati. Quattro leoni, quello che gli serviva.

«Ho io il comando di questa missione, eseguirete i miei ordini, senza discutere» annunciò. Gli uomini annuirono.

«E di cosa si tratta?» chiese il tenente.

L’uomo sorrise.

«Catturiamo qualche russo che si è perso.»

Guardò l’orologio e fece partire il conto alla rovescia a partire da dieci minuti.

Sopra le loro teste passarono alcuni droni che seminarono il panico nelle colonne nemiche.

«Ora!»

La squadra attraversò veloce il ponte e si diresse verso la linea nemica mentre i droni bombardavano i blindati russi.

Nubi di fumo nero si levarono da quattro veicoli mentre i sopravvissuti ripiegarono dentro i boschi. In due minuti la squadra raggiunse un veicolo carbonizzato, l’uomo ordinò di aprire la portiera laterale mentre altri due si misero in copertura. Da dentro uscì la puzza di carne bruciata mista a quella dei cavi elettrici.

«Tutti morti.»

Uno dei soldati sputò a terra.

«Prossimo» ordinò Bravo.

La squadra mosse verso il secondo blindato in fiamme. A pochi metri di distanza la portiera si aprì e una visione infernale uscì da dentro. Un uomo, completamente avvolto dalle fiamme, corse fuori urlando dal dolore. Pochi passi e si accasciò a terra, contorcendosi e strisciando.

«Finitelo» ordinò l’uomo.

Gli ucraini sputarono a terra, impassibili mentre guardavano il russo dilaniato dalle fiamme.

«Non spreco una pallottola per questo stronzo» disse uno dei soldati.

L’uomo si avvicinò al soldato.

«Torna alla base o obbedisci ai miei cazzo di ordini, è chiaro?» disse a denti stretti.

Il soldato sputò nuovamente a terra.

«Sissignore.»

Il russo aveva finito di muoversi e di lamentarsi, era diventato un ammasso di carne nera irriconoscibile.

«Muoviamoci» ordinò Bravo.

Si apprestarono a muoversi quando un soldato russo sbucò dall’erba alta dietro il carro.

«Gesù Cristo» disse il tenente puntando il russo. Pallido e infreddolito aveva lo sguardo vuoto e assente. Le maniche troppo larghe scendevano dalle braccia alzate, in segno di resa.

Gli ucraini puntarono le armi contro quel ragazzino spaventato mentre Bravo si avvicinò e legò le braccia del russo.

«Nome e unità, svelto» ordinò mentre lo trascinava a forza verso sud.

La squadra si rimise in marcia verso il campo base.

«Vasilij Sergeevič Rostov, 103° fanteria meccanizzata» disse mentre camminava come un automa.

Il countdown dell’orologio di Bravo arrivò alla fine ed emise un allarme.

«Tutti giù a terra, presto, al riparo!» Urlò.

Da nord arrivò il suono di tre cacciabombardieri russi Mig-29. Deviarono ad est e risalirono il fiume sganciando il loro carico di morte.

Passata la prima ondata, la squadra si rimise in piedi e coprì la poca distanza che li separava dal ponte, ancora integro. Bravo saltò oltre le postazioni in fiamme e i feriti e prese un lanciatore terra-aria Stinger. I tre aerei virarono e si rimisero in formazione, puntando il ponte. Bravo si posizionò esattamente al centro del ponte. I tre aerei si aprirono a ventaglio. Bravo sparò. Il missile partì con una grande fumata e un sibilo e si levò in volo, centrando in pieno l’aereo nel mezzo della formazione. La carcassa del Mig passò oltre il ponte e cadde lontano, in una enorme bolla di fuoco.

Gli ucraini festeggiarono, ma gli altri due Mig non diedero segno di volersi ritirare. Erano nuovamente in posizione, pronti al bombardamento.

Un aereo, quasi fantasma, arrivò dietro i russi e li abbattè entrambi per poi sparire sopra le nuvole.

«Che diavolo è stato» urlò il tenente.

Un Mig-29 con i colori ucraini sbucò dalle nuvole e sorvolò il ponte.

I soldati urlarono di gioia e si sbracciarono per ringraziare il pilota che li aveva salvati.

Il Mig-29 battè le ali in segno di saluto prima di dirigersi verso est, ad affrontare in altri duelli impari le forze nemiche soverchianti.

Bravo si avvicinò al tenente.

«Uno Stinger per un prigioniero, che dici?» disse porgendogli il lanciatore.

L’ucraino prese l’arma e con un cenno del capo ordinò agli uomini di portare il russo catturato.

Il colonello si avvicinò rapido.

«Gli ordini sono cambiati, lasci stare il prigioniero» disse all’uomo.

«Deve tornare a Kiev, ordini della massima urgenza.»

«Che genere di ordini?»

«Sicurezza del Presidente Zelensky.»

L’uomo annuì.

«Bene tenente, faremo per la prossima volta, mi deve un prigioniero!» disse allontanandosi.

Il tenente lo fermò.

«Ma chi è lei?»

L’uomo lo guardò con un mezzo sorriso.

«Un amico» disse alzando le spalle. «Dovrà accontentarsi di questo, ma voglio dirle una cosa» e si avvicinò per appoggiargli la mano sulla spalla.

«Non siete soli in questa guerra.»     

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Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. La scena del soldato russo mi ha fatto pensare a quanti ragazzi sono stati gettati all’inferno senza averne consapevolezza, giovani reclute che alla guerra preferiscono di sicuro l’amore. Non ci sono mai vinti e vincitori in questi frangenti, solo vittime.